Hellblade: Senua’s Sacrifice – Recensione
Dopo un lungo periodo di sviluppo, Hellblade: Senua’s Sacrifice ha debuttato su PlayStation 4 e PC lo scorso 8 agosto, ricevendo il plauso del pubblico e della critica – noi compresi, che lo abbiamo premiato come miglior titolo indipendente del 2017. Pochi giorni fa l’opera di Ninja Theory è approdata anche su Xbox One, sempre al prezzo di lancio di € 29,99.
In questa recensione ci concentreremo principalmente sulla qualità del porting, ma è opportuno premettere alcune considerazioni generali sul gioco, rimandando i lettori alla recensione sopra linkata per le questioni di dettaglio.
Hellblade: Senua’s Sacrifice è stato definito dagli sviluppatori stessi come un “indie AAA“: il titolo, infatti, si caratterizza per alti valori di produzione, ma è stato sviluppato e pubblicato in modo indipendente da Ninja Theory, il che purtroppo ha significato tra le altre cose l’assenza di una versione retail. Sul piano ludico si tratta di un banale action adventure, di quelli “dritto pe’ dritto” (per citare Maccio Capatonda, NdR), in cui il giocatore guida la protagonista Senua di stanza in stanza, risolvendo semplici enigmi ambientali (il più delle volte si tratta di ritrovare nello scenario alcune rune dipinte sulle porte) e sconfiggendo i nemici che le si parano davanti, avvalendosi di un battle system rudimentale, lontano dalle velleità di Heavenly Sword e, soprattutto, di DmC Devil May Cry.
Per aggiungere un po’ di mordente ai combattimenti, ben presto Ninja Theory mette in guardia il giocatore dal permadeath, che causerebbe la cancellazione (il condizionale è d’obbligo) dei dati di salvataggio dopo un certo numero di morti.
Ciò che rende Hellblade: Senua’s Sacrifice una grande esperienza interattiva (più che un grande gioco in senso stretto) è tutto il resto: trama, direzione artistica, recitazione, doppiaggio e colonna sonora.
L’opera di Ninja Theory è una rielaborazione in chiave norrena (con una spruzzata celtica: Senua appartiene ad una tribù pittica) del mito di Orfeo ed Euridice: la nostra eroina raggiunge Hel per strappare dalle grinfie di Hela l’anima dell’amato Dillion. Il suo è un viaggio desolante e solitario, fatta eccezione per le svariate voci che risuonano nella sua testa: la donna infatti è una gelt, una delle pazze la cui mente è stata sconvolta da una maledizione o dagli orrori della guerra.
Il suo stato di psicosi le causa continue e plurime allucinazioni uditive, che sono state rese alla perfezione da Ninja Theory grazie anche all’ausilio di alcuni luminari in materia. Consigliatissimo l’utilizzo delle cuffie, per godersi al meglio l’audio binaurale in full 3D e immergersi totalmente nelle lande desolate di Hel, operazione favorita dalla scelta degli sviluppatori di non prevedere assolutamente alcun tipo di HUD.
Ciò detto, non rimane che spendere due parole sulla qualità del port. Hellblade: Senua’s Sacrifice si presenta su Xbox One nello stesso modo in cui lo abbiamo apprezzato su PlayStation 4. Su Xbox One X sono disponibili il supporto HDR e tre impostazioni grafiche: una predilige la risoluzione e lo fa meglio della controparte per PlayStation 4 Pro, con 4k dinamico a 30 fps (piuttosto stabili); un’altra predilige invece gli effetti e risulta molto simile alla prima; una terza si concentra invece sulla fluidità, offrendo i 60 fps costanti.
Tutto il resto è identico: l’avventura (che dura circa otto ore), i trofei/obiettivi (quasi tutti legati al completamento della storia), il documentario (che contiene spoiler, per cui è consigliabile guardarlo dopo aver raggiunto i titoli di coda).
Hellblade: Senua’s Sacrifice ha già dato ottima prova di sé su PlayStation 4 e PC. In questa sede non si discute la qualità intrinseca del gioco, ma solo quella del porting, che è stato svolto con attenzione e cura per ogni dettaglio. Ora anche gli accoliti di Microsoft possono godersi uno dei migliori indie dell’anno scorso.
Pro
- Un'esperienza davvero avvincente
- Port ben realizzato
Contro
- Gameplay abbastanza rudimentale