Kingdom Come Deliverance 2 Recensione
Il viaggio in compagnia di Kingdom Come Deliverance 2 si è rivelato più complesso, difficile e, allo stesso tempo, ricco di quanto pensassi (leggine nel mio provato). La nuova avventura di Henry, che abbiamo imparato a conoscere già nel primo capitolo della serie di Warhorse Studios, è un vero e proprio vortice di micce narrative, che sfociano negli aspetti più delicati della società dell’epoca con grande forza autoriale e, perché no, con genuina brutalità.
Se dovessi inquadrare il progetto in maniera più circoscritta, potrei definire questo KCD2 come un vero e proprio viaggio di formazione, che va di pari passo con la crescita costante e palpabile di un protagonista sempre più narrativamente ed emotivamente coerente e credibile. L’aspetto narrativo rimane, dunque, un caposaldo anche di questo secondo capitolo, a cui viene abbinato un impianto ludico decisamente più ricco rispetto a quello del suo predecessore.
Tuttavia, al netto del grande lavoro svolto nel limare alcune delle dinamiche meno godibili del primo capitolo, Kingdom Come Deliverance II si conferma un gioco “pesante”, certamente non adatto a tutti e ancor più di nicchia rispetto al capitolo del 2019. Non che sia un difetto vero e proprio, certo, ma ho trovato il lavoro svolto nel cercare di rendere l’esperienza un po’ più user friendly riuscita soltanto a metà. Ciononostante, Kingdom Come Deliverance II riesce a migliorare e ad espandere la formula del suo predecessore quasi in toto, seppur rimanendo vincolato in uno schema ludico ben preciso.
Kingdom Come Deliverance 2 – Un viaggio inaspettato
Uno degli aspetti più apprezzati del primo Kngdom Come Deliverance, ovviamente, è quello narrativo. La storia o, per meglio dire, LE storie che hanno accompagnato il viaggio di Henry hanno saputo coinvolgere e appassionare, per la loro credibilità, la loro spietata brutalità e quella sensazione continuamente a metà tra il drammatico e il comico di alcune situazioni.
KCD2 parte proprio da queste solidissime basi, e le migliora in toto, portando sugli schermi un racconto, un mondo di gioco e in generale tutta una gigantesca ragnatela narrativa, di primissimo livello. Ancora una volta, ovviamente, il giocatore veste i panni di Henry, anche se in alcuni frangenti (senza fare spoiler) è necessario prendere possesso di altri personaggi per comprendere e vivere tutte le sfaccettature di un racconto che ha veramente tanto da dire.
Giocando a Kingdom Come Deliverance II si ha la sensazione che il mondo di gioco sia vivo e pulsante, si muove intorno, e indipendentemente, dal peso specifico del protagonista, che però stavolta riesce a ritagliarsi uno spazio diverso da quello del “comprimario” di lusso. Henry, comunque, rimane un personaggio fondamentalmente “umano”, con tutti i suoi limiti, ed è proprio questo che rende l’esperienza così romantica, unica. In questo secondo capitolo il viaggio di Henry si espande, si libera dei vincoli del primo racconto, e diventa un viaggio più libero, più ampio.
Ciò, ovviamente, si ripercuote sulla qualità della narrazione, che si apre con possibilità ben maggiori. Durante l’avventura è infatti possibile vivere avventure uniche, anche quasi casualmente, e la scrittura riesce a risultare sempre coerente e ben organizzata, per rendere il viaggio coerente e allo stesso tempo interessante e mai banale. A tal proposito mi piace sottolineare come le storie secondarie riescano a essere sempre molto più che un contorno o un riempitivo e, anzi, contribuiscono attivamente a impreziosire quella che è una storia medievale con tutti i crismi, tra intrighi, tradimenti, morte e tanta paura.
La maledizione dell’erede
La scelta di impostare il gioco come sequel diretto ha esposto, a mio parere, Warhorse Studios a diversi rischi, alcuni dei quali anche pesanti. Non è mai facile replicare un successo, a maggior ragione quando questi arriva in modi inaspettati. Il team di sviluppo ha dichiarato, sin da subito, di voler creare, in KCD2, un prodotto in forte continuità con il titolo precedente, anche e soprattutto sul piano storico e narrativo.
La missione è sicuramente riuscita, anche perché tramite alcuni espedienti ludici e tecnici, come flashback e simili, il gioco riesce a rendere partecipi della nuova avventura anche quelli che, magari, si avvicinano alla serie per la prima volta, ignorando il capitolo del 2019. Non è facile, certo, in questi casi riuscire a provare la stessa empatia e le stesse emozioni, a mio parere, ma nel complesso il lavoro fatto per rendere l’esperienza a portata di tutti è decisamente riuscito.
Kingdom Come Deliverance 2 parla, ancora una volta, di morte, di guerra, di redenzione e vendetta, ma si concentra in maniera intelligente su tematiche meno importanti, più “futili” e lo fa con grande naturalezza e con grande velocità, che garantisce dei cambi di ritmo a tutta l’esperienza decisamente repentini e piacevoli. Il sequel offre uno spaccato più ampio del mondo di gioco, e va a unire puntini più grossi, che vanno al di là della sfera personale di Henry, tanto da mostrarsi come un racconto più complesso, ma nondimeno vincente.
Vivere il videogioco, liberamente o quasi
La grande forza di Kingdom Come Deliverance II è la libertà. Superata la fase iniziale, decisamente pesante e dai ritmi molto lenti, anche a causa di un quantitativo di tutorial numerosi e ingombranti – ma assolutamente necessari – è possibile trovarsi per le mani un prodotto ricco come non mai di possibilità, ludiche e narrative. Così come nel primo capitolo, e ora anche di più, la curva di apprendimento va di pari passo con l’evoluzione di Henry e con il passare delle ore, cosa che, ovviamente, spezza un ulteriore lancia in favore del “realismo”.
In apertura, del resto, ti parlavo di “un viaggio di formazione” e mai termine si adatta di più all’impostazione ludica di questo KCD2. Henry, d’altronde, è un personaggio “umano”, come vi ho già detto più volte, e come tale ha il bisogno di tentare e ritentare, anche sbagliando, per imparare a fare bene le cose, e ciò si riversa sulle mani del giocatore. Prendere dimestichezza con la forgiatura, con lo scassinamento e via dicendo non sarà un’impresa facile, mai, ma una volta imparato a padroneggiare una delle varie discipline otterrete grandi vantaggi, oltre a tantissima soddisfazione personale.
A dare un senso ancora maggiore a tutto ciò è la scelta di associare a questa impostazione ludica un sistema di progressione naturale e automatico, un po’ come visto in Skyrim. Una determinata “skill”, un talento, aumenta provando e riprovando in quella specifica area di competenza, anche sbagliando e fallendo gli approcci. Ciò si estende sia alle abilità fisiche che a quelle culturali e sociali: quest’ultime le ho trovate molto più impattanti e importanti sull’economia del gioco, anche perché spesso e volentieri si rivelano utilissime per evitare di dover passare alla forza bruta e dover per forza sguainare la spada.
Chiaramente, il motivo è molto semplice: il sistema di combattimento del gioco, per quanto incredibilmente più reattivo e rifinito rispetto a quello del primo capitolo, rimane comunque molto tedioso, fin troppo legnoso e squisitamente “tecnico”. Il gioco si basa su un sistema di parate e deflessioni direzionali, ma la gestione dei tempi degli attacchi e in generale le animazioni che accompagnano il viaggio di Henry (si avverte meno, ovviamente, nei panni del “secondo protagonista”) non riescono a trasmettere quella giusta fluidità per dare un feedback più preciso e meno pesante.
La forza delle parole
Il sistema di combattimento, per cosi dire, rimane uno dei punti deboli dell’esperienza. È un problema? Sì e no, anche perché, giocando, preferirete quasi sempre usare le parole per poter proseguire nelle varie quest. A proposito di quest, Kingdom Come Deliverance II offre al giocatore un numero spropositato di quest, principali, secondarie e non solo, tutte affrontabili, per l’appunto, nel modo in cui si preferisce.
Chiaramente, tutto si lega al livello di ogni abilità di Henry. Se si vuole superare un ostacolo evitando di combattere è necessario avere abilità persuasive elevate, una buona parlantina, insomma, e spesso diventano necessarie anche per superare determinati step delle missioni principali. Per quanto sia tutto molto realistico e interessante, ho trovato però alcune di queste scelte forzate e rendono l’esperienza di gioco un po’ troppo pesante, almeno, come dicevo poco sopra, nelle prime fasi.
Tutta la prima parte dell’avventura risulta, a essere onesti, quasi volutamente spiazzante, a tratti scoraggiante. Henry, nonostante non sia più soltanto il semplice figlio del fabbro, continua ad avere -anche giustamente – tante debolezze e questo sequel, anche considerando le diverse aggiunte in termini di gameplay, risulta una sorta di tabula rasa delle azioni del primo capitolo, almeno sul piano delle possibilità effettive del protagonista.
KCD2 però, come ho già detto, eredita e migliora quasi in toto l’esperienza del primo capitolo e col passare delle ore il tutto diventa decisamente più gestibile. Nell’insieme, comunque, rimane un gioco dal livello di sfida piuttosto elevato, anche quando si prova a superare le difficoltà in modi diversi dal combattimento. Il modo in cui le abilità di Henry migliorano è comunque tangibile, in tutti i sensi. Ed è un bene, anche perché ricordo che il gioco non offre un selettore di difficoltà e ha un sistema di checkpoint – per quanto più generoso del suo predecessore – non esattamente morbidissimo, che potrebbe portarvi a qualche game over di troppo.
Meraviglie medievali e dove trovarle
Il mondo di Kingdom Come Deliverance II è lo specchio perfetto del panorama storico-culturale – della società dell’epoca, anche sul piano estetico e audivsivo. Le scelte di design, la stessa raffigurazione degli abiti, dell’oggettistica in generale nelle case, la povertà generale che si abbatte sulla popolazione in contrasto con la ricchezza dei signori e dei benestanti, è una sorta di dicotomia costante, anche e soprattutto sul piano estetico.
Quello svolto con Kingdom Come Deliverance è un lavoro tecnicamente molto valido, che prende fortemente le distanze dal lavoro decisamente meno entusiasmante svolto, sotto questo punto di vista, con il primo capitolo (ma le possibilità erano anche diverse, in tutti i sensi). Come ho già avuto modo di spiegarvi nell’anteprima, ho provato Kingdome Come Deliverance su PC e, al netto di una GPU non di primissimo pelo (una 3070) ho potuto godere di un impianto tecnico di ottimo livello.
Il lavoro svolto sulla creazione di un mondo di gioco enorme, smisurato, non ha pesato più di tanto sulla qualità generale, che ha saputo regalare scorci memorabili, panorami unici, in cui proprio la bellezza estetica si va a contrapporre con l’oscurità dei temi trattati. Mi ha colpito, in particolare, la pulizia e la qualità dell’immagine delle silhouette dei corpi, accompagnati da un ottima gestione dell’illuminazione e dei riflessi, che vanno di pari passo con un’ottima resa delle animazioni facciali, che rendono più autentico il lavoro svolto nel creare un immaginario sempre più credibile.
Una Boemia più autentica
Ho apprezzato parecchio la qualità dell’immagine, in generale, anche grazie all’utilizzo di shader e particellari molto validi. Trattandosi di un titolo così immersivo, una resa audiovisiva più solida ha saputo rendere il fattore immersività ancor più imponente, e devo ammettere che, molto spesso, mi sono divertito a perdermi all’interno di un mondo di gioco creato veramente ad hoc.
Lo scotto da pagare è quello di dover rinunciare a dettagli su elementi più “marginali”, come alcune texture degli ambienti esterni, come la vegetazione, ma il risultato complessivo è comunque più che positivo. La versione PC del gioco offre una buona quantità di opzioni grafiche tra cui scegliere, proprio per venire in contro alle esigenze di tutti i giocatori. Non mancano comunque bug, come compenetrazioni, ritardi nei caricamenti delle texture e via dicendo, ma siamo comunque di fronte a un lavoro di buon livello.
Mi hanno convinto tantissimo anche le animazioni. Per quanto legnoso, il sistema di moto di Kingdom Come Deliverance II risulta comunque molto credibile e scorrevole, e si avverte chiaramente anche nelle situazioni più concitate. Chiaramente, però, rimane un prodotto con tanti punti poco smussati e “sporchi”, ma è comunque un grosso passo avanti rispetto al suo predecessore anche sul piano tecnico. Il sonoro è molto valido, la soundtrack e il doppiaggio sono di livello elevatissimo e danno il giusto supporto alla produzione.
Kingdom Come Deliverance II si conferma un progetto ancor più esteso e interessante del suo predecessore, con cui però condivide molti di quegli elementi spigolosi che l’hanno caratterizzato. Certo, il secondo capitolo si mostra decisamente più “moderno” e al passo coi tempi, ma il target finale è comunque quello di un titolo fondamentalmente ancora, e come non mai, da nicchia, non per tutti. Ho apprezzato comunque molto tutte quelle aggiunte sul piano ludico e mi sono sinceramente immerso in una storia ancor più ampia e matura del primo capitolo. Peccato, però, che la gestione dei ritmi delle missioni non è sempre brillante e molti momenti sono fin troppo pesanti, ma siamo comunque di fronte a un titolo impossibile da non apprezzare, soprattutto per gli appassionati del genere e per chi ha amato il primo Kingdom Come Deliverance.
KINGDOM COME DELIVERANCE 2 è un viaggio inaspettato | RECENSIONE
Il viaggio in compagnia di Kingdom Come Deliverance 2 si è rivelato più complesso, difficile e, allo stesso tempo, ricco. La nuova avventura di Henry, che abbiamo imparato a conoscere già nel primo capitolo della serie di Warhorse Studios, è un vero e proprio vortice di micce narrative, che sfociano negli aspetti più delicati della società dell’epoca con grande forza autoriale e, perché no, con genuina brutalità.
Kingdom Come Deliverance II è un viaggio unico, meravigliosamente imperfetto.
Pro
- Esperienza di gioco sempre più autentica e libera
- Tanti passi avanti rispetto al primo capitolo sotto quasi tutti gli aspetti
- Tecnicamente lodevole, soprattutto sul piano artistico
- Soundtrack memorabile
Contro
- Sistema di combattimento sempre legnoso
- La parte iniziale dell’avventura è scoraggiante e frustrante
- Alcune dinamiche di gioco sono troppo complesse da padroneggiare