Maid of Sker – Recensione
“Potrai pensare che abbia perso il senno, ma le cattive notizie non finiscono qui. Vuole che canti per lui come già fece lei, che la mia fama attiri poveri innocenti verso queste terre maledette. Ti supplico, componi una canzone per me”. Proprio come in Willy Morgan and the Curse of Bone Town, il motore della storia di Maid of Sker è una lettera spedita al protagonista da una persona a lui cara e che lo spinge a viaggiare in un luogo intriso di mistero.
In questo caso, però, si abbandona quel contesto comico e fiabesco in cui Willy vive la sua personale avventura per passarne in un altro, di tipo horror e drammatico. Anche la location che il giocatore esplora rispecchia questi due fattori in quanto il gioco sviluppato e pubblicato da Wales Interactive è ambientato interamente nell’albergo Sker, fatiscente e segnato dal tempo.
Il protagonista interpreta Thomas Evas, che, spinto dalla lettera di cui si è parlato all’inizio si dirige allo Sker Hotel per salvare la sua amata Elisabeth Williams, rinchiusa nell’edificio e protetta attraverso la violenza della sua intera famiglia. Tutte le persone presenti sono state soggiogate da un canto prodotto dalla creatura rinchiusa sotto l’albergo, che inizialmente è stata sfruttata per far arricchire la famiglia attraverso la vita di persone innocenti, e che vogliono sostituire con la voce di Elisabeth. L’obbiettivo è quello di comporre una canzone che spezzi tale maledizione, nata dall’avarizia e dalla sanguinaria ambizione degli Williams.
Il gioco prende il nome da The Maid of Sker, un romanzo di R.D. Blackmore che a sua volta si basa parzialmente sull’omonima ballata gallese. Vengono anche inseriti diversi elementi delle storie appartenenti al folclore britannico, tra le quali è sicuramente esplicito il riferimento alla leggenda della realmente esistente Sker House. Si dice che in tale edificio risieda il fantasma di Elizabeth Williams, imprigionata dal padre per impedirle di scappare con il suo amante. Non a caso il gioco è ambientato nella seconda metà del 1800, stesso periodo di tali racconti.
Il gameplay, in prima persona, da un punto di vista di interazione ambientale è riassumibile come quello di un punta e clicca composto da semplicissimi puzzle e dalla raccolta di oggetti, quali una bevanda curativa e bamboline collezionabili che incentivano l’esplorazione.
Per quanto riguarda la parte d’azione, inizialmente l’utente potrebbe pensare che i movimenti del personaggio siano stranamente troppo lenti, anche durante la corsa. In realtà non è affatto così, perché quel poco dinamismo da parte del personaggio è dovuto al fatto che da un certo punto in poi per tutto il gioco si procederà sempre con estrema cautela. I nemici infatti sono ciechi ma molto sensibili ai suoni, e occuperanno corridoi e stanze in attesa di un rumore prodotto da Thomas. Sbattere contro un mobile, correre, tossire a causa di fumi e polvere segnaleranno, infatti, la nostra posizione. Non manca un arnese chiamato “modulatore fonico”, che potrà essere utilizzato come un’arma capace di stordire i nemici per un bel po’ di tempo. Un altro motivo per questa scelta di progettazione è il fatto che si vuole far provare una continua tensione, e non un’alternanza tra sicurezza e paura come proposte dal vecchio Amnesia: The Dark Descent.
Tra i vari componenti della famiglia spicca su gli altri lo zio, che – oltre a essere grande, grosso, cattivo e avere un passo molto pesante – prenderà di mira Thomas letteralmente come un toro davanti al mantello rosso. Se ci pensate, è abbastanza simile a quel simpaticone di Tyrant di Resident Evil 2 Remake. Questa non è la sola somiglianza con la saga di Resident Evil, perché la mappa viene creata in modo procedurale e mostra i punti di interesse, ci sono delle stanze sicure con i punti di salvataggio costituiti da grammofoni e una musica che inspira tranquillità, infine è presente una scena analoga al salvataggio del lupo intrappolato nella trappola per orsi di Resident Evil 4.
Il tema della musica in Maid of Sker ha un significato duplice, che rispecchia i due possibili finali selezionabili dal giocatore. In uno si è in un luogo colmo di luce accompagnati da una canzone soave che libera l’animo e stordisce il male, nell’altro si è nello stesso luogo padroneggiato dall’oscurità assieme a un canto negativamente ammaliante e pari a quello di una sirena che vuole ingannare i navigatori.
Non considerando la pesantezza del gioco, dovuta probabilmente a un’ottimizzazione delle risorse non gestita molto bene, il comparto grafico di Maid of Sker è ben realizzato. Bisogna dire che ogni ambiente è pieno di elementi che danno effettivamente corpo allo spazio in cui ci si muove. Le ombre alcune volte creano un piccolo spettacolo visivo, e gli elementi scenografici sono parecchio curati nei dettagli.
Molto spesso giocando a Maid of Sker sembra di guardare un film della breve durata di Robert Eggers. In questo particolare caso è più precisamente “The Lighthouse”, non per la scelta della fotografia e del colore, ma perché il mito, le leggende, l’orrore e infine la volontà di scoprire la verità si fondono nel videogioco in modo perfettamente coerente. Il gameplay abbastanza semplice è comunque positivamente alterato da una serie di fattori che lo rendono decisamente meno monotono di quanto possa sembrare.
Pro
- Ottimo equilibrio tra carattere horror e gameplay
- Scelta perfetta della cantante che interpreta Elisabeth
- Soudtrack notevole
- Gameplay realizzato in modo da essere poco monotono...
Contro
- ... ma comunque molto semplice
- Scarsa longevità
- Non ben ottimizzato