Innocent Eyes – Recensione Julia: Innocent Eyes – Parole non dette
Fa sempre un certo effetto mettere mano su un videogioco e sapere che è stato prodotto in Italia. Il nostro "bel paese" non è certo conosciuto per la sua prolificità nel campo, e di quel poco che non è solo frutto di lavori amatoriali (quindi escludiamo indie games come l’ormai noto BOH) ancora meno ha riscosso successo. La nostrana software house Artematica è madre di avventure grafiche tratte perlopiù da fumetti, e Julia: Innocent Eyes – Parole non dette , primo episodio di una trilogia, non è da meno.
Il cattivo di turno mostrato già nell’introduzione
Videogiochi d’autore
Julia è una professoressa di criminologia negli Stati Uniti dei giorni nostri, che si vede impegnata nel collaborare con la polizia per risolvere un misterioso caso di omicidio avvenuta la notte di Halloween in una casa di periferia. Il fumetto a cui il gioco si ispira è opera Giancarlo Berardi, e a sottolineare maggiormente la sua natura sono presenti sequenze di intermezzo disegnate, per l’appunto, come un fumetto. Lo scopo, come in ogni avventura grafica, è risolvere enigmi esaminando gli ambienti e raccogliendo oggetti utili da usare a seconda della necessità: in questo caso ovviamente tutto ruota intorno all’esame della scena del crimine. L’unica peculiarità del titolo riguarda la possibilità di poter cambiare il personaggio in uso e utilizzare i loro cellulari per comunicare reciprocamente scoperte e informazioni.
Uno screenshot del gioco in tutto il suo "splendore"…
Gioco corto, recensione corta
Non c’è molto altro da aggiungere per descrivere Julia, in quanto tutto ciò che offre è già stato elencato e quello che vi prospettate a leggere è, purtroppo, una lunga serie di demeriti. Partiamo dalla grafica: texture poco definite, pochi poligoni, quasi totale assenza di rendering dinamici; è difficile gradire qualcosa di così retrogrado ai giorni nostri, sebbene possa essere comunque accettabile all’occhio umano. Ciò che è deprecabile è rappresentato da una discreta quantità di bug, specialmente per quanto riguarda le animazioni – bocche ferme mentre i personaggi parlano, teste che si muovono indipendentemente dal corpo, texture che spariscono, oggetti che seguono in ritardo il movimento dell’arto che li impugna… Non si salva nemmeno il comparto audio, con un doppiaggio talvolta privo di qualsiasi emotività ed effetti sonori talvolta senza senso – sentire una pistola 9mm emettere il rumore di una carabina è ridicolo.
Parliamo del gameplay vero e proprio: raramente abbiamo assistito a un’avventura grafica dove con così tanti oggetti da raccogliere che si rivelassero totalmente inutili, ed inoltre non c’è quasi nessuna interazione con essi: spesso e volentieri il semplice raccoglierli risolve la situazione, dato che non ne è richiesto l’uso – sorvoliamo su una fase legata a un cane la cui risoluzione è slegata da ogni senso logico. Ma il vero odio nasce nel giocatore mentre si destreggia nel muovere il personaggio: è necessario tenere premuto il pulsante sinistro per correre, e ciò non sarebbe un problema se non fosse che le telecamere sono impostate malissimo e costringono a click continui a bordo schermo. In alcuni ambienti è possibile ruotare liberamente la telecamera intorno al personaggio, cosa che non risolve la situazione e che anzi costringe il giocatore a rotazioni continue per non trovarsi costantemente davanti punti ciechi che non permettono ne il controllo del personaggio ne l’osservazione della stanza.
Veniamo ora al punto davvero critico della recensione, messo alla fine ma che ne penalizza l’intera struttura: il gioco dura un’ora. Sì, avete letto bene. Se giocato con interesse difficilmente ci metterete più di un’ora a concluderlo. Ciò che rende il tutto ancora più assurdo è che si sia scelto di dividere in tre capitoli un gioco di una durata così misera e per il cui stesso prezzo potete procurarvi titoli completi che durano infinitamente di più.
Ecco Julia. No, non è sotto effetto di stupefacenti.
Fallimento critico
Non c’è giustificazione per ciò a cui abbiamo assistito. Un gioco modesto, realizzato in maniera mediocre, di una durata patetica. Se solo ci fosse stata la decenza di fare un unico gioco invece che dividere tutto in tre capitoli…