Layers of Fear – Recensione
La serie Layers of Fear (qui la nostra recensione del primo capitolo “originale) ha sempre suscitato in me un grande fascino. Da appassionato del genere horror, per quanto facilmente suscettibile e impressionabile, il titolo di Bloober Team e Anshar Studios mi ha sempre attirato a sé, proprio come le “tele oscure” hanno il potere di catturare il cuore, la mente e lo spirito dei protagonisti dell’opera.
Per tal motivo, in concomitanza con l’uscita di quello che è una sorta di soft reboot della serie, non mi sono lasciato scappare la possibilità di vivere in primissima persona le atmosfere dark da horror psicologico dei due titoli della serie, per l’occasione accorpati in una sorta di Definitive Edition contenente tutti i DLC e diversi contenuti originali pensati proprio per la nuova release.
Layers of Fear in versione next-gen, infatti, arriva sul mercato con diverse novità importanti. Tralasciando il totale restyling grafico, elaborato grazie alle maggiori possibilità offerte dall’Unreal Engine 5, il nuovo Layers of Fear arriva sul mercato con una nuova protagonista che ha il compito di legare insieme i racconti dei due capitoli originali, fondendoli con la sua storia, in un mosaico narrativo sempre più inquietante e complesso.
A ciò, chiaramente, gli sviluppatori hanno deciso di aggiungere anche la possibilità di vivere in maniera complessivamente libera e autonoma anche tutti i contenuti aggiuntivi legati al primo e al secondo capitoli della serie, fondamentali per avere un quadro totale e più preciso su quello che è un impianto narrativo intrigante e ben più complesso di quanto possa sembrare.
Del resto, Layers of Fear nella sua oscura narrazione si prende la libertà di trattare temi pesanti, scomodi, e lo fa in maniera sapiente, mixandoli alla perfezione con un sistema narrativo funzionale e sfaccettato. Dopo aver concluso il mio viaggio sono pronto a tirare le conclusioni su questa nuova edizione del franchise, e spero che le mie parole non innestino un qualche loop di paura e sofferenza ma, anzi, vi aiutino a comprendere il fascino forse troppo sottovalutato di un prodotto che ha ancora tanto da dire.
Layers of Fear è un viaggio tortuoso dentro l’oscurità delle mente umana
Layers of Fear, in questa versione come in quella originale, è un titolo narrativamente molto ricco. Entrambe le due storie hanno un fascino e un carisma papabile, respirabile a pieni polmoni sin dalle prime battute di ambedue le storie. Il racconto del Pittore, però, mi è rimasto in qualche modo ben saldo in mente, in maniera più sensibile rispetto agli altri.
Layers of Fear permette di rivivere o, nel mio caso, di vivere storie complesse, difficili da raccontare e con cui è anche difficile rapportarsi durante l’esplorazione delle dinamiche e delle origini di ognuna di esse. Che sia il pittore, così come la new entry, la scrittrice, così come l’attore, tutti i protagonisti dell’opera hanno in comune una debolezza e una fragilità interiore su cui l’oscurità e il dolore sembrano fare leva in maniera violente e per certi versi spietato.
Ognuno dei protagonisti è infatti per qualche motivo afflitto da un passato funesto, difficile anche soltanto da ricordare, fatto di perdita, dolore e angoscia, tutti tratti che, letteralmente, esplodono inesorabilmente minuto dopo minuto. Con la stessa velocità con cui il mondo dei protagonisti si sgretola sotto i loro piedi anche la fiducia in un lieto fine da parte degli ignari videogiocatori si fa sempre più flebile.
Io stesso ho subito capito dove il tutto volesse andare a parare, mi sono rassegnato a lasciarmi trasportare dalla violenza di un dolore intimo, pulsante e spaventosamente autentico, che lentamente si fa sempre più strada, fino a spazzare via ogni cosa.
Layers of Fear è un prodotto che gioca molto non soltanto sulla mera paura e sull’horror in sé per sé ma, piuttosto, fa leva su altri fattori, come il senso di colpa, i ricordi dolorosi, la difficoltà con cui trovare un punto di unione con il prossimo e li rende una violentissima arma con cui attanaglia il giocatore per tutta la durata delle storie narrate.
La presenza della scrittrice ha in qualche modo unito i puntini delle due storie, fino a rendere il tutto un unico e terrificante mosaico narrativo, di cui i pezzi, a onor del vero, ho avuto il grande piacere di riattaccare durante tutta la durata del gioco. Certamente, e lo avevo detto anche prima, non tutto però funziona a dovere.
Alcune scelte di scrittura in Layers of Fear mi sono sembrate meno a fuoco e più forzate di altre, così come non tutti i passaggi risultano ugualmente interessanti e in particolare la storia del secondo capitolo “originale” mi ha convinto molto di meno rispetto alla prima, ma nel complesso l’esperienza offerta da Bloober Team è decisamente interessante.
Se siete appassionati di horror psicologici che giocano con la mente, il gioco può ipnotizzarvi con quelle atmosfere angoscianti e asfissianti, da cui è impossibile non rimanere stregati e ipnotizzati, fino a diventare praticamente “schiavi” di quella insaziabile voglia di scoperta e di conoscenza.
E, lasciatemelo dire, per quanto forzato, il modo con cui i due racconti sono stati in qualche modo fusi tra di loro mi ha complessivamente soddisfatto, al netto delle difficoltà oggettive nel far funzionare la commistione di due linee narrative quasi completamente sconnesse tra di loro. Da questo punto di vista, ho trovato perfettamente calzante anche la gestione del contenuto aggiuntivo The Final Note, che offre una nuova visione degli eventi e un nuovo punto di vista sugli eventi. Questo contenuto extra, apparentemente marginale, aiuta invece a chiudere il cerchio, a unire i puntini e a rendere tutto un po’ più chiaro.
Alla ricerca della verità su PS5
La nuova veste di Layers of Fear non ha alterato il DNA ludico della produzione. Sul piano strutturale, infatti, il gioco si conferma un’avventura in prima persona basata fortemente sull’esportazione, sul puzzle solving, e perché no, su un po’ di vecchio e sano backtracking.
Facendo leva sulla necessità e sul desiderio dei protagonisti di esplorare in maniera più o meno attiva i propri ricordi, che prendono forma in contesti che fanno proprio della trasposizione fisica dei propri pensieri i loro punti di forza, che diventano col passare delle ore di gioco sempre più “minacciosi” e fisicamente presenti.
Layers of Fear, da buon survival con connotati evidenti da avventura grafica, anche in questa nuova veste limita l’interazione al minimo, con un sistema di mappatura dei tasti molto scarno in cui manca anche un inventario o comunque un qualcosa per controllare note, documenti e dati in tempo reale.
Il fulcro di tutto Layers of Fear rimane l’esplorazione, la bravura nell’osservare e di non sottovalutare mai alcunché, anche considerando che, spesso, gli indizi importanti possono essere davanti ai propri occhi e non vederli.
I fattori di maggiore interazione, riguardano, ad esempio, l’allontanamento degli spettri, che nel primo capitolo avviene tramite l’utilizzo della lanterna e del fuoco, il simbolo primordiale dell’ancestrale dolore che attanaglia la mente del protagonista.
Il secondo capitolo prova ad aggiungere qualche elemento di interazione extra, con l’obiettivo di aumentare il coinvolgimento del giocatore. Ne consegue un’esperienza meno guidata e più “attiva” in cui gli enigmi sono più numerosi e in generale il coinvolgimento sembra sensibilmente maggiore, ma nel complesso devo ammettere che ho apprezzato maggiormente lo stile produttivo del primo capitolo.
Oltre a una buona dose di spirito di osservazione, il gioco richiede anche una buona prontezza di riflessi e una capacità comunque importante nel riuscire a tenere traccia delle aree di gioco, che spesso e volentieri giocano col giocatore, mutando la loro forma e struttura per metterlo volutamente alle strette.
Bloober Team ha svolto un buon lavoro in tal senso, ha saputo creare un’intelaiatura semplice ma al contempo funzionale e appagante quanto basta, che rende l’esperienza di gioco nel complesso molto godibile e mai frustrante e sono convinto che, trattandosi di un titolo del genere, il gioco vale perfettamente la candela.
Strati di terrore… e di bellezza
Da un punto di vista tecnico, estetico e soprattutto sensoriale, questo nuovo Layers of Fear fa decisamente un’ottima figura. L’Unreal Engine 5 riesce a spingere l’avventura verso nuove vette qualitative, soprattutto, appunto, sotto il profilo della qualità audiovisiva.
La struttura generale delle aree è stata lasciata fondamentale intatta, ma la loro costruzione è stata, è il caso di dirlo, totalmente restaurata. Partendo dai modelli poligonali di oggetti, corpi, persone e bambole (capirete il perché molto presto), che sono stati fortemente potenziati e resi decisamente più attuali, a fare veramente la differenza sono fattori come l’illuminazione e in generale tutta l’effettistica che ruota intorno alle ambientazioni.
In primis, voglio fare un grande plauso a Bloober Team nell’utilizzo dell’HDR su questo “nuovo” Layers of Fear. Il modo in cui la tecnologia è stata utilizzata ha saputo dare un vero e proprio tocco di classe a tutta l’infrastruttura, soprattutto considerando la scelta dei produttori di affidarsi a una palette cromatica audace e vivace, al netto del setting e della natura della produzione.
A fare voce la voce grossa è anche e soprattutto il sistema d’illuminazione. L’utilizzo del Ray tracing e in particolare della tecnologia Lumen è veramente pregevole, almeno su PS5, e i giochi di luce generati dalla tecnologia rendono la navigazione delle splendide ambientazioni ancor più affascinante.
In particolar modo, ho apprezzato non poco i passaggi negli ambienti in cui la luce esterne si avvertiva con meno decisione, cosa che ha saputo generare dei fronti contrasti tra il chiaro e lo scuro che hanno reso il quadro generale un vero e proprio quadro in movimento.
Ho apprezzato tantissimo anche l’effettistica sui particellari di Layers of Fear. Il fuoco, ad esempio, un elemento molto importante nel gioco, ha una resa veramente imponente, e sono molto colpito dalla scelta degli sviluppatori di puntare forte su questo aspetto del gioco. Anche il sonoro contribuisce attivamente all’immersività del gioco. Il doppiaggio e la scelta del campionamento dei volumi è veramente eccellente e anche la colonna sonora, arrangiata dal compositore Arek Reikowski riesce ad aggiungere un tono ancor più cupo e angosciante a tutta l’avventura.
Anche sul piano della stabilità il gioco è decisamente valido. D’accordo, lo ammetto, ho dovuto archiviare subito la modalità Qualità perché rendeva il movimento fin troppo pesante, ma con la stessa velocità mi sono subito lasciato convincere dalla fluidità e della precisione della modalità Prestazioni, che non ha avuto praticamente alcun’incertezza, salvo in piccoli e sporadici frangenti.
Infine, il supporto al DualSense di Layers of Fear. L’ho trovato molto “easy”, ma comunque in grado di fare un buon lavoro. Il feedback dei battiti si avverte bene impugnando il controller, così come l’audio che si può avvertire nel microfono del controller è veramente intrigante e aumenta non poco l’effetto sorpresa e inquietante di cui il gioco è, ovviamente, pregno.
Layers of Fear, nella sua nuova veste, è un titolo che reputo praticamente imperdibile per gli appassionati del genere. Tralasciando sporadici bug e alcune limitazioni di gameplay che potrebbero scoraggiare una piccola fetta d’utenza, il prodotto di Bloober Team è ancora più affascinante, inquietante e stimolante, e vi condurrà in un viaggio nelle profondità della mente umana e della sua fragilità.
Certo, probabilmente la qualità delle due storie è un po’ altalenante, così come ho trovato alcuni cliché del genere sin troppo evidenti, ma nel complesso mi sono sinceramente lasciato trasportare con grande fervore dalla loro potenza narrativa e dalla capacità di sapere entrare nella mente del giocatore in una maniera a dir poco intima e violenta, oggi come e più di qualche anno fa.
Layers of Fear RECENSIONE | Praticamente imperdibile
Layers of Fear in versione next-gen arriva sul mercato con diverse novità importanti. Tralasciando il totale restyling grafico, elaborato grazie alle maggiori possibilità offerte dall’Unreal Engine 5, il nuovo Layers of Fear arriva sul mercato con una nuova protagonista che ha il compito di legare insieme i racconti dei due capitoli originali, fondendoli con la sua storia, in un mosaico narrativo sempre più inquietante e complesso.
Layers of Fear, nella sua nuova veste, è un titolo che reputo praticamente imperdibile per gli appassionati del genere. Tralasciando sporadici bug e alcune limitazioni di gameplay che potrebbero scoraggiare una piccola fetta d’utenza, il prodotto di Bloober Team è ancora più affascinante, inquietante e stimolante, e vi condurrà in un viaggio nelle profondità della mente umana e della sua fragilità. Certo, probabilmente la qualità delle due storie è un po’ altalenante, così come ho trovato alcuni cliché del genere sin troppo evidenti, ma nel complesso mi sono sinceramente lasciato trasportare con grande fervore dalla loro potenza narrativa e dalla capacità di sapere entrare nella mente del giocatore in una maniera a dir poco intima e violenta, oggi come e più di qualche anno fa.
Pro
- Grande lavoro in termini di gestione dell'illuminazione e degli effetti in generale
- Atmosfera sempre più cupa e angosciante
- Un pacchetto solido, che include tutti i contenuti dedicati alla serie
- L'aggiunta della scrittrice è molto interessante...
Contro
- ...ma un po' banale e poteva essere sfruttata meglio
- Il secondo capitolo, come nell'originale versione, rimane inferiore al primo
- Poche novità effettivamente rivoluzionarie