Lost Planet: Extreme Condition – Recensione Lost Planet: Extreme Condition
Lost Planet: Extreme Condition
Capcom ha sempre avuto dalla sua una produzione che, per genere, è stata sempre una delle più varie. Ed è così che Keiji Inafune ha deciso di dar vita a questo gioco “polare”.
Intanto, nel corso di due anni, Lost Planet: Extreme Condition è riuscito ad approdare nei territori più avanzati a livello videoludico, nei formati XBox 360, PlayStation 3 e PC.
Per le vostre prossime vacanze, che ne dite?
Una trama disarmonica
Il titolo del gioco è un valido riassunto di ciò che vi troverete davanti. Riassumendovi l’inizio di una corposa trama; gli umani, abitanti della Terra, si sono ritrovati costretti a dirigersi verso altri pianeti abitabili per la colonizzazione. Fra i pianeti scelti vi è anche E.D.N. III, un pianeta la cui caratteristica principale è l’inospitalità data dalle sue condizioni climatiche. Tuttavia, quando verrà rinvenuta la presenza di forme di vita aliene, la situazione comincerà a collassare e gli alieni, rinominati Akrid, diverranno solo uno dei tanti problemi del pianeta. Le fazioni createsi sono infatti i principali fattori caotici del pianeta; si avrà quindi da una parte la NEVEC, che ha come obbiettivo finale la colonizzazione ideale da parte dell’uomo, e dall’altra i Pirati delle nevi, con l’unico obbiettivo di fermare i progetti della NEVEC. Il tutto si complicherà quando verrà scoperta una forma energetica termica presente negli Akrid, e da questa scoperta cominceranno a formarsi ideali sempre più contraddittori fra le due fazioni e nuove forme tecnologiche, col finire che tutto ciò che circonda l’interesse per questa forma di energia finisce con l’adattarsi al pianeta.
L’avventura del protagonista che ci troveremo ad impersonare parte però 150 anni dopo questi avvenimenti. Wayne Holden, liberato da una prematura ibernazione fra i ghiacciai da tre Pirati delle nevi, si troverà infatti con la mole di un passato obnubilato che gli ripropone degli squarci d’esso e che gli riporta alla mente la morte del padre da parte dell’Akrid soprannominato “Occhio Verde”.
E fra combutte fra fazioni e vendetta personale, le nostre avventure fra i ghiacci nei panni di Wayne iniziano. Nonostante ciò, non si può non menzionare quel calo stilistico che la trama riporta nel corso dell’avventura, dove per quanto la sostanza ci sia, questa viene sempre sfruttata in malo modo.
Vital Suits: vitali contro gli enormi Boss. Ma non in questo caso…
È un mondo molto freddo
Alla base di Lost Planet ci sono numerose idee che sono state applicate sia sulla scenografia, sia nel gameplay. Quest’ultimo, in sé, non è nulla di mal riuscito ma riporta le idee degli sviluppatori in modo abbastanza “confuso” nella maggioranza dei casi.
Una delle idee d’altra parte più riuscite risiede nella “Termic Energy” (T-Eng), una pseudo barra vitale che costruisce attorno al gioco un conto alla rovescia continuo. L’energia dello stesso Wayne calerà infatti costantemente per la bassa temperatura del pianeta: se la barra T-Eng si esaurirà, finirà col diminuire anche la vera e propria barra vitale di Wayne. Tutto ciò però può essere evitato reintegrando energia termica, ottenibile per lo più dalle stazioni dati, dai nemici sconfitti e da alcuni particolari contenitori.
Ciò che rende il tutto più interessante è l’utilizzo “secondario” che riveste l’energia termica; quest’ultima non rimane solo una necessità o un parametro da tener d’occhio, ma può anche rivelarsi utile per curare la propria energia vitale con un giusto dispendio di essa. Se da una parte l’idea è riuscita e ha creato un ritmo di gioco ben serrato, dall’altra è resa in modo imperfetto, e le imperfezioni salgono come nodi al pettine quando vi troverete in ambienti chiusi e riscaldati e la barra T-Eng non ne terrà conto.
Il “sistema vitale”, come detto prima, crea un certo ritmo frenetico dell’azione di gioco, e il tutto è mosso da un gameplay che a pari di comandi rimane nei canoni del genere degli sparatutto in terza persona. Ciò che rende però il gameplay di Lost Planet vario e divertente non è solo l’azione frenetica ma anche le peculiarità stesse che si sono volute introdurre. Fra i comandi, alcune scelte poco utilizzate, come un tasto adibito al salto e l’inserimento di un rampino. Ciò che però caratterizza il gameplay è il sistema di mira, dove il mirino è stato reso mobile; e vista la scelta poco usuale e la sua riuscita insoddisfacente, sarà comunque possibile impostare il classico mirino posto al centro dello schermo.
Ad assicurare la citata varietà non vi è solo un vasto arsenale, ma anche l’utilizzo della “neonata” tecnologia Vital Suits: vere e proprie macchine le protagoniste di questa tecnologia, in grado di trasformarsi e di essere equipaggiate secondo il proprio volere, e sempre di grandissima utilità.
Multiplayer on ice
Nonostante si possa avvertire la lieve mancanza di una modalità cooperativa, il multiplayer online è comunque lì pronto per consolare la sopraindicata mancanza.
Le modalità presenti si ispirano ai tratti classici di quelle modalità multiplayer che vengono messe e aggettivate come standard nella maggior parte dei giochi appartenenti a questo genere.
I Deathmach a squadre e in singolo sono i primi a saltare all’occhio e per quanto “scontati” sono sempre graditi. Oltre a questi, si aggiunge una modalità dedita alla conquista di un articolo d’interesse comune, come le Stazione Dati. Per concludere, l’ultima modalità multiplayer presente nel gioco è denominata Fuggitivo e, come suggerisce il titolo, riduce il gameplay ad una frenetica fuga che dovrete mettere in atto dati i numerosi giocatori che saranno interessati ad eliminarvi.
Le modalità dedite al Multiplayer sono tutte comunque ben riuscite
Comparto tecnico
Le gelide atmosfere riproposte sfoggiano una rappresentazione grafica di tutto rispetto. Ghiacciai e neve non sono elementi semplicissimi da riproporre, e qui il tentativo di presentarli con un aspetto credibile c’è di certo. Certe bufere di neve sfiorano un livello realistico decisamente estraneo rispetto ad altri giochi.
I modelli poligonali e gli elementi che li compongono sono anch’essi di tutto rispetto; tuttavia, ogni tanto si potranno notare alcune gravose imperfezioni ma più generalmente le ritroverete circoscritte ad alcuni livelli.
Il comparto sonoro è stato calibrato alla perfezione per quanto concerne gli effetti sonori; per quanto riguarda invece la colonna sonora che accompagna le avventure di Wayne non è altro che una lode all’intera opera che è stata fatta in onore di codesto gioco.
La longevità, infine, è la lacuna più gravosa della modalità a singolo giocatore, dove un qualsiasi giocatore non impiegherà più di 10 ore per finire il titolo. A tale lacuna vanno in soccorso le varie modalità multiplayer, che tuttavia non riusciranno a garantire una buona longevità.
Se piace freddo…
Un gioco dal grande potenziale e che ha inserito negli standard del genere delle ottime idee, ma che purtroppo sono state mal implementate nel contesto. Se Lost Planet: Extreme Condition riesce a convincere il giocatore, ben per lui, perché non si possono non menzionare le gravose pecche del titolo che deturpano il valore complessivo di quest’opera.
Il gioco presenta un gameplay a tratti atipico come tanti altri aspetti del gioco, e su questa atipicità si sarebbe dovuto puntare molto. Tuttavia, la comodità viene prima di tutte e qui viene mal riprodotta. Senza però aggiunger enfasi sulle pecche che affliggono il titolo, mi riduco col chiarire che il gioco rimane comunque fra quelli al di sopra della mediocrità, e saprà regalare in ogni caso delle ore di gioco che meritano l’interesse di quei giocatori che si sono fatti attrarre dal fascino indiscutibile di Lost Planet: Extreme Condition.