Lightning Returns: Final Fantasy XIII – Lightning Returns: Final Fantasy XIII
Il nostos per i greci era il ritorno, per Ulisse fu l’Odissea. Per noi il nostos è una radice: è la radice del ritorno del dolore, il nostos alyos. La nostalgia. Un impatto psicologico, un mutamento momentaneo della psiche, dovuto al rimpianto, alla lontananza di persone, luoghi, eventi, collocati nel passato, che ricordiamo e che vorremmo rivivere. Johannes Hofer la diagnosticò per i militari, nel 1800, che sentivano la mancanza di casa, il dolore di casa; Charles Baudelaire la rivide per i sentimenti umani, la rielaborò verso un anelare indefinito, informe, amorfo. Noi oggi aneliamo quella fantasia finale tanto declamata, tanto acclamata, ma che di fantastico, oggi, ha poco, di finale ancor meno.
La Fabula Nova Crystallis ci regala l’ultimo capitolo della sua annosa trilogia, divenuta tale soltanto durante il percorso, ma nata come una saga ben più prolifica e dalle più ampie speranze: Lightning Returns: Final Fantasy XIII è il compimento finale di quella che è l’eterna lotta tra il Caos e la Luce, tra il bene e il male, tra le onde e la nave, in un nostos che provoca dolore, ma dal quale inevitabilmente – anche stavolta – dobbiamo salvarci.
500 anni di sonnolenza
Sono trascorsi 500 anni dagli eventi di Final Fantasy XIII-2. Lightning si è miracolosamente risvegliata dal suo sonno e ora è investita del ruolo di Salvatrice. Il suo compito è quello di mantenere in vita l’umanità e il mondo intero. A sua disposizione soltanto 13 giorni di tempo, prima che il Caos possa inghiottire ogni cosa. Ad assegnarle questo compito e gli annessi poteri legati al suo ruolo è Bhunivelze, il creatore. A supportarla in questa avventura c’è un ritrovato Hope, tornato bambino dopo essere regolarmente diventato adulto, per un disegno divino. La trama a nostra disposizione riuscirà a mettere una toppa a tutti quei buchi lasciati dai precedenti due capitoli riuscendo anche a fornire una conclusione valida a tutto il gruppo che avevamo conosciuto in partenza: da Snow a Vanille, tutti torneranno per avere il proprio capitolo conclusivo di storia. Il tutto, però, risulta essere decisamente forzato e spinto a uno svolgimento inutilmente complesso e una conclusione che soddisfa in malo modo, facendo quasi intuire che alla Square-Enix qualche errore di percorso è stato compiuto.
ATB addicted
Come dicevamo, quindi, il nostro compito è quello di mantenere in vita il mondo per 13 giorni, per rispettare l’accordo siglato col dio che ci ha risvegliati. Un countdown aleggerà minaccioso, a mo’ di spada di Damocle, nella parte destra del nostro schermo, insieme con la mappa in miniatura, durante il nostro incedere. Per risolvere il mistero dovremo dedicarci alle missioni principali e secondarie messeci a disposizione: la particolarità di tali missioni è che soltanto completandole potremo salire di livello. Non avremo più, infatti, a disposizione il metodico expare di battaglia in battaglia, ma un aumento delle statistiche di missione in missione. Queste saranno assegnate in diverse tipologie: già nelle prime battute, all’arrivo nella prima città, Luxerion, avremo modo di notare come le missioni secondarie verranno commissionate tanto dagli NPC che dalla bacheca controllata da Chocobolina, una vecchia conoscenza del capitolo precedente.
La principale novità dal punto di vista del gameplay è rappresentata dagli Assetti. Trattasi molto semplicemente di outfit, se volessimo essere al passo con i tempi, o di un vestiario particolare, che richiede l’abbinamento di una spada, di uno scudo e di qualche accessorio. A ogni Assetto corrisponderà una iride di azioni, quattro al massimo, affidate ai tasti d’azione per l’appunto. Va da sé che ogni costume, oltre a presentare delle caratteristiche diverse per colore e per fattura, presenta anche delle statistiche di combattimento differenti, dalla potenza d’attacco a quella di difesa. Oltre ad avere degli Assetti predefiniti, potrete anche crearli da zero partendo da dei ritrovamenti nelle inedite e rinnovate casse del tesoro. Durante il combattimento potrete equipaggiarne soltanto tre alla volta e alternarli vi eviterà un periodo di stasi e di ricarica della barra ATB: al terminare di una di queste, infatti, basterà cambiare Assetto per poter riprendere a combattere, o con la magia o con l’attacco normale. Essenziale, dal punto di vista del battle system, per evitare che il tutto si riduca a un mero attaccare all’infinito, è il concetto di parata e di schivata: la prima, appresa già nelle prime battute della nostra avventura, ci permetterà semplicemente di respingere gli attacchi degli avversari e se usati in un preciso istante di riuscire a stordire momentaneamente i nemici; per quanto riguarda, invece, la schivata vi troverete a dover, a seconda del tipo d’azione, evitare l’intervento avversario e se effettuato col giusto tempismo avrete anche l’occasione di comparirgli alle spalle e attaccarlo all’improvviso. Ogni battaglia, per finire, può essere ingaggiata con un’azione preventiva che vi permetterà di avere un leggero vantaggio sul vostro bersaglio, che si vedrà ridurre i punti vita del 10% o del 25%. Stessa cosa dicasi per voi nel caso in cui doveste essere attaccati all’improvviso.
Proseguendo nella storia avremo modo anche di apprendere nuove tecniche di combattimento, che ci verranno in supporto in ogni momento necessario. Tutte le tecniche hanno due punti a sfavore: il primo è quello di consumare i punti energia, che all’inizio sono soltanto cinque, necessari anche per il baratto di oggetti; il secondo punto, invece, è che consumano tempo materiale e quindi velocizzano il trascorrere del countdown per la fine dell’umanità. I punti energia vengono ricaricati esclusivamente uccidendo i mostri. Tra le prime tecniche a nostra disposizione avremo la possibilità di rallentare il tempo, così da avere un importante vantaggio sul nostro avversario in battaglia, o anche l’avere l’opportunità di scappare dalla battaglia tornando al momento esattamente precedente all’ingaggio della battaglia, consumando, però, un’ora di gioco. Non mancheranno le tecniche per la cura, che, tra l’altro, è limitata esclusivamente alle tecniche e all’utilizzo di oggetti curativi: niente più punti di salvataggio che vi permetteranno di ricaricare l’energia e, se giocata a modalità standard o superiore, la vostra avventura vi impedirà anche di recuperare punti vita dopo una battaglia. Quasi come una modalità survival.
Quindi un sistema di combattimento fluido, scorrevole, a tratti anche appagante e che invoglia al combattimento: d’altronde gli avversari saranno visibili sulla mappa e compariranno dinanzi a voi durante il vostro cammino, concedendovi, quindi, la possibilità di colpirli o schivarli, ingaggiare la battaglia o passare oltre.
Un’orchidea grigia
Venendo invece all’aspetto grafico è sicuramente deludente il modo in cui Square-Enix ha deciso di approcciarsi a Lightning Returns. In prima analisi, però, esaltiamo ancora una volta i filmati d’apertura e di intermezzo, perché con la CG, Nomura e soci, sono sempre riusciti a emozionarci: sebbene l’opening non sia sui livelli di pathos dei precedenti capitoli – della saga, non della Fabula – la realizzazione grafica e tecnica è comunque pregevole e non da denigrare. Quello che purtroppo ci fa storcere il naso è la realizzazione stessa del prodotto ludico: sebbene la nostra Salvatrice sia ben caratterizzata e ben inserita nel contesto generale, stona decisamente dinanzi agli NPC che non sembrano per niente caratterizzati. I modelli poligonali sono riproposti per tutti i cittadini, sviluppati con lo stampo, e differenti esclusivamente per alcune accezioni e accessori; inoltre Lightning è davvero l’unica a essere ben dettagliata. Ancor meno soddisfacenti sono le città, completamente anonime e prive di contenuti pregnanti: quando vi perderete – senza usare la mappa – perché tutto vi sembra uguale capirete il senso di smarrimento che provoca un’ambientazione come quella di Lightning Returns.
Persa oramai la mano di Nobuo Uematsu, alla Square-Enix si accontentano del trittico Masashi Hamauzu, Naoshi Mizuta e Mitsuto Suzuki, già autore della colonna sonora di Final Fantasy XIII-2. La particolarità del capitolo in questione è che sono completamente assenti melodie cantante, a discapito di quelle forti emozioni consegnate negli anni dalla One Winged Angel, dalla Melodies of Life, da Suteki da Ne, da Liberi Fatali e chi più ne ha più ne metta. Ogni continente presente in Lightning Returns ha il suo compositore e a seconda dell’ora – mattina, pomeriggio o notte – ha anche la sua melodia dedicata. Ci permettiamo, comunque, di dire che da quando Uematsu non cura più la colonna sonora delle nostre fantasie la valutazione non potrà mai essere a pieni voti per il comparto sonoro, nonostante l’impegno e l’apprezzabile doppiaggio che si lascia ascoltare e seguire in maniera piacevole.
Degna conclusione
Concludiamo, quindi, tirando le somme per Lightning Returns. L’ultimo capitolo della Fabula Nova Crystallis, nonostante una trama non soddisfacente e troppo confusa, oltre a un comparto tecnico non convincente, riesce comunque a intrattenere, sfruttando delle idee innovative e leggermente rivoluzionarie, come il level up del personaggio. Inoltre, giocato in modalità Standard e superiore, il prodotto riesce ad avere anche un alto livello di sfida, che al giorno d’oggi è raro trovare in un jRPG. La stessa longevità, che di base si attesta sulle 30 ore, completando gran parte dei contenuti offerti, subisce un importante incremento anche a fronte del New Game + che permette di rigiocare l’avventura importando i dati della run precedente mantenendo tutte le statistiche, le armi e gli Assetti, il tutto ovviamente affrontando l’esperienza a in livello di difficoltà più alto.
Se solo avessimo potuto gustare una trama meno confusa, più appagante, maggiormente curata e con meno sentimentalismi indefiniti e maggior razionalità, avremmo potuto parlare di un titolo di ben diversa caratura; invece ci troviamo a esaltare un quadro dall’ottimo contenuto giocabile, ma con una cornice poco coerente con quella che era la forza di Final Fantasy. Lightning Returns: Final Fantasy XIII resta comunque l’esatta conclusione di una saga che non ha mai eccessivamente entusiasmato e che era necessario concludere anzitempo.