L.A. Noire: The VR Case Files – Recensione
Con L.A. Noire: The VR Case Files, Los Angeles torna a tingersi delle fosche tinte del noir. E’ da poco terminata la Seconda Guerra Mondiale e siamo nuovamente chiamati a vestire i panni dell’agente Cole Phelps, testimoni di una carriera lampo costruita su omicidi e delitti.
Sono passati sei danni da quando Team Bondi ci ha fatto dono di una delle punte di diamante della narrativa videoludica, un’esperienza graffiante in grado di lasciare il segno e rimanere impressa a fuoco nella mente del giocatore. Oggi Team Bondi non esiste più e “Whore of the Orient“, sequel spirituale di L.A. Noire, giace cancellato nel dimenticatoio.
Rockstar Games decide di proporre una riedizione in realtà virtuale di una selezione di casi del gioco originale: nasce così L.A. Noire: The VR Case Files. Dei sette casi proposti, i primi tre fungono da mero tutorial per imparare le dinamiche basilari d’indagine e combattimento; i reali casi da risolvere tutti da soli sono solo quattro.
In e Out
Una volta incarnato Cole, dovremo scegliere tra due bislacchi sistemi di movimento tramite i quali muoverci lungo le scene del crimine. Nel primo caso useremo una sorta di teleport verso la direzione scelta, come negli altri titoli usciti di recente (Fallout VR e Doom VFR), se non fosse che Cole si muoverà verso la destinazione facendoci uscire dal suo corpo come fossimo degli spettri che lo stavano possedendo. Questa fastidiosa ed insensata trovata viene replicata durante i filmati, in cui la prima e la terza persona si alternano senza soluzione di continuità.
La seconda scelta di movimento ci vedrà impegnati nel simulare la corsa agitando le braccia lungo i fianchi, a seconda dell’intensità del movimento e della pressione di un tasto, ci muoveremo più o meno velocemente (questa simpatica trovata era già stata applicata in altri titoli in realtà virtuale come Gorn e Vindicta). Questa modalità non sarà sempre disponibile: in alcuni casi il gioco ci costringerà ad optare per il teletrasporto.
Grand Theft Auto VR
Il movimento tra una scena del crimine e l’altra ci vedrà alla guida della velocissima volante della polizia. Basterà girare la chiave per avviare il motore e zigzagare tra le vie di una Los Angeles brulicante di vita. Questa forse la parte più riuscita di L.A. Noire: The VR Case Files: sembra che Rockstar Games abbia voluto elargire un assaggio di quello che sarebbe potuto essere (o che sarà?) un GTA in realtà virtuale, con tanto di pedoni litigiosi da investire. Purtroppo vestiamo i panni di un agente di polizia, quindi il furto di veicoli altrui sarà precluso, limitando il divertimento scellerato legato alla fase di guida.
L.A.P.D.!
Una volta giunti sul luogo del delitto dovremo muoverci lungo l’area alla ricerca di indizi utili per il prosieguo dell’indagine, quindi interrogheremo i sospettati secondo la tradizione di L.A. Noire: sceglieremo come interagire con testimoni e sospettati, scovando l’interazione migliore per spremere i nostri interlocutori fino al contraddirli grazie alle prove raccolte.
Il taccuino svolge un ruolo chiave nell’interazione con il mondo circostante: grazie ad esso potremo tenere traccia degli indizi, scegliere le domande e impostare la destinazione da raggiungere. Per afferrarlo e riporlo basterà interagire tramite il controller (nel nostro caso il VIVE controller) con il taschino posteriore della giacca e sfogliarne le pagine grazie all’utilizzo del trackpad.
Una volta scovato il colpevole del crimine dovremo trascinarlo nella sala interrogatori per strappargli una confessione, basandoci sulle nostre prove: osservando le espressioni facciali alla ricerca dei tanto cari sintomi di nervosismo e insicurezza sapremo quando colpire, schiacciando il criminale grazie a una sana provocazione o alla solidità degli elementi in nostro possesso. Confessata la malefatta, il manigoldo sarà arrestato e potremo goderci la valutazione del caso, un voto espresso in base alla nostra abilità nella risoluzione.
L.A. Noire: The VR Case Files sembra più che altro una demo costruita in maniera incerta, un tentativo di Rockstar Games di insinuarsi nel panorama VR con il minor sforzo possibile. Il passaggio senza soluzione di continuità dalla prima alla terza persona è senza dubbio un grossolano errore che perfino gli indie game pionieri del genere non hanno commesso. Più che una selezione di casi, sembra sia stato consumato un delitto che vede il cadavere di L.A. Noire smembrato in pezzi e gettato al pubblico. La guida sconsiderata per le strade di Los Angeles è senza dubbio l’unico elemento riuscito, ma non giustifica la spesa di 30 euro.
Pro
- Il fascino di L.A. Noire
- Divertentissimo sistema di guida
Contro
- Edizione mutilata
- Passaggio dalla prima alla terza persona immotivato
- Prezzo troppo alto per una demo