Knack – Knack
Siamo fortunati noi che apparteniamo a quelle generazioni che sono cresciute con Crash Bandicoot, Jak & Daxter, Ratchet & Clank, Rayman e Spyro; abbiamo assaporato il successo delle mascotte Sony, che a ogni console, dalla prima PlayStation fino alla sua terza rinascita, ha saputo ricreare una colonna portante, un successo dal quale ripartire e con il quale vincere sulla concorrenza. Fomentata anche dalle diatribe interne tra Insominac e Naughty Dog, la nostra gioventù è progredita con sani valori e non ci siamo lasciati sconvolgere da uno Sly Cooper o da qualche altro platform sporadico propostoci.
Ora, con l’arrivo della PlayStation 4, avremmo dovuto osare richiedere un rispetto della tradizione, un platform al lancio che potesse rispettare l’andamento del recente passato. Invece, purtroppo, ci è stato proposto Knack. Già dalle prime prove all’E3 di Los Angeles avevamo avuto modo di testare la poca consistenza del prodotto, ma una volta analizzato ci siamo resi conto che un debutto del genere è una autentica zappa sui piedi.
Ho ucciso un goblin, è nato un nano
L’assalto di queste creature alla stirpe umana è avanzato: i giganti bu stanno razziando l’intero mondo conquistando avamposti, armi e armature che potrebbero permettere loro di vincere la guerra. I massimi sistemi della potenza economica e intellettiva umana si riuniscono per trovare una soluzione, finché uno scienziato, il Dottore, decide di non rivelare la propria scoperta. Si chiama Knack, una cellula trovata in una grotta sotteranea capace di creare un’orbita di frammenti intorno a sé attirandoli e inglobandoli. Dopo un test contro i robot meccanici di Viktor, cupo personaggio che all’inizio si presenta come alleato dei buoni, si decide di mandare il protagonista in battaglia contro i Goblin per sfruttarne le capacità.
Per quanto la trama non sia il punto forte di un platform, ci troviamo costretti a notare numerosi buchi ed errori a dir poco elementari. Nell’assalto all’avamposto dei mostri, dopo che i Nostri sono stati accerchiati dai nemici e sembrano in fin di vita, Knack è chiamato a circumnavigare l’intera struttura per cogliere alle spalle l’avversario, ma durante il tragitto si troverà la strada sbarrata da Viktor, chiaro doppiogiochista, improvvisamente e senza motivo alcuno si è liberato dalla morsa dei Goblin. Nei minuti successivi, durante il salvataggio del Dottore e degli alleati, il personaggio prima citato è nuovamente tra i catturati che richiedono il vostro intervento. Un esempio molto banale e anche immediato, ma che vi spinge a far capire quanta superficialità è stata inserita nella sceneggiatura del prodotto: come si suol dire, bastava portare a casa il finale, non importa come.
A suon di pugni alla cieca
È nella pochezza del gameplay che Knack dà il peggio di sé. Alle numerose presentazioni del titolo, da giugno fino a oggi, avevamo avuto modo di dire che il platform di debutto di Sony era una fusione tra Katamary Damacy e Crash Bandicoot: dal primo prendiamo la capacità di assorbire oggetti durante il nostro percorso, diventando sempre più grandi e più potenti, dal secondo, invece, il percorrere strade in profondità colpendo tutti i nostri avversari e raccogliendo cristalli per le mosse speciali. Detto così sembra un successo su larga scala perché la software house sarebbe riuscita a coadivuare due prodotti di largo successo e spessore in una sola produzione, ma c’è da fare degli accorgimenti. A Katamaray Damacy ha sicuramente rubato la capacità descritta in precedenza, ma quando il protagonista riesce ad inglobare i frammenti aumenterà la propria statura, la possibilità di essere colpiti e soprattutto rallenterà i movimenti.
Posto quest’aspetto passiamo a sottolineare anche la scarsa varietà di attacchi messi a disposizione di Knack. Principalmente il tasto azione sarà uno solo, ovvero il quadrato, con il quale potrete colpire i vostri avversari con un pugno. Tale mossa può variare nel caso in cui vi troviate sopra l’avversario o saltando, comunque farete meno danni di un pugno sapientemente assestato. Nel proseguimento dell’avventura avremo la possibilità di raccogliere dei veicoli e lanciarli in aria contro delle astronavi, ma tutto sempre con il medesimo bottone. E’ molto semplice essere colpiti, in questo caso denotiamo anche un bilanciamento per niente ben riuscito dell’intera esperienza videoludica. Una freccia di un avversario a volte ci ucciderà in un sol colpo, altre ci farà leggermente un graffio, rendendo impossibile qualsiasi strategia. Interessante l’aspetto sorpresa, indubbiamente, ma altrettanto frustrante quando dovrete ricominciare per l’ennesima volta la partita per essere morti. Sì, perché il prodotto non conosce il termine checkpoint e può sembrare un controsenso perché da tempo, nel rispetto degli hardcore, ci lamentavano dell’assenza della difficoltà nei giochi di oggi, ma stavolta si è davvero esagerato, soprattutto calcolando che potremmo morire dopo un sol colpo fronteggiando una vistosa schiera di avversari armati di martelli, frecce, boomerang e bombe esplosive.
Si cerca, quindi, gloria nei collezionabili, per poter dare anche un senso al visitare e centellinare l’ambientazione, che resta una delle più spoglie della recente storia videoludica sia per interazione che per arredamento. Anche in quest’aspetto lo sviluppo sembra essere pronto a prendervi in giro: gli scrigni sono nascosti in delle pareti che dovrete abbattere con la vostra forza, facilmente riconoscibili da crepe, ma ognuno conterrà il primo pezzo di nuovo gadget. Vi troverete a raccogliere, per i primi quattro degli undici livelli a disposizione, dei frammenti e collezionabili che continueranno ad aumentare in lista senza mai riuscire a completarne uno. Nulla di soddisfacente, insomma. Vani, infine, i tentativi di trasformare il protagonista con dei frammenti di ghiaccio e simili, mantenendo statico il gameplay, il che appiattisce ulteriormente l’intera produzione.
L’impotenza ambientale
Arriviamo quindi all’analisi che più ci interessa, ovvero quella del comparto grafico, grande novità della PlayStation 4. La modellazione non deve assolutamente esaltarci in maniera eccessiva: siamo dinanzi a delle forme da cartoon, quindi nulla di reale o che deve riproporre la realtà. Il prodotto è comunque convincente perché anche il più inutile degli avversari si ritrova a essere ben caratterizzato, così come il protagonista, un insieme di frammenti che durante la sua massima espansione richiede non solo precisione di movimento, ma anche di composizione. Il lato negativo è rappresentato, però, dalla scenografia che abbiamo già avuto modo di criticare poc’anzi: è spoglia, ripetitiva e per niente ispirata. Avremo tre ambientazioni principali nelle quali districarci e tutte ci lasceranno l’amaro in bocca, senza esaltare o dare sfogo alla nostra voglia di platform. Un altro aspetto poco piacevole è l’aver deciso di impedirci i movimenti più atletici e più spericolati: dinanzi a un lungo salto, che avremmo potuto benissimo compiere da noi, partirà un evento scriptato e un filmato di pochi istanti che risolverà per noi il problema. Stessa cosa davanti a una parete da scalare o altre situazioni ambientali simili: non potremo mai agire, ma semplicemente restare a guardare impotenti.
Indubbiamente delude anche l’essersi ritrovati, nel 2013 e con una PlayStation 4 a vostra disposizione, di fronte a una scarsa densità dei poligoni. Se attaccherete una parete che non può essere distrutta, la oltrepasserete con i vostri colpi: interpolazione a caso, che stende la densità.
Altro aspetto poco appagante è il sonoro: la soundtrack è davvero monotona e stantia, senza capacità di adeguarsi al momento e accompagnarci nell’avventura. Il motivetto continuerà identico per tutta l’esperienza, senza mai dare segni di alti e bassi, andante o moderato. Nulla. Nessuna ispirazione e nessun tentativo di appassionare il videogiocatore. D’altro canto, però, il doppiaggio non è assolutamente da denigrare, anzi la resa italiana del prodotto è sicuramente ben realizzata.
Knack, rumore poco confortante
Insomma non ci vuole moltissimo per capire che il titolo ci ha delusi sotto tutti gli aspetti. Non è il platform che speravamo di poter avere e non è l’esperienza con la quale volevamo avviare la nostra strada nella next gen. Il game design subisce un pesantissimo colpo assestato da uno dei pugni del protagonista, che, alla cieca, colpisce senza problemi e con poco spettacolo, nonostante lo slow motion che accompagna alcune nostre uccisioni, del tutto fuoriluogo. La pochezza stilistica e l’incapacità di proporre un prodotto vario che fornisca al videogiocatore almeno due mosse, non cento, per fronteggiare l’avventura riescono a terminare ogni buon proposito di iniziare la next gen con aria rinnovata. La frustrazione la farà da padrone perché quando vi troverete a morire contro l’ultimo goblin del segmento, non essendoci alcun modo di recuperare l’energia persa e i frammenti raccolti vi hanno reso gigante e lentissimo nei movimenti, tornerete dall’inizio dell’ultimo checkpoint inserito a caso. Saprete già che il vostro controller non avrà vita lunga.