Left Alive – Recensione
Non c’è dubbio che quella di Front Mission sia una saga decisamente bistrattata. Se un tempo si poteva definire un franchise di qualità e moderatamente di successo (anche se comunque gestito male, come abbiamo già spiegato nella nostra retrospettiva di Front Mission), negli ultimi anni ha subito uno sconsiderato tentativo di rilancio “moderno” tramite spin-off che l’hanno sottratto al suo genere di origine facendolo sprofondare ancora di più. Dopo il mediocre Front Mission Evolved è ora il turno di Left Alive, un titolo ambientato nello stesso mondo della serie principale, ma che tenta una formula che porta la guerra a una dimensione più umana.
Nonostante le perplessità, il titolo che Square Enix ha affidato alla sconosciuta Ilinx aveva comunque attirato la nostra attenzione. Difficile infatti ignorare la partecipazione di personalità come Yoji Shinkawa (character designer delle serie di Metal Gear Solid e Zone of the Enders), il director Toshifumi Nabeshima (già director del primissimo Armored Core e poi supervisore e producer dei seguiti), il producer Shinji Hashimoto (che ha curato diverse produzioni storiche di Square Enix), e il compositore Hidenori Iwasaki (già autore delle colonne sonore di Front Mission 4 e 5).
Con simili talenti a coadiuvare lo sviluppo era difficile sbagliare il colpo, eppure così è stato.
Il gioco è ambientato nell’anno 2127, quindi successivamente agli eventi di Front Mission 5: Scars of the War. Il mondo del futuro di Left Alive è suddiviso in supernazioni costituite da aggregazioni economiche di diversi paesi. Con una globalizzazione così avanzata i rapporti diplomatici tra le potenze sono ancora più cauti, e i conflitti aperti di scala mondiale sono stati superati. Questo però non ha fatto altro che far aumentare le cosiddette guerre proxy, specialmente in quei territori che rappresentano ancora delle aree grigie tra i macro blocchi. Il gioco è ambientato nell’area geografica che oggi corrisponde all’Ucraina, e inizia con l’invasione della Repubblica di Garmoniya della città di Novo Slava, nella Repubblica di Ruthenia. In poche ore la città diventa un afflitto campo di battaglia gremito di soldati garmoniyani, carri armati, droni e ovviamente wanzer, gli emblematici mech della serie Front Mission. In questa situazione critica dovremo impersonare tre protagonisti sopravvissuti all’attacco, ognuno con uno scopo più o meno personale che li spingerà a farsi strada tra le truppe nemiche.
Sebbene i personaggi principali non siano dei capolavori di caratterizzazione, il gioco ha il merito di darci tre prospettive su una storia che tratta temi delicati e interessanti legati alla guerra e ai suoi orrori. Il vero problema è che l’intreccio rimane confuso fino alla fine, la narrazione arranca per quasi tutta la durata del gioco e non riesce a coinvolgere e appassionare, anche per via delle cutscene troppo sporadiche e poco incisive tra le sessioni di gioco. Nemmeno nelle fasi finali si capisce appieno dove la trama voglia andare a parare, e il giocatore si ritrova con un finale che non spiega tante, troppe cose.
È possibile in modo facoltativo aiutare alcuni superstiti di Novo Slava per modificare leggermente il finale, e parlando con loro potremo scoprire dettagli addizionali della trama, ma (come spiegheremo più avanti) il gioco non fa molto per spronarci a intraprendere queste missioni. In alcune cutscene è possibile inoltre compiere scelte di dialogo che avranno degli effetti più avanti, ma quasi mai si sente la pressione di una posta in gioco importante, né la voglia di ricominciare il gioco solo per fare scelte diverse.
Lo scopo dei protagonisti che impersoniamo a rotazione è quello di muoversi all’interno di alcune macro zone di Novo Slava cercando di raggiungere determinate posizioni per proseguire nella storia. Considerando che ci troviamo in una zona di guerra presidiata da truppe nemiche, la componente stealth è naturalmente il focus del gameplay, anche perché caricare a testa bassa gli avversari facendosi individuare ha spesso il comprensibile effetto di farsi bersagliare da tutte le unità nelle vicinanze portandoci in pochi secondi al Game Over. È quindi necessario avanzare con cautela senza farsi individuare da soldati e droni, limitando gli scontri al minimo. Sfortunatamente proprio le meccaniche stealth sono state costruite in modo approssimativo. La prima delusione arriva quando ci si rende conto che, nonostante i nostri alter ego dovrebbero avere sulle spalle un addestramento militare, non è possibile eliminare furtivamente un soldato nemico arrivandogli alle spalle; la soluzione più silenziosa disponibile è quella di colpirlo più volte con un’arma contundente, cercando di abbatterlo rapidamente senza dargli modo di allarmare gli altri. Cosa non scontata, dato che i movimenti e le collisioni lasciano molto a desiderare. L’imprecisione dei controlli sembra rigurgitata direttamente dai titoli degli anni ’90, e si farà sentire soprattutto nei passaggi dal movimento normale all’accovacciarsi dietro le coperture e viceversa, rendendo difficile muoversi agevolmente e ancora meno affrontare le sparatorie a cui saremo talvolta costretti.
L’intelligenza artificiale dei nemici è qualcosa di estremamente altalenante e incoerente. È possibile trovarsi in situazioni assurde come correre alle spalle di un soldato o passargli davanti a una manciata di metri di distanza senza essere visti, ma anche essere inspiegabilmente scoperti dietro una copertura, e una volta partito l’allarme scoprire che tutti i soldati nelle vicinanze apprendono istantaneamente la nostra posizione iniziando a spararci contro di tutto.
Purtroppo anche nel level design Left Alive dimostra una colpevole inadeguatezza. Nonostante gli ambienti siano discretamente ampi, c’è veramente molto poco spazio per la creatività del giocatore. Pochissimi edifici sono esplorabili, la verticalità è sfruttata scarsamente, ma peggio ancora in molti casi è chiaro che i livelli sono stati strutturati con barriere e asserragliamenti di nemici in modo da spingere il giocatore a trovare una determinata strada ideale per proseguire, invece che metterlo nelle condizioni di proseguire scegliendo tra più possibilità. Questo si traduce in frustranti sessioni di trial & error decisamente poco stimolanti. In questo non aiuta il fatto che le varie missioni in cui è suddiviso il gioco sono ambientate tutte nelle stesse poche macro zone in cui verremo portati ripetutamente con un obbiettivo e una disposizione dei nemici diversa.
Sparse per le location è possibile trovare materie prime da utilizzare in un sistema di crafting per assemblare oggetti curativi, bombe, trappole e quant’altro. Oggetti senza dubbio utili considerando che le munizioni per le armi che troveremo saranno scarse, e che in ogni caso durante il gioco sarà inevitabile dover sopravvivere a scontri a fuoco contro ondate di soldati. Peccato che la loro gestione sia macchinosa e davvero scomoda da utilizzare nella concitazione dei combattimenti.
Anche nelle sparatorie siamo sempre accompagnati da una sensazione di goffaggine e incoerenza. Il sistema di mira è impreciso, le hitbox anche, e il tutto si traduce in scontri a fuoco frustranti in cui i soldati spesso incassano più proiettili di quanto sia ragionevole (ci è capitato di abbatterne alcuni dopo 3 o 4 colpi alla testa), e la cosa è snervante anche perché continuano a spararci come se niente fosse nonostante li si crivelli di pallottole.
Ci saranno alcune occasioni in cui potremo pilotare un wanzer, e in queste situazioni il gameplay cambierà radicalmente in uno shooter più arcade in cui potremo falciare intere truppe di soldati nemici e affrontare altri wanzer schivando i loro attacchi e scatenando le micidiali armi equipaggiate. I combattimenti a bordo dei mech potrebbero deludere per la loro estrema essenzialità di meccaniche, ma forse proprio grazie a tale semplicità sanno anche divertire permettendoci di scaricare la tensione accumulata nelle ore di concentrata infiltrazione.
Oltre a proseguire nella storia, potremo intraprendere delle missioni secondarie per salvare dei superstiti rimasti bloccati a Novo Slava. Questi incarichi sono totalmente opzionali, ma portare in salvo i civili avrà un certo impatto anche sulla storia. Quello che in realtà sarebbe un aspetto interessante del gioco viene però totalmente smontato dalla pessima intelligenza artificiale dei personaggi. Questi infatti si limiteranno a correre su un percorso prestabilito verso un rifugio nella mappa di gioco, senza alcuna attenzione o riguardo per la situazione attorno a loro; sono quindi capacissimi di andare incontro ai soldati nemici senza alcuna esitazione se non ci fossimo noi a fermarli, e per farlo dovremo anche essere molto vicini a loro. Questa goffaggine renderà ancora più ostico l’avanzamento tra le fila nemiche, e spesso ci costringerà a utilizzare le nostre risorse per risolvere la situazione, risorse già normalmente preziose per completare le missioni principali. Salvare i superstiti si rivela quindi più un fastidio che una sfida avvincente, e dopo un po’ viene naturale ignorarli e passare oltre.
In definitiva il gameplay di Left Alive ha delle intuizioni valide e un setting efficace nel farci sentire sotto pressione al centro di un ambiente opprimente in cui muoverci con molta cautela, ma nell’esecuzione mostra più difetti che pregi. Il gioco è difficile per i motivi sbagliati, troppo spesso legati ai limiti e le storture del gioco stesso piuttosto che all’essere esigente nei confronti delle abilità del giocatore. Potrebbe piacere a coloro a cui non disturba quel tipo di difficoltà di ben altri tempi che dal giocatore richiedeva pazienti sessioni di trial & error.
Anche sul lato tecnico purtroppo Left Alive non riesce a sorprendere. Gli sviluppatori hanno utilizzato il motore grafico Orochi 4 e gli effetti speciali Yebis (utilizzati da titoli come Final Fantasy XV, Dragon Ball: Xenoverse e Bloodborne) di Silicon Studio. Al colpo d’occhio l’aspetto visivo ha un certo stile ed è gradevole, soprattutto per l’atmosfera delle ambientazioni. Di sicuro il tocco di Yoji Shinkawa si fa notare, ma non basta. I problemi si fanno più evidenti quando ci si avvicina e si notano texture in bassa risoluzione, modelli poligonali sicuramente non elaborati e animati grezzamente; persino nelle cutscene i personaggi sono davvero poco espressivi. Nonostante l’aspetto visivo sia abbastanza essenziale, il frame rate subisce più di un singhiozzo quando l’azione su schermo si fa particolarmente concitata.
La colonna sonora di Hidenori Iwasaki di per sé è buona, anche se non molto ricca, ma non viene assolutamente valorizzata dal gioco stesso. La maggior parte del tempo giocheremo senza accompagnamento musicale, e nelle occasioni in cui verremo scoperti partirà assiduamente la stessa traccia di accompagnamento che dopo decine di volte sarà più fastidiosa che altro. Insopportabile anche la voce dell’AI del nostro dispositivo digitale che ogni volta che ci avvicineremo a un nemico ripeterà “Caution, the enemy is approaching” continuamente, portandoci all’esaurimento nervoso. Altri brani fanno da contorno a scene non interattive che purtroppo non sono così emozionanti da prestarsi all’esaltazione. Un lavoro di composizione più che discreto che però finisce per non essere incisivo.
Sulla carta Left Alive propone un concept che anche senza essere per forza originale è quantomeno interessante. Tale potenziale però crolla sotto il peso di un’esecuzione superficiale e anacronistica. Con un game design mal bilanciato, un sistema di controllo ostico e delle meccaniche di gameplay più sfibranti che coinvolgenti, il titolo sviluppato da Ilinx mostra più problemi che lati positivi, e non bastano una storia decente e un setting interessante a risollevarlo dalla mediocrità. Left Alive non soddisfa né gli amanti degli stealth né tanto meno i fan di Front Mission. Ci auguriamo davvero che Square Enix impari la lezione e desista dal voler sfruttare impropriamente un franchise che meriterebbe molto di più.
Pro
- Trama dai temi adulti e interessanti
- Buon design di personaggi e ambientazioni
Contro
- Controlli e dinamiche frustranti
- Level design non stimolante
- AI imprevedibile e incoerente
- Grafica e sound design inefficaci