Mafia 3 – Recensione
La vita non è mai come te la aspetti, così come spesso i videogiochi possono rivelarsi delle esperienze tanto esaltanti quanto deludenti.
Questo effetto si amplifica quando si mettono le mani su un gioco atteso e con dei precedenti di spessore come Mafia 3. Intendiamoci, la produzione di Hangar 13 offre un impianto di gioco notevole, una trama classica ma narrata in modo convincente, finendo però con il perdersi nei meandri del gameplay con una meccanica ripetitiva e difficilmente digeribile, come vi spiegherò in questa recensione.
Sangue chiama sangue…
Mafia 3 ci fa vestire i panni di Lincoln Clay, un ragazzo orfano cresciuto nel French Ward di New Bordeaux. La sua vita è stata difficile sin da subito, non solo a causa della perdita dei suoi genitori ma anche per il suo essere afroamericano in un periodo, gli anni ’50, dove l’odio razziale imperversava negli Stati Uniti. Nella seconda metà degli anni ’60 si arruola nell’esercito combattendo in Vietnam e tornando con onore in patria, trovandosi però a risolvere i guai del padre adottivo, Sammy, in conflitto con la mafia Haitiana.
La narrazione è sempre stata una caratteristica preponderante della serie e Mafia 3 non solo tiene fede alla tradizione offrendo una trama ben scritta, ma la migliora offrendo un taglio documentaristico non inedito nel videogioco ma molto poco sfruttato. Mescolando interviste ad alcuni dei personaggi secondari a filmati dell’epoca sia virtuali che reali, il giocatore è così immerso completamente nel flusso degli eventi, comprendendo in modo più profondo la psicologia dei vari protagonisti e calandoci in modo più che adeguato al complesso periodo storico che fa da sfondo alle vicende di Lincoln, probabilmente la cosa più riuscita di tutto il gioco.
New Bordeaux si ispira alla città di New Orleans in Louisiana, una delle città con la maggior concentrazione di persone di colore e con un ruolo di protagonista duranti gli anni delle battaglie per i diritti civili dei neri. Le azioni di Lincoln si svolgono dunque in un momento cruciale della storia americana, realizzato attraverso una ricostruzione accurata e coerente del periodo storico, con un linguaggio altamente denigratorio nei confronti dei neri, passanti spaventati dal nostro arrivo, negozi apertamente segregazionisti che minacceranno di chiamare la polizia se non ce ne andremo.
Anche le forze dell’ordine tenderanno ad avere un certo tipo di comportamento in base a dove saremo, mostrandosi molto più aggressiva in zone a prevalenza bianca rispetto a quanto farebbero nelle zone più povere e dunque dei neri. Il contesto storico influenza attivamente l’ambiente e tutte le sue componenti correlate, mettendo quindi nelle nostre mani una sorta di simulazione complessa e affascinante di quegli anni, concettualmente solida tanto da rendere Mafia 3 un titolo unico nel suo genere.
Tutto quello che Mafia 3 fa di bello però, finisce con l’infrangersi con un titolo che tecnicamente è un tripudio della mancanza di ottimizzazione. Tralasciando i bug tipici di un open world che comunque tolleriamo perché non esiste un gioco perfetto sotto questo punto di vista, il motore grafico mostra dei grossi difetti sotto qualunque aspetto: si passa da uno squilibrio della qualità delle textures a un pop-up imbarazzante che coinvolge tutto ciò che si trova all’orizzonte e addirittura, la segnaletica stradale sull’asfalto.
Il framerate non riesce mai a stabilizzarsi ai 30 fps, soprattutto nelle fasi di guida dove pare avvengano la maggior parte dei problemi, finendo anche per freezare o crashare senza un motivo apparente: il tutto finisce per svilire un lavoro che comunque ha dalla sua anche delle cose positive.
Abbiamo infatti modelli dei personaggi realizzati ottimamente, siano essi giocanti o meno, un sistema di guida che può essere basilare oppure simulativo a seconda delle nostre scelte, un gunplay molto realistico e sparatorie convincenti, soprattutto perché l’IA in questo frangente lavora bene, cambiando spesso coperture e mettendo un po’ di proverbiale pepe negli scontri a fuoco. Il giudizio positivo si capovolge invece nelle fasi stealth, dove i nemici risultano delle mere pedine da buttare giù con eccessiva semplicità anche a difficoltà alte, rendendo questa pratica quasi noiosa dopo alcune ore, preferendo uno scontro diretto sì più rumoroso e pericoloso, ma anche più divertente.
Un cane che si mangia la coda
Ciò che però ha sollevato perplessità prima e disappunto dopo, però, è il gameplay e la struttura generale del gioco che, una volta passata la svolta narrativa iniziale, fa partire una sequenza di missioni in tutto e per tutto identiche tra loro, portando presto o tardi alla noia più totale anche a chi come me, mastica pane e sandbox senza problemi.
Tutto inizia con l’evento scatenante che porterà Lincoln a volersi impossessare di New Bordeaux: da qui in poi la mappa del gioco sarà un brulicare di missioni volte a indebolire i racket della città come prostituzione, eroina, alcool e altri business leggermente illegali. Ogni racket è gestito da un boss, il quale però rimarrà nascosto fintanto che le cose andranno bene: il nostro compito è dunque creare scompiglio, distruggendo i negozi che vendono liquore delle mafie, oppure introdursi in un bordello e liberando le prostitute al loro interno. Una volta fatti abbastanza danni, il boss si paleserà per sistemare i danni che avete fatto, offrendovi dunque l’occasione perfetta per ucciderlo oppure risparmiargli la vita, mettendolo sotto il vostro libro paga.
Queste operazioni permetteranno quindi di ottenere fondi per portare avanti il vostro lavoro, accedendo nel frattempo ai così detti favori che si traducono in armamenti migliori, auto e anche la possibilità di corrompere la polizia mentre siete ricercati.
Tutto molto bello e interessante, se non fosse che questo è tutto quel che faremo in Mafia 3 dall’inizio alla fine del gioco: nonostante la presenza di qualche missione secondaria e la gestione dei territori non faremo altro, portando il giocatore all’interno di un loop la cui fine è legata a doppio filo al quantitativo di noia accumulata giocando. Una vera delusione che lascia sgomenti, se si pensa alla varietà di missioni che da sempre ha contraddistinto la serie e di come un mondo di gioco così bello e complesso non sia stato sfruttato a dovere.
I pochi elementi che spezzano parzialmente il ritmo di gioco sono i componenti elettronici, oggetti lasciati un po’ ovunque nella città e che permettono, utilizzati sulle centraline telefoniche, di ottenere una visione più dettagliata della mappa, in modo molto simile a quello che rappresenta la sincronizzazione in Assassin’s Creed; ci sono poi i collezionabili, anch’essi sparsi e che caratterizzano ulteriormente il contesto storico del gioco: tra copertine dei dischi della colonna sonora non originale, passando per le illustrazioni erotiche di Alberto Vargas fino ad arrivare a riviste di motori dell’epoca e i numeri di Playboy che, oltre a offrire donzelle di indubbia bellezza, contengono al loro interno anche interviste realmente pubblicate (personalmente vi consiglio quella a Stanley Kubrick, ndr), elevando ancora di più il livello di qualità e ricercatezza per quanto concerne la storicità del gioco.
Infine, parliamo della colonna sonora, con la quale Hangar 13 riesce a scalzare anche Rockstar con una scelta di brani assolutamente pazzesca e che comincia a spettinarci con All Along The Watchtower di Jimi Hendrix già nella schermata del titolo, passando per i grandi successi di Rolling Stones, Janis Joplin, Otis Redding, offrendo una panoramica totale della musica di quegli anni con appena tre stazioni radio presenti. Le radio inoltre, forniranno notizie sia relative a quel che succederà in città ma anche notizie reali dell’epoca, ad esempio parlando del Maggio Francese e la rivolta studentesca del ’68, contribuendo a rendere il gioco realistico a livelli davvero mai visti.
La colonna sonora non originale invece, si fregia del classico stile Mafia, regalando brani dalle tinte noir perfetti e senza sbavature che restano fedeli ai grandi temi della serie.
In conclusione
Mafia 3 resta comunque una grossa delusione per quanto riguarda un gameplay spremuto a più non posso e un comparto tecnico imbarazzante, elementi che vanno tenuti in grande considerazione quando si parla di un videogioco. Un’occasione tanto grande quanto parzialmente fallita di portare la serie all’evoluzione necessaria per competere degnamente nel mercato attuale.
Nonostante ciò, la sola possibilità di immergersi in un contesto storico così accurato e interessante rende comunque il gioco meritevole di essere almeno provato.
Pro
- Simulazione storica perfetta
- Giocabilità molto buona
- Colonna sonora pazzesca
Contro
- Comparto tecnico imbarazzante
- Gameplay troppo ridondante
- IA scadente nelle fasi stealth