Heavy Rain – Recensione PS4
Uscito nell’ormai lontano 2010, Heavy Rain è stato un passo importante, anzi fondamentale, di quel processo di sintesi tra videogiochi e film che diversi sviluppatori hanno perseguito. Dopo l’esordio con Omikron: The Nomad Soul e il primo ardito passo di Fahrenheit, il team francese di Quantic Dream, con David Cage alla guida, sfornò un titolo tanto ambizioso quanto significativo. Heavy Rain fu un riuscito esperimento di avventura guidata, in qualche modo erede delle avventure grafiche, con un taglio cinematografico importante.
Dopo sei anni dall’uscita nei negozi, un’accoglienza più che buona della critica e un successo commerciale di oltre tre milioni di copie vendute nel mondo, il titolo Quantic Dream torna su PlayStation 4 nella Heavy Rain & Beyond: Two Souls Collection. Dopo aver recensito Beyond: Two Souls, eccoci dunque ad analizzare la seconda parte della Collection.
N.B. Se conoscete già bene il gioco vi consigliamo di saltare direttamente al paragrafo “Porting”, dando un’occhiata magari a quello precedente per conoscere i miglioramenti grafici introdotti.
Lacrime nella pioggia
Per chi si fosse perso il titolo alla sua uscita per PS3, Heavy Rain ci immerge in una storia dalle tinte thriller con un pizzico di noir. La trama ruota attorno alla ricerca di un misterioso serial killer, chiamato l’Assassino dell’Origami; le sue vittime sono tutti giovani ragazzini attorno ai 10 anni che vengono rapiti e ritrovati alcuni giorni dopo morti annegati, con in mano un origami.
Il gioco ci mette nei panni di quattro protagonisti diversi, che per un motivo o per un altro hanno a che fare con l’indagine: Ethan Mars è il padre dell’ultimo bambino scomparso, e sarà messo alla prova dall’assassino per ritrovare e salvare suo figlio; Norman Jayden, profiler dell’FBI mandato al dipartimento di polizia per collaborare all’indagine, dovrà analizzare con perizia e metodo gli indizi per individuare l’assassino; Scott Shelby è un investigatore privato anch’egli sulle tracce del killer, ma agirà in modo più “personale” a contatto con i genitori delle vittime; Madison Paige è una giornalista freelance che vuole cercare di fare luce sul caso della scomparsa del figlio di Ethan, aiutando a modo suo con l’indagine.
La storia segue abbastanza fedelmente i canoni del genere, senza risparmiarci i temi più oscuri della società come la corruzione, la violenza, la decadenza sociale e i misteri della mente umana. I personaggi proseguiranno nella trama per strade traverse e complementari, che li porteranno più o meno direttamente a interagire tra di loro. Nonostante la storia ci guidi in modo abbastanza lineare, il destino dei protagonisti sarà dettato da determinate azioni e decisioni del giocatore, che spesso coinvolgono anche una scelta morale. Come in un film, nonostante il loro background siano lasciati all’immaginazione (fatta eccezione per Ethan), attraverso la loro caratterizzazione il giocatore si immerge efficacemente nei loro panni, interiorizzando la loro situazione e sentendoli molto “vicini”. Tramite questo accordo di narrazione guidata e scelte, ci si ritrova nella situazione in cui il giocatore “interpreta” i personaggi, ma a loro volta i personaggi riflettono in parte l’ego del giocatore. È una struttura che ricorda i vecchi librogame, che sicuramente ha i suoi limiti soprattutto a livello di approfondimento e reale libertà di azione, ma che funziona nell’intento di immergere il giocatore nella straziante avventura di Ethan Mars &Co. nella disperata ricerca contro il tempo dello sfuggente assassino.
Le uniche riserve riguardo la sceneggiatura sono costituite dall’approfondimento scricchiolante dei personaggi e da alcuni buchi di trama lasciati irrisolti una volta arrivati alla fine dell’avventura, ma niente che leda in modo lacerante l’esperienza di gioco generale.
Giocabilità immersiva
Le dinamiche di gameplay sono poco complesse e del tutto funzionali allo scopo di immergerci negli eventi che il gioco ci sottopone. Potremo muovere i protagonisti in ambienti chiusi e farli interagire con un numero limitato di oggetti, e soprattutto dovremo rispondere prontamente ai comandi indicati sullo schermo durante i Quick Time Event. Solo nei panni di Norman Jayden e i suoi fidati occhiali VR avremo qualche elemento di gameplay in più da gestire con spirito di osservazione e logica.
Il resto è tutto gestito dalla normale ed essenziale pressione dei tasti, con alcune varianti di difficoltà derivate dall’emotività del personaggio. In questo modo il gioco cerca di trasmettere parte della pressione emotiva del personaggio al giocatore. Come anticipato, potremo influire nel percorso dei protagonista grazie alla nostra bravura con i comandi e la scelta tra alcune opzioni. La somma di tutto questo (oltre ovviamente all’ottenimento dei canonici trofei nascosti nel gioco) porterà il giocatore a diversi finali, e sarà possibile tanto stanare l’assassino quanto fallire e lasciarlo a piede libero.
Il gameplay in sostanza, nel suo intento di immergere il giocatore nella storia, è decisamente minimale e pertanto limitato dal punto di vista del coinvolgimento ludico, lasciando spazio a quello narrativo.
Da segnalare alcuni problemi per dei controlli un po’ macchinosi e che spesso ci faranno litigare col joypad per eseguire anche le azioni più semplici, anche a fronte di qualche problema di prospettiva delle telecamere.
Bello come un film
Già a suo tempo, il comparto grafico di Heavy Rain ci lasciò visivamente appagati grazie a un sapiente sfruttamento delle tecniche moderne di motion capture, una ricostruzione poligonale convincente e affiancata da texture dettagliate e realistiche, e una cura ai dettagli maniacale (fatta eccezione per i modelli delle comparse NPC decisamente meno convincenti). Ma è soprattutto sul versante dell’atmosfera che riusciamo ad apprezzare il lavoro solido e ispirato di Quantic Dream. La fotografia degli ambienti e delle scene, la gestione delle luci e delle inquadrature, e l’incessante pioggia che cade sui protagonisti, accomunandoli nella narrazione dalle tonalità oscure e impietose, un elemento che evoca un’aleggiante pessimismo e senso di oppressione attraverso il quale i personaggi, pur con le loro debolezze, dovranno farsi largo grazie alla loro determinazione.
In questa versione PS4 sono stati apportati dei visibili miglioramenti tecnici. La risoluzione è passata dai 720p ai più attuali 1080p, è stata migliorata la gestione dell’illuminazione negli ambienti e durante le cutscene, è stata aumentata la mappatura delle ombre e abilitato il rendering multitraccia. Il tutto può tradursi con un semplice: il gioco è visibilmente più curato e bello da vedersi.
La straordinaria direzione artistica viene poi coadiuvata da una colonna sonora semplicemente perfetta. La potenza drammatica che trasuda dalle melodie del compositore canadese Normand Corbeil è eccezionale, e vi rimarrà attaccata come la pioggia del gioco, rievocando con poche note momenti memorabili del gioco.
Il doppiaggio italiano, benché nell’insieme non all’altezza dell’originale inglese, si attesta comunque come un buon lavoro, con una qualità di interpretazione che va dai bravi Pino Insegno (Ethan), Gianni Gaude (Scott) e Alessandro Rigotti (Norman), passando per la non convincente Claudia Gerini (Madison), e arrivando alle insopportabili voci artificiali dei bambini.
Porting
Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un porting fedele del titolo originale. Anche troppo. A parte l’aggiornamento grafico, infatti, questa versione di Heavy Rain su PS4 è fondamentalmente identica a quella uscita a suo tempo per PS3, nel bene e nel male.
Se il porting di Beyond: Two Souls quanto meno ha portato con sé qualche feature in più, tra cui una gradita schermata di riepilogo a fine capitolo delle scelte effettuate e un DLC, questo di Heavy Rain non presenta aggiunte di sorta, ed è persino assente il DLC “L’imbalsamatore” che narra un episodio prequel con protagonista Madison. È vero che sarebbe stato strano trovare delle aggiunte significative in un gioco strutturalmente chiuso come Heavy Rain, ma per una riedizione di questo tipo ci si sarebbe aspettati come minimo la presenza del DLC, oltre che la feature di riepilogo già sperimentata. A parte il lavoro sulla grafica, quindi, si ha la netta sensazione di avere tra le mani un porting piuttosto pigro da parte di Quantic Dream.