Lost Odyssey – Recensione Lost Odyssey
Adorato ed odiato già molti mesi prima della sua uscita; oggetto di critiche inconsistenti e di apprezzamenti raramente obiettivi; caso emblematico di discussione tra "fazioni" contrapposte; simbolo stesso, per le sue ascendenze, della guerra delle console di ultima generazione; catalizzatore di aspettative pesantissime. Date le premesse, era difficile che questo gioco non facesse parlare molto di sè: e, dopo il non-tanto-clamoroso flop di vendite registrato in Giappone dovuto a cause tutto tranne che qualitative, anche noi in occidente possiamo godere, non senza una certa emozione, del nuovo frutto delle fatiche creative di Hironobu Sakaguchi.
Mille e non più mille
Lost Odyssey ci invita a seguire Kaim Argonar, guerriero immortale ed invincibile al servizio del governo di Uhra, nel suo viaggio alla ricerca del suo passato e dei suoi perchè. Per qualche misterioso motivo al nostro alter ego sono stati portati via tutti i ricordi, i ricordi di una vita durata ben mille anni, e come lui altre persone sono state private in questo modo della loro identità. Pur godendo del dono (o della maledizione?) della vita eterna, questi Immortali sono stati resi cadaveri ambulanti senza legami con il loro passato, dimentichi dell’amore e dei rapporti che scaldano il cuore. Da dove provengono Kaim, Seth e gli altri Immortali? Chi si nasconde dietro la manipolazione del loro passato? E per quale motivo tutto questo è accaduto?
Per rispondere a questi ed altri interrogativi accompagneremo il taciturno Kaim lungo il suo percorso, che prende il via dall’ispezione ordinata da Gongora, alto consgliere di Uhra, presso il sito magico-industriale denominato Grand Staff. E si uniranno a noi Jansen, mago beone, donnaiolo ma in fondo leale, e la piratessa immortale Seth Balmore, primi di una compagine di eroi per caso che non mancherà di emozionarci.
Sullo sfondo di un mondo vivido e in fermento grazie alla "rivoluzione dell’energia magica" che permette affascinanti connubi tra elementi medioevali e altri decisamente futuristici, godremo di una trama che intreccia sapientemente storie di tradimenti e di guerra, di sospetto e buoni sentimenti, di piccole gioie e dolori sconfinati come campi di battaglia in fiamme.
Ben costruita sebbene fondata su tematiche tipiche del gioco di ruolo giapponese, la vicenda di Lost Odyssey ci mette di fronte a situazioni crude e a volte senza uscita, ci stimola a riconsiderare noi stessi e la nostra scala di valori complice l’affascinante riflessione sul significato della vita, e su quale significato possa avere una vita eterna.
Meno aulicamente, non possiamo non apprezzare le caratterizzazioni psicologiche di protagonisti sorprendenti e molto ben ponderati, per nulla banali, tra loro diversi ma accomunati da esperienze di vita più o meno tragiche e dal bisogno di conoscere la verità e gli impensabili legami che li hanno portati a ritrovarsi.
Spettacolo
Esteticamente parlando, il titolo si presenta gradevole e molto ben riuscito, puntando a stupire il giocatore principalmente con una regia cinematografica e spettacolare che magnifica scenografie e scenari sopraffini. Ce ne accorgeremo durante le numerose scene animate che dispiegano la trama fatta di intrighi e macchinazioni: abbondano riprese ardite che staccano da evocative immagini a tutto campo a primissimi piani. In stile molto occidentale, non sarà poi raro vedere lo schermo dividersi in più riquadri per cogliere diverse angolazioni di una scena o le diverse espressioni dei personaggi durante un dialogo; notiamo poi parecchia varietà quanto alla presenza di moltissimi modelli di nemici durante le fasi di battaglia.
Il tutto non è certamente privo un un ottimo livello di dettaglio, che impreziosisce ambientazioni e modelli dei personaggi, giocanti e non. Un titolo della nuova generazione di console non può dirsi tale se non presenta texture di minuta bellezza, o la delicata armonia delle cangianti espressioni facciali dei protagonisti. Lost Odyssey lo fa appieno, peccando quasi soltanto in ordine ad alcune textures "di campo" non all’altezza di quelle usate sui protagonisti. Il titolo punta moltissimo sull’emozionalità della trama, degli intermezzi "sognati" testuali, e non da ultimo dei volti scossi dal dolore o dalla rabbia di Kaim e soci. La sinergica bravura di sceneggiatori e grafici paga, conferendo a molte scene del gioco un carico emotivo non indifferente, che si mantiene su alti standard visivi tanto nelle scene realizzate col motore grafico del gioco quanto quelle in CG.
Questo non vuol dire affatto che il realismo sia assoluto e perfetto, titoli come Mass Effect ci fanno notare come si possa fare molto di più in questa direzione: una volta terminata l’estasi epica del guerresco filmato introduttivo, si prenda atto del fatto che il realismo ad ogni costo non è certo l’obiettivo primario del gioco di ruolo giapponese, e ci si goda il risultato delle onde del mare gestite in tempo reale da Xbox mentre navighiamo a bordo del Boa Bianco, o la resa poligonale dei personaggi nati dalla matita di Takehiko Inoue, mangaka autore di successi internazionali come Slam Dunk e Vagabond, qui character designer con uno stile che preferisce chiaramente la sostanza e l’espressività all’apperenza ed appariscenza esasperati. Per chi avesse ancora dubbi: Lost Odyssey è graficamente bello. Sappiamo bene Xbox360 e Unreal Engine possono fare e faranno presto meraviglie superiori a questa, e non ci resta che leccarci i baffi al pensiero e ringraziare.
Armonia
Punto di massima eccellenza del titolo, la colonna sonora sancisce una nuova grande collaborazione del genio di Sakaguchi con quello del celebre Nobuo Uematsu. Il compositore di Kochi si mostra all’altezza della sua fama creando temi bellissimi e che spaziano da piacevoli melodie orecchiabili ad altre che sottolineano l’epicità e la drammaticità di alcuni momenti della storia. Seppur non numerosissime, le tracce coinvolgono e si lasciano ascoltare con trasporto, sebbene a chi scrive sia sembrato che in alcuni frangenti Uematsu abbia tratto più di qualche accordo da sue precedenti composizioni quali To Zanarkand o Tina’s Theme, direttamente dall’universo delle immortali colonne sonore di Final Fantasy che lo hanno reso famoso. In ogni caso rimarchevole la presenza ai temi vocali principali della cantante scozzese vincitrice di due Grammy Awards Sheena Easton, anche quale collaboratrice di Uematsu nella stesura della canzone What You Are.
Ottimi anche gli effetti sonori, variegati e di qualità come ad esempio il rumore di passi, di acqua corrente, dell’ululare del vento o dello sbattere al terreno dall’asta del mago Jansen. Un plauso va anche speso per il doppiaggio dei personaggi, presente in ben sei lingue: non mancano l’inglese, il giapponese e l’italiano: il giocatore può scegliere quale preferisce, e le recitazioni degli attori si stanziano su discreti livelli di pathos. Forse la voce italiana del protagonista Kaim potrebbe sembrare poco adatta al personaggio per come è stato immaginato, risultando a tratti troppo impostata, ma non si può certo definire un cattivo risultato recitativo. Promossi.
Il cerchio si chiude
Il sistema di battaglia è il cuore di ogni buon gioco di ruolo, molto più di quanto non siano grafica e tecnicismi vari. Lost Odyssey compie una precisa scelta di campo, andando in controtendenza e riportando in auge i "vecchi" combattimenti casuali che da qualche tempo a questa parte vengono accantonati in favore di nemici visibili su schermo e quindi virtualmente evitabili: tale soluzione è stata da molti ritenuta anacronistica tenuto conto degli standard attuali per quanto riguarda i jrpg di nuova concezione, nonchè delle potenzialità hardware della performante Xbox360. C’è però da dire che la frequenza degli scontri è ben calibrata e non sarà mai davvero fastidiosa se non quando si saranno raggiunti i livelli più alti di esperienza, quando cioè combattere offre solo svantaggi pratici e nessun beneficio dal punto di vista della crescita dei personaggi. Tra l’altro il gioco non permette il cosiddetto "power leveling": i punti esperienza elargiti dai mostri abbattuti caleranno drasticamente una volta raggiunto un certo livello in una certa area, col risultato che per sconfiggere i boss di fine livello dovremo sempre ben considerare i suoi punti di forza e di debolezza, agendo di conseguenza per evitare di fare una brutta fine. Oltre a ciò, anche le vere e proprie battaglie sono classicamente impostate su un sistema a turni, quando sul mercato impazzano i cosiddetti action-rpg.
Queste le premesse fondamentali: scendendo più nel dettaglio rileviamo notabili tempi di attesa che ci separano dallo scattare del combattimento all’inizio dell’azione vera e propria in cui selezioniamo i comandi per i nostri guerrieri dal classico menù di battaglia, che nel più puro stile nipponico presenta abilità magiche, fisiche, attacco, difesa e quant’altro.
L’originalità del tutto sta in due aspetti: il sistema di apprendimento delle abilità e nell’uso degli "anelli" da parte dei guerrieri. Questi anelli sono talismani forgiabili via menù principale ed equipaggiabili dai personaggi del party, e che conferiscono potenziamenti e particolari attributi all’attacco fisico di ognuno di loro. Selezionando il comando "Attacca", se si ha un anello equipaggiato, avremo un limitato lasso di tempo per schiacciare il grilletto destro del nostro pad, mantenendolo premuto e rilasciandolo solo nel momento in cui i due cerchi che convergono sul nemico di turno coincidono. A seconda del nostro tempismo riceveremo una valutazione che può essere Male, Bene o Perfetto, e in base ad essa attiveremo in misura maggiore o minore il bonus dell’anello, o potremmo non giovarne affatto. Gli anelli forgiabili sono moltissimi, e ci converrà averne una grande scorta per massimizzare gli effetti offensivi contro i nemici più adatti e nel momento più opportuno. Quando stiamo elaborando la nostra strategia di battaglia teniamo presente che possiamo modificare l’equipaggiamento del personaggio in ogni momento senza perdere alcun turno anche nel bel mezzo degli scontri.
Per quanto concerne invece le abilità, distinguiamo i personaggi Mortali dagli Immortali. I Mortali apprendono nuove skills salendo di livello, mentre gli Immortali possono "collegarsi" alle abilità dei loro compagni mortali per farle proprie una volta ottenuti i PA necessari. Le facoltà degli Accessori sono disponibili per tutti i personaggi, ma i Mortali possono usufruirne solo finchè hanno in equip l’oggetto in questione, gli Immortali possono invece masterizzarle in via definitiva. Ciò non significa necessariamente però che costoro possano col tempo diventare i tipici personaggi-fotocopia. Sebbene ognuno degli Immortali possa con molta pazienza e allenamento apprendere tutte le abilità disponibili nel gioco, sarà possibile equipaggiarne solamente un numero limitato per volta; oltre a ciò, i parametri dei vari protagonisti variano comunque moltissimo da combattente a combattente, il che incentiva il giocatore a scegliere un party quanto più variegato possibile.
Immortal ad Vitam
Una volta presa la mano col sistema di combattimento il gioco scorre piuttosto lineare fino a tutta la prima metà. Nonostante di primo acchito si possa pensare che un gioco sviluppato su ben quattro DVD sia qualcosa di mastodontico in termini di durata, dobbiamo ricrederci, perchè l’enorme mole di dati da contenere è dovuta all’alta qualità grafica di scene animate e textures che inevitabilmente prendono molto dello spazio disponibile sui supporti ottici: del resto il non avere un lettore Blue-Ray integrato è l’unico svantaggio oggettivo di cui Xbox360 soffre nell’ormai consueto paragone con PlayStation3.
La longevità del titolo è buona ma non eccezionale. E’ possibile completarlo in cinquanta ore circa (nel conteggio sono comprese le scene animate ma è esclusa la lettura dei Mille Anni di Sogni, i ricordi testuali di Kaim sbloccati possono essere letti in qualsiasi momento dal menù principale e sarà quasi sempre possibile saltarli), ed aggiungiamone una trentina se vogliamo imbarcarci nelle molte side quests che ci vengono offerte. Tra queste contiamo la ricerca dell’equipaggiamento definitivo disperso all’interno di sigilli reali, i simpatici minigiochi della musica cubica, una particolare arena in cui affrontare scontri in successione soddisfando determinati requisiti, nonchè i canonici dungeon e boss secondari. C’è abbastanza carne al fuoco per essere pienamente soddisfatti, ma non poi così tanta da esserne esaltati. La scelta è in fondo vincente perchè si evita di rendere il gioco inutilmente noioso e appesantito, praticamente all’opposto di quanto accadeva con le folli sessioni di allenamento necessarie per distruggere i boss segreti di un certo rpg conosciuto come Final Fantasy X.
Lost and Found
Freddamente accolto dai giocatori giapponesi, già restii a concedersi troppo alla casa di Redmond e ancora piuttosto delusi dal risultato di Blue Dragon sempre targato Mistwalker, Lost Odyssey è senza dubbio alcuno un rpg paradigmatico che merita moltissimo, il primo titolo del genere davvero degno di nota nel panorama delle console di nuova generazione. Non perfetto, non un capolavoro, ma ricchissimo, abbastanza lungo, epico e godibile, saprà placare la sete di gioco di ruolo giapponese per quei giocatori amareggiati da Blue Dragon, non soddisfatti da Enchanted Arms, non persuasi da Eternal Sonata. Pur con delle ingenuità tecniche e delle semplificazioni nella gestione delle abiltà e dell’equipaggiamento, il titolo Mistwalker getta le basi per qualcosa di grande, una annunciata nuova saga che non potrà che migliorare in futuro. Perduta una Fantasia, Sakaguchi ha ritrovato una Odissea.