Mass Effect 3 – Recensione Mass Effect 3
La fine arriva per tutti. Anche la Terra finirà, uno di questi giorni, e dopo di lei il sole, la galassia, l’universo, e Mass Effect. In effetti, anche se il titolo Bioware rimane su scale di misura nettamente inferiori, le affinità ci sono. La Terra viene distrutta anche nelle avventure di Shepard, e anche queste rappresentano la fine. La fine di una saga (almeno, sino a nuovi annunci), che sino ad ora ha fatto la felicità dei fan e degli appassionati. Era il lontano 2007, e l’universo vibrante di Mass Effect, fatto di razze aliene, minacce cosmiche e dialoghi profondi, era riuscito a fare breccia nel cuore dei videogiocatori, vincendo una scommessa che ben pochi avrebbero tentato. Ed ora, dopo un bellissimo secondo episodio, siamo giunti alla fine, che non poteva che essere epica e di enorme portata: addirittura galattica.
Terzo ed ultimo episodio, quindi, nonché la fine di un evoluzione che ha portato Mass Effect da GDR a ibrido con pesanti elementi sparatutto, sino ad arrivare, ora, ad essere più un TPS molto ricco che altro. Sì, perché tutte le paure erano fondate: Bioware, probabilmente per necessità di mercato (leggasi sotto spinta di EA), ha dovuto trasformare il suo pupillo sci-fi in qualcosa di adatto a tutti i palati. Il risultato è in grado di accontentare tutti, ma al prezzo di un ulteriore impoverimento della componente ruolistica.
La battaglia per salvare la galassia ha inizio.
Ricordate la fine di Mass Effect 2? Bene. Se invece siete tra i pochi che ancora non si sono goduti il secondo capitolo della saga, passate pure al paragrafo seguente per non rovinarvi qualche sorpresa. Si diceva: dopo la missione suicida per distruggere i collettori, Shepard si ritrova sulla Terra dopo essere stato privato della Normandy e aver lasciato Cerberus (qualsiasi decisione abbiate scelto verso fine missione parlando con l’uomo misterioso). I Razziatori stanno per tornare, e Shepard continua a mettere in guardia la galassia sul loro imminente avvento, ovviamente non creduto. Sfortunatamente, i giganteschi calamaroni galattici arrivano davvero, e per la Terra è questione di poche ore prima di ritrovarsi in macerie.
Fuggito da una Vancouver (finalmente sappiamo il nome della misteriosa città umana del prologo) ridotta ad un cumulo fumante di detriti, il nostro si ritroverà nuovamente a bordo della sua inseparabile Normandy, per l’ultima e più disperata missione: radunare l’intera galassia contro l’orda spietata dei Razziatori. Una bella sfida, in una galassia divisa da faide secolari e antipatie reciproche. Ma anche un respiro di sollievo per tutti quelli che temevano che tutto si sarebbe svolto interamente sulla Terra. In effetti una paura futile, dato che il naturale sfondo della saga è sempre stata la galassia intera, qui nuovamente disponibile ed esplorabile.
Una missione anche diplomatica, quindi, e non solo fisica e muscolare, che in teoria dovrebbe, più che in passato, invitare al dialogo. Peccato che proprio in questo terzo episodio la possibilità di scelta, durante i dialoghi, sia stata notevolmente impoverita. È illuminante notare l’evoluzione (involuzione?) della saga in questo senso. Nel primo Mass Effect non c’era nessuna battuta di Shepard che non fosse sotto il comando del giocatore, mentre nel secondo il nostro alter ego iniziava a dialogare di testa sua in fin troppe occasioni. In Mass Effect 3 la cosa è stata ulteriormente accentuata, e capiterà spessissimo di diventare semplici spettatori di dialoghi e di scelte (anche importanti) che, fino al secondo episodio, sarebbero state nostra competenza. Fortunatamente, questa pecca non rovina un’esperienza davvero profonda, dove, ancora una volta, è la trama a regnare incontrastata. Una trama bella ed epica, che vale la pena vivere sino in fondo.
Ed ecco come ti divento un (quasi) TPS
È inutile negarlo girandoci attorno: gli elementi ruolistici sono stati ancora una volta impoveriti, mentre quelli prettamente shooteristici hanno visto un’impennata sospetta. Sarebbe fuori luogo discutere sul perché, mentre è sicuramente obbligatorio vedere come ciò si ripercuote sul gioco vero e proprio. In linea di massima, tutto è rimasto invariato rispetto a Mass Effect 2. Shepard può portare con sé sino ad un massimo di due compagni di squadra, utilizzare le coperture con il solito sistema dinamico alla Gears of War (sempre leggermente macchinoso), equipaggiare diverse armi, scegliere tra le sei classi disponibili (oppure importare il personaggio direttamente dai salvataggi di ME2) e bloccare il gioco per cambiare armi o utilizzare i poteri. Ciò che è stato aggiunto appartiene al normale corredo di qualsiasi TPS che si rispetti, ossia granate e torrette fisse. Le prime funzionano nella classica maniera già vista in mille giochi, pur essendo veri e propri poteri da potenziare, mentre le seconde accompagnano alcuni momenti prestabiliti, come da tradizione del genere TPS.
Per quanto riguarda la componente ruolistica, nessuna aggiunta. Anche il menu di avanzamento del livello è rimasto invariato, a parte la possibilità, a partire dal 4° grado, di scegliere come potenziare ogni singolo potere. Ciò però non influisce poi così tanto sul gioco, tanto che la vera chiave di vittoria rimarrà la nostra abilità con il pad, e questo nonostante si scelga come stile di gioco iniziale GDR. Le altre due possibilità, Sparatutto e Storia, evirano il gioco della pur minima controparte GDR e della scelta nei dialoghi oppure lo trasformano in una specie di film interattivo. Se siete giocatori che vogliono davvero godere di Mass Effect 3, evitate come la peste queste due modalità e fiondatevi su quella GDR.
Ovviamente ritorna l’esplorazione della galassia, riprendendo di peso la riuscitissima mappa galattica di ME2. La mappa è indispensabile per gettarsi a capofitto in nuove missioni, o per scovare nuove risorse di guerra. Il vecchio e noioso scandaglio dei pianeti è stato sostituito da uno snello e veloce sonar, che permette di trovare risorse in maniera rapida senza perdere ore nel lanciare sonde su sonde. La cosa è stata ulteriormente ravvivata grazie alla minaccia dei Razziatori. Molti sistemi sono in mano ai calamaroni cosmici, e utilizzare il sonar potrebbe sguinzagliarceli contro, con relativo gameover se dovessero prenderci. Ovviamente, alla mappa galattica sono collegate le molteplici quest secondarie, davvero numerose, forse più del secondo episodio, e di grande varietà. In effetti, la varietà è sicuramente uno dei punti di forza del gameplay, specialmente se si considera la longevità media di 30/35 ore.
Insieme alla mappa galattica ritornano gran parte dei capisaldi del titolo, come i dialoghi all’interno della Normandy, le corpose missioni principali e il codex, sempre più ricco di nuove voci. Totalmente nuovo è, invece, il menu delle risorse di guerra. Shepard deve riunire la galassia contro la comune minaccia, e a questo proposito è utile sapere quante e quali truppe e risorse potremo schierare contro i Razziatori nella battaglia finale (anche nel secondo capitolo, in fondo, tutto il gioco era in funzione della missione finale). Molti dei personaggi della saga (Miranda, Grunt, Kasumi, Wrex, ecc.) contano come risorse di guerra, mentre sarà possibile arruolare come personaggi del party solo pochi personaggi: Ashley oppure Kaidan, Liara, Tali e due new entry, tra cui James Vega, già presentato in varie immagini. In effetti, la gestione del party e l’approccio con i membri è vistosamente peggiorato rispetto al secondo episodio, mentre non ha subito alcuna variazione il sistema di moralità.
Conclude il discorso gameplay una delle aggiunte più discusse e polemizzate, ossia il multiplayer. Che non se ne sentisse la mancanza è cosa certa, ma è da prendere atto che i ragazzi di Bioware hanno saputo svolgere un ottimo lavoro. Il multiplayer è bello, sicuramente non eccezionale, ma onesto. Si tratta di un co-op sino a quattro giocatori, con l’intento di resistere ad ondate sempre più pressanti di avversari. Simpatica l’idea di poter importare il proprio personaggio multiplayer nella partita in singolo, alla stregua di una risorsa di guerra.
Paesaggi alieni… con qualche bug
La stupenda galassia di Mass Effect riprende vita in un tripudio di razze e colori, scorci poetici e affollati porti spaziali. Il motore grafico è quello del capitolo precedente, leggermente migliorato per quanto riguarda la resa visiva (che per la prima volta presenta anche ambienti bui illuminati da torce), ma rimasto invariato in quanto ad animazioni, pulizia e potenza visiva. Peccato per alcuni fastidiosi bug grafici, insistenti specialmente durante i filmati. In alcuni frangenti non si riesce a capire cosa succede, con modelli poligonali che scompaiono o riappaiono all’improvviso, compenetrazioni ed altre imperfezioni. Durante le fasi di gioco questo non succede, e anche durante i filmati ciò non impedisce il fluire del titolo, ma sono piccolezze importanti, specialmente in un titolo che fa della narrazione uno dei suoi pilastri portanti.
Eccezionale, come sempre, il comparto sonoro. La nuova colonna sonora, composta in parte anche da Clint Mansell, ottimo compositore conosciuto principalmente per la strepitosa soundtrack di A Requim for a Dream, è forse ancor più bella che in passato. Ci sono pezzi già famosi prima dell’uscita del titolo, come la bella Leaving Earth, altri epici, commoventi o elettronici. Insomma, davvero un lavoro eccezionale ed una vera gioia per le orecchie. Per quanto riguarda il doppiaggio, ritornano gli stessi doppiatori italiani dei due titoli precedenti, con una performance senza infamia né lode, tutto sommato godibile. Ovviamente, il doppiaggio originale è avanti anni luce.
Riprovevoli, invece, alcuni bug pesantissimi, come l’impossibilità di cominciare o terminare la missione dell’accademia Grissom. Un bug scandaloso, a cui Bioware sta già cercando di rimediare con una patch, che durante la scrittura di questa recensione non è ancora uscita. Errori del genere sono sempre più una realtà nelle produzioni moderne, basti pensare ai titoli Bethesda (Skyrim è pieno di bug in ogni dove), ma è la prima volta che in un Mass Effect un’intera missione risulta ingiocabile. Considerando anche i bug grafici, sorge il dubbio che ci si sia scordati cosa sia il beta-testing.
In conclusione
Così come tutto finisce, anche la saga di Mass Effect è giunta al capolinea. Il terzo capitolo rappresenta l’ideale ed epica conclusione di un’epopea fantastica, iniziata ormai cinque anni fa e terminata oggi, con la morte delle console HD sempre più vicina. L’ultima avventura di Shepard è epica e malinconica allo stesso tempo, narrativamente appassionante e divertente. Certo, alcune cose fanno storcere il naso, come l’ulteriore impoverimento della componente GDR, alcuni bug fastidiosi e un peggioramento dei dialoghi, ma tutto sommato rimaniamo su standard altissimi. La produzione è ovviamente splendida, degna di un colossal Hollywoodiano, e non poteva che essere altrimenti. Mass Effect 3 è pregno di epicità, tematiche anche complesse, momenti riflessivi e fantascienza di buona qualità. Rimane probabilmente il meno bello della trilogia, che per molti è andata leggermente scemando a partire dal primo ME e per altri ha invece raggiunto il culmine con il secondo episodio, ma è in ogni modo appassionante e imprescindibile per chiunque abbia anche solo apprezzato i prequel. Consigliato a tutti, ma a patto di aver prima spulciato i precedenti Mass Effect.