Into the Breach – recensione
In un mondo post-apocalittico dove giganteschi mostri alieni chiamati Vek minacciano l’ormai esigua popolazione della Terra, l’umanità ha affidato la sua ultima linea di difesa a dei mech in grado di combattere alla (quasi) pari contro le mostruosità provenienti dal sottosuolo. A ogni sconfitta non corrisponde la fine del genere umano, i nostri eroi possono infatti saltare in un’altra linea temporale e provare nuovamente a battere il noemico. Se il setting di Into The Breach vi ha fatto gridare “Kaiju!” senza motivo, non vi preoccupate, non siete i soli!
Into the Breach è uno strategico a turni disponibile per PC e caratterizzato da una gradevole grafica in pixel art. Le mappe, realizzate in una griglia otto per otto, sono molto più piccole di quelle di uno strategico medio; l’esiguità delle dimensioni di queste non deve spaventare i più avvezzi al genere in quanto ognuna di esse può presentare diverse interessanti variabili: dal terreno ghiacciato che può essere danneggiato per far sprofondare i nemici (o i mech che avrete lasciato incautamente sulla casella), fino alle caselle inondate che renderanno la mappa ancor più striminzita.
Uno dei punti di forza del titolo è proprio la creazione randomica delle mappe e degli obiettivi secondari che, se portati a termine con successo, garantiscono punti spendibili per nuovi mech, piloti o equipaggiamento personalizzabili anche attraverso il reperimento ingame di capsule contenenti tecnologie dal futuro.
Il richiamo di Front Mission di Super Nintendiana memoria e di XCOM riecheggia fortemente nel gameplay: considerando l’invidiabile fattura dei titoli risulta giustificabile e perfettamente adeguata la ripresa in Into the Breach di quegli elementi chiave che ne hanno fatto la fortuna.
L’obiettivo principale per il prosieguo del gioco è il mantenimento delle tacche di energia presenti nella sezione Power Grid: l’esaurimento delle suddette porta infatti al Game Over. L’eliminazione dei nemici porta all’ottenimento di punti esperienza che conduce i piloti (sempre che non vi muoiano sul più bello come è successo a chi vi scrive) all’aumento di livello e all’acquisizione di nuove abilità.
Il corretto posizionamento è la chiave di volta di questo gioco: attaccare a testa bassa i numerosi Vek che fuoriescono dalle profondità della Terra porta infatti a una sonora quanto rapida sconfitta; spesso capiterà di sacrificare un mech o di rimanere a protezione di una struttura e prendere in pieno l’attacco del nemico per prevenire la perdita di un preziosissimo punto energia.
Il fattore fortuna è quasi assente poiché fin dall’inizio del turno il giocatore sa dove gli insettoidi andranno a colpire: spostando infatti uno dei Vek in seguito a uno dei nostri attacchi, il ripugnante nemico alieno continuerà a eseguire l’attacco programmato sempre nella stessa direzione, attaccando quindi una casella vuota od occupata da un altro Vek. Starà quindi all’abilità tattica del giocatore e al suo posizionamento efficace annientare l’attacco dei Vek o perlomeno fare in modo che gli attacchi portino meno danni possibili. Nelle svariate occasioni in cui la schermata Game Over apparirà sui nostri monitor non ci saranno quindi accuse alla sfortuna, solo un errato posizionamento o un attacco lanciato troppo avventatamente saranno le cause della sconfitta.
Volendo trovare un difetto all’ultima opera di Subset Games bisogna ammettere che la storia non meriterà premi per l’originalità. Per il writing del titolo il dinamico duo Subset ha chiesto aiuto a Chris Avellone, co-founder di Obsidian Entertainment. Il buon Avellone non sembra però essere andato oltre il cosiddetto compitino questa volta, pescando a piene mani da pellicole hollywoodiane quali Pacific Rim ed Edge of Tomorrow.
Discorso completamente differente per il compositore Ben Prunty che, dopo l’ottimo lavoro già svolto in Faster Than Light, ha confezionato una colonna sonora adeguata alle atmosfere del titolo, mai invasiva o stonata.
Into the Breach è un ibrido tra uno strategico puro e un tower defense che, con un gameplay che pesca a piene mani dai classici del genere, è in grado di fare una piccola rivoluzione tra gli indie strategici, proprio come il precedente titolo di Subset Games aveva compiuto nei roguelike. Andando infatti ad aggiungere meccaniche roguelike a una giocabilità classica ma al tempo stesso innovativa, questo titolo si candida a nuovo metro di paragone per i futuri titoli strategici. Consigliato caldamente a tutti gli amanti del genere.
Pro
- Rigiocabilità ottima
- Colonna sonora ispirata
- Gameplay classico e innovativo al tempo stesso
Contro
- Storia non proprio da Oscar