Killzone – Recensione Killzone
Recensione a cura di: leonhart85
Anche su PS2 c’è vita per gli sparatutto!
Per anni la PS2 non ha potuto vantare dalla sua uno sparatutto degno della sua fama e, se si esclude la saga di Timesplitters e un paio di titoli mediocri, sembrava che la situazione non potesse cambiare. Il 2004 segna invece l’esordio di questa saga, sviluppata interamente da un team europeo, che è stata definita dai più (e a torto) la risposta di Sony alla Microsoft e alla sua punta di diamante Halo. Niente di più sbagliato, in quanto Killzone propone un approccio totalmente diverso dal suo “rivale”, ponendo l’enfasi su una sporca guerra di fanteria combattuta con armi di tutti i giorni e senza quella serie di caratteristiche che fanno di Halo un titolo non propriamente “realistico”…
Non si può certo dire che Killzone non sia uno sparatutto, ma la sua appartenenza a tale genere risulta quantomeno forzata: impressione che scaturisce dalla necessità di doversi soventemente riparare dal fuoco nemico per evitare un prematuro “game over”, aspetto che potrebbe far storcere il naso ai puristi del genere. Pur tuttavia il titolo del neonato team olandese non va sottovalutato, anzi, rappresenta un buon banco di prova per coloro che da anni si lamentano per l’eccessiva facilità dei videogiochi…
La pazienza è la virtù dei forti
Difficoltà che, purtroppo, deriva soprattutto dalla scelta della macchina su cui far girare Killzone; non un comunissimo PC, da sempre impiegato per i titoli più blasonati di questo genere (amato in tutto il mondo, se si esclude il Giappone…), ma una povera PS2, la quale è quasi sempre stata snobbata per via di limiti non suoi. L’assenza di un mouse si nota parecchio, anche se il Dual Shock non lo fa rimpiangere in maniera eccessiva.
Potrebbe far discutere invece la scelta, voluta, di non aprire il gioco con una fase di tutorial che illustri i vari comandi: man mano che si procede con la vicenda un messaggio sul lato superiore dello schermo informerà il giocatore della possibilità di usare un determinato tasto per eseguire un’azione specifica. Decisione coerente con lo spirito del gioco, poco incline ai compromessi e attento a far pagare anche il più piccolo errore…
L’uso delle levette analogiche (la sinistra per muoversi, la destra per mirare e spostare la visuale) necessita di un certo lasso di tempo in cui, tra headshot mancati e morti non previste, lo sconforto potrebbe prendere il sopravvento. Bastano però un paio d’ore per impratichirsi con i comandi di gioco, ed è a questo punto che Killzone inizia a regalare soddisfazioni. La voglia di realismo si evince anche e soprattutto dalla risicata probabilità di centrare il bersaglio; a differenza di altri titoli, dove può bastare il perfetto allineamento del mirino con il corpo del nemico, in Killzone influiscono anche la scelta dell’arma da utilizzare e del personaggio.
Come nella realtà, il rinculo gioca un ruolo fondamentale anche se, è bene precisare, è possibile ridurre tale coefficiente scegliendo oculatamente l’accoppiata arma-personaggio. E’ vero che alcune di esse garantiscono eguali risultati, a prescindere da colui che le maneggia, ma è altrettanto vero che un fucile ISA o un fucile Helghast può essere sfruttato al meglio solo se in mano a qualcuno che lo utilizza da tempo. Inoltre, tale esperienza va ad incidere anche sul numero massimo di munizioni che potranno essere impiegate; di conseguenza è preferibile dotarsi dell’armamento più consono e non basarsi solo su fattori come la potenza o la gittata.
Ovviamente, l’assoluto realismo cui vuole tendere Killzone si riflette anche sul numero massimo (tre) di armi che è possibile portare in spalla. Purtroppo, questa scelta (per quanto giusta possa essere…) va a cozzare con una altrettanto discutibile: tale numero è fisso e indipendente dalla natura delle armi in dotazione. E’ possibile trovarsi in situazioni durante le quali si maneggiano un coltello e due pistole, ed altre in cui avvalersi di un lanciagranate, un lanciamissili e un mitragliatore. Tale mancanza da parte degli sviluppatori va ad aggiungersi all’impossibilità di osservare gli effetti dovuti al peso delle armi trasportate durante il tragitto. Che si utilizzino coltelli, fucili o lanciagranate, la velocità dei soldati sarà sempre la stessa, così come la resistenza… Un vero peccato…
Trattandosi di uno sparatutto non possono mancare le granate, ma il loro numero massimo è talmente basso da consigliare il loro impiego solo in situazioni di affollamento. Inoltre, a differenza delle armi normali, per lanciarle viene utilizzato un tasto diverso, così come per il fuoco secondario. Per quasi tutte le armi è prevista, infatti, una seconda modalità di fuoco, accessibile mediante pressione di un terzo tasto; tale modalità non è assolutamente da scartare e può risolvere parecchie situazioni, anche le più intricate.
Infine, menzione d’onore per il fucile da cecchino, capace di dare del filo da torcere anche al più dotato degli appassionati: nessuna arma presente in Killzone riesce ad essere così instabile, tanto è vero che una semplice pressione della levetta analogica sposterà il mirino più di quanto non faccia con le altre armi. Imperdonabile errore o lodevole scelta? La risposta ai videogiocatori…
Il nodo di Helghan
Un comparto narrativo di qualità non è solitamente una prerogativa per un buono sparatutto, ma Killzone non è da meno anche da questo punto di vista. Non ci si deve aspettare un intreccio da Oscar, ma quello proposto dai Guerrilla può soddisfare i più, lasciando adito a possibili speculazioni sul prosieguo della storia. Ci si ritrova catapultati in un futuro non troppo lontano, in una civiltà per la quale i viaggi interplanetari sono ormai una consuetudine.
I terrestri si sono riuniti nell’International Strategy Alliance, in arte ISA, con lo scopo di colonizzare i pianeti della galassia e insediarvi dei coloni. Sfortunatamente un gruppo di dissidenti con metodi al limite del nazismo, gli Helghast, decide di operare per conto proprio e si insedia su Helghan. Tuttavia l’atmosfera che attanaglia il pianeta causa malformazioni e morti a catena, ed è solo con lo scorrere del tempo che l’organismo si abitua al nuovo ambiente, rendendo gli Helghast una razza geneticamente superiore. Ciononostante il pianeta rimane un luogo di miseria e disperazione, facendo sfociare le ostilità tra Helghan e la Terra nella cosiddetta prima guerra di Helghan, dalla quale escono vincitrici le forze terrestri.
Il vuoto di potere che ne consegue determina l’abbandono del popolo a se stesso, il quale rimane in attesa di un leader che lo possa riunire. L’arrivo del carismatico Scolar Visari accende una speranza negli Helghast, i quali decidono di accordare la fiducia ad un uomo che promette loro di riscoprire l’antica forza nel giro di dieci anni, e soprattutto lavare nel sangue l’onta precedentemente subita. Mentre su Helghan inizia il riarmo, l’ISA appronta un nuovo sistema di difesa orbitale, la piattaforma SD, in modo da arginare qualsiasi tentativo di disturbo alla pace nella galassia. Questa rete, secondo il generale Vaughton, dovrebbe impedire agli Helghast di penetrare nello spazio intorno al pianeta Vekta, ma improvvisamente qualcosa va storto…
Mentre le navi Helghast si avvicinano indisturbate a Vekta, il comandante della stazione spaziale orbitante, il generale Adams, tenta di aprire il fuoco contro di esse, ma un errore nel sistema causa il fallimento dell’operazione e dà il via all’invasione del pianeta. Mentre si cercano le cause che hanno portato al guasto della piattaforma SD, le esigue forze ISA dislocate su Vekta tentano disperatamente di arginare l’avanzata degli Helghast, in attesa di un insperato quanto tardivo intervento da parte del governo terrestre…
In pratica Killzone inizia da qui, mettendo il giocatore nei panni del soldato della Forza di Reazione Rapida (RRF), il fulcro delle forze di resistenza ISA, Jan Templar. Nel corso delle missioni che dovrà affrontare (in totale 11), Templar dovrà districarsi negli anfratti più remoti del pianeta, alla ricerca di una spia che sembra sia al corrente dell’identità dell’hacker che ha manomesso i computer della stazione spaziale. Nel corso della vicenda ci si troverà di fronte altri personaggi, i quali accresceranno il cast di Killzone in modo da garantire una libertà che il gioco in sé non offre. All’inizio di ogni livello sarà infatti possibile scegliere tra una rosa di 4 personaggi, ciascuno dei quali con le proprie peculiarità.
Templar è il classico soldato tutto d’un pezzo, e guida il gruppo dall’alto del suo grado e del rapporto d’amicizia con il generale Vaughton. L’ufficiale ombra Luger, l’unica presenza femminile del gioco, è dotata di un visore a raggi infrarossi che le permette di vedere anche al buio, ed è anche l’unica a sapersi infilare nei cunicoli più stretti. Rico è un soldato regolare con un forte desiderio di vendetta nei confronti degli Helghast, ma non è capace neanche di salire le scale a causa della sua mole: questo difetto viene però attenuato da una difesa eccezionale che gli permette di assorbire i colpi infertigli con maggiore facilità. Infine vi è Hakha, un operativo sotto copertura con sembianze da Helghast, di cui invece non si conoscono pregi e difetti…
La scelta del personaggio incide non poco sullo svolgimento dei vari livelli e sul raggiungimento degli obiettivi prefissati: prediligendo Luger, infatti, il gioco tenderà ad apparire come uno stealth game in piena regola, con soldati da sgozzare silenziosamente e stretti passaggi da attraversare. Inoltre il numero dei nemici sarà inferiore al normale, in modo da non penalizzare a priori un personaggio invece di un altro: purtroppo questo, unito al fatto che è possibile ricominciare tutti i livelli, non fa di Killzone un titolo longevo, se ci si limita a considerare la sua componente offline…
Chi è il vero nemico?
Killzone, sfortunatamente, non riesce a proporre al videogiocatore un’esperienza videoludica soddisfacente, parzialmente rovinata da una trama che ha ben poco da offrire una volta completata. Una certa varietà per quanto riguarda il level design, unita alla possibilità di ricominciare tutti i livelli fino a quel momento conclusi, non basta a sopperire a quella che è, purtroppo, una delle note dolenti di uno sparatutto: la durata della trama principale. La struttura a binari favorisce in qualche modo l’immedesimazione del giocatore, ma annulla di conseguenza ogni tentativo di esplorazione delle location, davvero ben realizzate. Se si esclude qualche marginale variazione nel tragitto, la strada da percorrere è sempre la stessa, così come la disposizione dei nemici.
Una volta completato un livello con un determinato personaggio sarà molto più facile ripeterlo, anche se ciò non preclude affatto la possibilità di cadere in battaglia. Correre come dei forsennati non è mai una buona strategia, in quanto gli Helghast dimostrano di essere abbastanza svegli e reattivi sulla lunga distanza. Ripararsi dietro un muro e affacciarsi di tanto in tanto permette invece di ottenere risultati migliori; questa tattica attendista risulta vincente, poiché permette di ricaricare parzialmente la propria energia e di limitare i danni. Di contro, negli attacchi corpo a corpo (eseguibili con un coltello, con il calcio della pistola e via discorrendo…) gli Helghast figurano alquanto titubanti, denunciando scarsa capacità di reazione e autorizzando il giocatore a usare la fantasia per sbarazzarsi del nemico…
Fortunatamente non tutti gli Helghast sono uguali: si va dal classico soldato di fanteria munito di equipaggiamento standard al generale corazzato armato di tutto punto, ma studiando i loro punti deboli è possibile eliminarli con relativa semplicità. E’ doveroso ribadire, tuttavia, che un’ottima padronanza dei comandi di gioco rende quasi ininfluenti tutte queste considerazioni, ma chi dovesse trovare Killzone un titolo deludente sotto questo aspetto può sempre ripiegare nell’agguerrita comunità online. Ed è qui che il gioco guadagna tantissimi punti: gli scenari sono piuttosto ben fatti e ricalcano in tutto e per tutto quelli realizzati per l’avventura principale, ma ciò che soddisfa maggiormente sono le modalità di gioco.
La possibilità di usare il microfono per la chat vocale e il numero piuttosto elevato (16) di giocatori aggiungono pepe alle sfide online, certamente più appaganti di una partita in singolo. La scarsa intelligenza dei comprimari (i quali non possono mai morire, per ovvie ragioni, ma si defileranno nel caso subiscano eccessivi danni…) diviene un lontano ricordo, a tutto vantaggio di coloro che possono usufruire di una connessione a banda larga e un adattatore di rete.
L’atmosfera è tutto, ma…
Uno degli aspetti più contraddittori di Killzone è l’atmosfera che sa regalare al videogiocatore: purtroppo, come spesso accade, ad un’offerta tanto elevata corrisponde un relativo rammarico per ciò che si poteva implementare e/o migliorare. Come già detto in precedenza, le locazioni sono realizzate splendidamente, manifestando tutta la bravura dei programmatori olandesi, ma si ha l’impressione che davvero troppo tempo sia stato speso per il pianeta Vekta. La sensazione di “esserci” è palese, ma gli imperdonabili errori tecnici e i frequenti rallentamenti fanno pensare che probabilmente sarebbe stato più corretto concentrarsi sull’ottimizzazione del codice, piuttosto che sulla rifinitura della veste grafica.
I modelli dei personaggi sono davvero ben fatti, ma la scelta di applicare diversi livelli di texture fa trapelare una certa inesperienza da parte dei ragazzi di Guerrilla, rei di aver sfruttato male l’hardware PS2. Se a ciò si aggiungono le frequenti compenetrazioni di poligoni (senza voler spendere qualche parola sulle morti degli Helghast, davvero aberranti…), ci si rende conto di quanto poteva essere realizzato e non è stato. Infine, è doveroso sottolineare come risultino poco credibili le animazioni e il comportamento dei vari soldati: non è francamente accettabile che ci si avvicini a un compagno dell’ISA che ci stava aspettando e lasciarlo lì, in attesa che finisca il suo saluto, mentre sarebbe stato più realistico vederlo seguire il proprio capitano e, magari, ammonirlo per non averlo saputo aspettare…
Lasciando da parte le dolenti note, è giusto passare agli aspetti positivi di Killzone. Quando viene citato per la sua atmosfera, molto probabilmente ci si riferisce non solo alla superba grafica, ma anche dal realistico sonoro. Le riproduzioni delle armi sono buone e ricalcano in tutto e per tutto quelle dei giorni nostri, così come i carri armati nemici che è possibile affrontare nel corso della vicenda. Se si volesse proprio essere pignoli, si potrebbe disquisire sull’impossibilità di guidare i mezzi pesanti ma, considerando che su Vekta le forze ISA sono mal preparate rispetto agli invasori, non c’è da stupirsi di questa decisione.
L’unico “lusso” che possono concedersi Templar e la sua squadra è l’utilizzo delle postazioni mitragliatrici sparse nei vari livelli. Le occasioni per utilizzarle sono però poche, oltre al fatto che ad una cadenza di fuoco notevole si contrappone una precisione alquanto deficitaria. Conviene perciò ripiegare sulle armi standard, anche se alcune di esse non sono certo tra le più comuni: basti pensare all’arma di Rico, un mastodontico fucile con una rapidità di fuoco inaudita e un certo numero di missili a supporto. Gli effetti sonori si apprezzano maggiormente se si dispone di un impianto audio degno di tal nome, ma anche con una semplice TV è possibile ammirare l’ottimo operato degli olandesi, i quali hanno assoldato l’orchestra filarmonica di Praga per realizzare il tema del gioco.
Effetti che si aggiungono a quei piccoli particolari che rendono l’esperienza di gioco piuttosto interessante, come la nuvola di fumo che si forma in seguito al lancio di una granata, oppure i frammenti di cemento che si staccano dalle pareti e i vetri che si spezzano. Non esiste però una totale interazione con l’ambiente circostante, in quanto ben poche sono le cose che è possibile colpire, come le macchinette dell’acqua, oppure i corpi dei nemici che scompaiono dopo un po’ di tempo. Si potrebbe attribuire la colpa di tali lacune alla limitata capacità della RAM della PS2, ma l’uscita di titoli analoghi aventi queste caratteristiche farebbe supporre il contrario….
In sostanza, Killzone non riesce a mantenere tutte le promesse fatte nel corso dello sviluppo del gioco. Troppi sono i difetti per questo titolo, che certamente deluderà coloro che avevano creduto di trovarsi di fronte il miglior sparatutto della PS2. Di certo un ottimo titolo, ma le sue innegabili qualità possono passare in secondo piano se ci si aspetta un prodotto rifinito e completo. Tuttavia l’uscita di un seguito (oltre a Killzone Liberation per PSP…) su PS3 e le informazioni finora fornite dagli sviluppatori lasciano ben sperare, augurando un futuro ricco di soddisfazioni a questa nuova saga.