Job Simulator: The 2050 Archives – Recensione
Difficilmente un gioco di simulazione riesce a essere “divertente”: le azioni da compiere, la macchinosità, la lentezza sequenziale di ogni singolo comando ricordano troppo la “vita vera”. Ciò non significa che non esistano persone in grado di passare decine, centinaia di ore davanti un simulatore di volo con cockpit in cirillico: le eccezioni esistono e va anche detto che i simulatori possono far vivere esperienze che il “comune cittadino” difficilmente potrebbe provare nel suo quotidiano. Per quanto proseguendo con l’esempio precedente, è assai improbabile che una persona qualunque, anche se laureata, intelligente e di cultura, riesca anche solo ad accendere i motori del proprio aereo russo digitale.
I simulatori sono quindi prodotti indirizzati più verso un pubblico di nicchia, ma che in quanto “zoccolo duro” riesce a garantire una sicurezza alle vendite. Questa realtà è vacillata nel corso degli ultimi anni con l’avvento dei non-simulatori, titoli il cui scopo è “parodiare” i veri giochi di simulazione, presentando situazioni folli e spesso accompagnate da comandi volutamente imprecisi e contorti. Esempi sono Goat Simulator e Surgeon Simulator, entrambi prodotti di enorme successo per vendite e popolarità.
Let’s Job!
Job Simulator: The 2050 Archives può a sua volta esser definito come un non-simulatore, per quanto non raggiunga gli estremi deliranti di altri titoli e si collochi in una comoda via di mezzo. Scopo del gioco, ambientato in un futuro governato dalle macchine, è quello di far sperimentare a un essere umano cosa provassero i suoi avi nello svolgere alcune attività lavorative ormai ritenute “preistoriche”. Ed è qui che si mostra la genialità dell’idea dietro Job Simulator: i robot non sono in grado di comprendere le maniere e le abitudini della specie umana, dunque le simulazioni da loro create altro non sono che riproduzioni caricaturali di alcune mansioni, fondate su stereotipi comportamentali e classisti.
Il meccanico “pulirà” il serbatorio di una macchina con dello zucchero per vederla tornare qualche giorno dopo e sostituirà le targhe dei veicoli senza far domande; il cuoco creerà torte e minestre con gli ingredienti più disgustosi, facendo sparire le infestazioni dentro gli impasti; l’impiegato triterà denaro sporco e inquietanti registri infernali contenenti i bilanci dell’azienda; il cassiere ingigantirà i prodotti in vendita con un macchinario ipertecnologico, facendo l’impossibile per gonfiare la lista della spesa dei propri clienti. E la lista di esempi potrebbe continuare.
Ogni impiego avrà circa una quindicina di incarichi da svolgere, completabili sia seguendo pedissequamente le “istruzioni per umani” gentilmente offerte o lasciando viaggiare la fantasia, ad esempio rifornendo una macchina da corsa con un mix di energy drink e salsa piccante oppure offrendo un cactus (con tanto di vasetto di terracotta) come specialità della casa.
Big Bot is watching you
Il fatto che ogni azione del giocatore, per quanto irriverente o pericolosa, non porti conseguenze negative è giustificabile dal contesto non-simulativo in cui il protagonista si trova a operare: i robot, ignoranti su come le cose funzionassero nel passato, hanno infatti creato delle riproduzioni comicamente imprecise.
Dal punto di vista del gameplay però, questo rende il gioco di una facilità spiazzante, annullando qualunque percezione anche minima, di sfida. Va sicuramente tenuto in considerazione che Job Simulator sia classificato come PEGI 3, ma questo non dovrebbe escludere automaticamente la semplice possibilità di sbagliare.
Tecnicamente parlando, il titolo garantisce un’esperienza fluida e piacevole; giocabile solo tramite visore per realtà virtuale e due controller di movimento. I comandi sono semplici e reattivi, con solo qualche colpo di tosse nel caso di oggetti posizionati particolarmente in basso e/o in profondità. Gli ambienti sono realizzati con cura, pieni di particolari e di elementi con cui interagire e torturare i poveri (ro)Bot e, per la felicità dei più pigri, è giocabile anche comodamente seduti.
Un simulatore ironico, e costoso
Nonostante lo stile colorato e “giocattoloso”, i dialoghi di Job Simulator sono brillanti, irriverenti, in grado di far sorridere anche i giocatori più stagionati, Purtroppo la mancanza di una localizzazione italiana potrebbero renderli incomprensibili a chi non possiede una più che buona conoscenza dell’inglese, dato che molti di essi saranno basati su giochi di parole e termini non esattamente scolastici.
Altro elemento che potrebbe far tentennare gli acquirenti è il prezzo del software: distribuito gratuitamente il 5 Aprile in concomitanza con il rilascio di HTC Vive, Job Simulator è distribuito su Playstation Store al costo di 28,49 Euro. Un prezzo non da poco, considerando che il titolo, per quanto divertente, può essere completato al 100% in meno di 4 ore e offre una rigiocabilità quasi nulla.
Job Simulator è la dimostrazione che un gioco di simulazione può essere ironico ma anche maturo e di buona fattura. La difficoltà inesistente, per quanto contestualizzata e giustificata, potrebbe far storcere il naso tanto quanto il prezzo non trascurabile; si tratta comunque di un titolo che merita un’occasione nel caso si possegga un visore per realtà virtuale e si senta, ogni tanto, il bisogno di svagarsi un paio d’ore senza troppo impegno.
Pro
- Battute brillanti
- Graficamente gradevole
- Buona interazione con l'ambiente
- Per i trophy hunter è un must buy
Contro
- Non conoscere l'inglese dimezza il divertimento
- Poco longevo, poco rigiocabile, ma costoso
- "Il fallimento non è un'opzione"
- Poca o nessuna reattività da parte degli NPC