Kona – Recensione
In Kona siamo nel gelido e innevato Canada, chiamati a vestire i panni di un navigato detective, che da perfetto forestiero svolgerà il più classico degli incarichi legati al suo mestiere: svelare il mistero dell’omicidio del suo datore di lavoro e districarsi in un fitto arazzo di indizi intrisi di paranormale. Una bufera avvolge impietosa il villaggio sulle rive del lago Atamipek, tutti (o quasi) i suoi abitanti sono scomparsi, e l’investigatore che interpretiamo, accompagnato dall’inseparabile voce fuori campo di un narratore onnisciente, viene coinvolto in un incidente stradale.
Al nostro risveglio, feriti e intirizziti dal freddo, saremo chiamati a trovare tutto il necessario per accendere un falò e curare i nostri acciacchi. Saranno proprio le fonti di calore a scandire i nostri spostamenti da un rifugio all’altro: assieme all’immancabile barra della vita, in Kona spicca la barra del calore. Ogni istante passato tra le intemperie, ovvero appena messo il naso fuori da ogni rifugio, la barra del calore inizierà l’inesorabile conto alla rovescia che ci condurrà a una prematura morte per ipotermia.
Ma che freddo fa
Per accendere un fuoco non basterà schiacciare qualche bottone davanti a camini o cerchi di pietre predisposti, sarà necessario possedere tutti gli oggetti della ricetta, in un semplicissimo sistema di crafting che farà da sfondo a ogni meccanica d’interazione complessa all’interno di Kona. Vista la premessa, ci si aspettava una sorta di survival in cui la scarsità di risorse e il gelo imperante l’avrebbero fatta da padrone, tuttavia le risorse sono inspiegabilmente abbondanti, tanto che una volta smascherato il sistema di maniche larghe, siamo andati ad accendere a cuor leggero ogni falò a portata di fiammifero, senza mai terminare le risorse a esso correlate.
Driving around
L’inventario ha un limite di peso massimo trasportabile, ma potremo conservare gli oggetti più pesanti nel cofano della nostra vettura e recuperarli in ogni momento. L’automobile ha un ruolo chiave durante l’esperienza di gioco offerta da Kona: spostarsi tra una casa e l’altra sarebbe impensabile a piedi, viste le lunghe distese di nulla ammantate di bianco che finirebbero per ucciderci durante il più breve degli spostamenti. Il sistema di guida è semplice e funzionale, relegato al mero spostamento dal punto A al punto B, dimentichiamoci sequenze di fuga o inseguimenti rocamboleschi a bordo della nostra vettura, non è questo il titolo idoneo.
Superate le brevissime cutscene iniziali avremo l’intera (escluse aree speciali) mappa di gioco esplorabile a nostro piacimento, starà a noi scegliere da dove iniziare l’esplorazione del villaggio di Atamipek e quali location visitare per prime: la sensazione che permane una volta affrontato questo modello esplorativo è simile alla piacevolezza della ricomposizione di un puzzle non troppo complesso. Ogni luogo visitato sarà permeato da lettere rivelatrici dell’identità dei padroni di casa e dei loro crucci, mentre in alcuni casi avremo delle vere e proprie visioni paranormali riguardanti gli ultimi momenti di vita dei malcapitati. In men che non si dica avremo ben chiara l’identità di ogni abitante di Atamipek e lentamente inizieremo a ricostruire gli avvenimenti delle ultime ore.
Un arsenale mortale
Nel nostro intirizzito peregrinare raccoglieremo un ragguardevole numero di armi: martelli, accette, pistole e fucili con relative munizioni. Trovata la prima arma, rigorosamente da corpo a corpo, ci saremmo dunque aspettati il primo duro confronto contro una delle creature dei ghiacci, invece di scovare un nemico abbiamo tuttavia passato le successive dieci ore di gioco a raccogliere antidolorifici e cure. Ebbene, fino a poco prima della fine del gioco abbiamo combattuto solamente con due esili e spelacchiati lupacchiotti, che sono stramazzati in terra dopo appena un paio di martellate.
I ragazzi di Parabole hanno confezionato un prodotto graficamente godibile nella sua semplicità, dove l’esile qualità dei modelli 3D viene mascherata da giochi d’ombre convincenti in grado di trasportare nel giusto avventuroso mood. La colonna sonora è stata partorita dalla folk band quebecckese CuréLabel, nelle baite sono presenti un’infinità di radio pronte a trasmettere no stop i loro pezzi, davvero godibili.
Sembra chiaro che Kona si possa quasi collocare tra i “Walk Simulators”, visto che tutti gli elementi che offre al di fuori del genere sono poco più che meri accessori, nel mal riuscito tentativo di acquisire un’identità nel gameplay, finendo tuttavia per offrire meccaniche mal pensate e poco approfondite. La narrazione risulta convincente e coinvolgente per la maggior parte dello svolgimento dell’iter narrativo, per perdersi nel paranormale a un passo da una conclusione che avrebbe potuto rivelarsi brillante. La scarsa longevità e l’ottimo mood d’ambientazione si supportano a vicenda riuscendo a catturare per le circa 10 ore di durata dell’avventura.
Pro
- Ambientazione immersiva
- Mood coinvolgente
Contro
- Finale claudicante
- Scarsa longevità
- Difficoltà mal calibrata