Haunting Ground – Recensione Haunting Ground
Nel campo dei survival horror Capcom è stata ed è, insieme a Konami, la software house che più delle altre ha contribuito a sdoganare il genere portandolo in trionfo presso il grande pubblico. Se l’unico obiettivo fossero state le vendite, sarebbe stato ovvio sviluppare un nuovo capitolo di Resident Evil. La casa giapponese ha invece dimostrato di avere ancora il coraggio di osare, creando un nuovo brand che di simile a RE ha solo le principali meccaniche di gioco. Basta qualche minuto con il pad in mano, infatti, per accorgersi che l’ago della bilancia di Haunting Ground pende decisamente verso la componente paurosa piuttosto che avventurosa, e il tutto non può che farci molto piacere…
Un incidente fatale
Cercando subito un paragone cinematografico, si può assimilare Hounting Ground a "Non aprite quella porta": la giovane Fiona rimane coinvolta in un incidente d’auto con i suoi genitori. Quando riacquista i sensi si ritrova a Castel Belli, in una gabbia, mentre un gigante deforme davanti a lei sta tagliando qualcosa di molto simile a resti umani. Durante il gioco accompagneremo Fiona nella sua fuga disperata dal castello, facendo la (sgradita) conoscenza dei suoi abitanti: il mostro deforme Debilitas, l’affascinante cameriera Daniella, l’incappucciato e misterioso Riccardo. Ognuno di loro nasconde macabri segreti, che scopriremo a poco a poco fino a raggiungere uno dei quattro finali disponibili (alcuni più lieti, altri davvero horrorifici).
Aggirarsi per Castel Belli soli e indifesi fa davvero venire i brividi, credeteci!
Scappa Fiona, scappa!
Come già accennato, Haunting Ground è simile a Resident Evil solo ad una prima occhiata: i due giochi condividono il sistema di inquadrature e gli enigmi incontrati durante la fase esplorativa, ma niente altro. La giovane Fiona – al contrario dei protagonisti dal grilletto facile di RE – non ha modo di difendersi, e davanti al pericolo preferisce di gran lunga scappare. E’ su queste basi che Haunting Ground sviluppa un gameplay innovativo e coinvolgente, che ci permetterà di nasconderci in ogni anfratto per sfuggire – solo temporaneamente – ai nostri inseguitori: letti, armadi, angoli bui, porte e bauli sono solo degli esempi di ripari di fortuna che potremo sfruttare durante la fuga, nella speranza che i nemici passino oltre senza accorgersi della nostra presenza.
In Hounting Ground, insomma, ci verrà principalmente richiesto di fuggire. Il che sembra anche un compito semplice, se non fosse che più tempo passerà prima di trovare un nascondiglio e più la paura di Fiona si farà insopportabile, fino a trasformarsi in un vero e proprio attacco di panico. Durante questi momenti lo schermo sarà in bianco e nero e disturbato, mentre il Dualshock tremerà all’inverosimile replicando il battito del cuore di Fiona. Come se non bastasse, la povera ragazza correrà all’impazzata sbattendo contro ogni possibile ostacolo. Non sempre risponderà ai comandi, e se non riusciremo a portarla lontano dal suo inseguitore al più presto finirà catturata e in men che non si dica sarà Game Over.
Un abbraccio del mostro Debilitas, lo scoprirete presto, è tutt’altro che affettuoso…
Difesa non convenzionale
I nemici del gioco sono solamente gli altri abitanti del castello e, al contrario dei soliti zombi, non si possono uccidere. L’unica nostra possibilità sarà rallentare la loro corsa quel tanto che basta per permetterci di trovare un nascondiglio sicuro. Per fare ciò, Fiona avrà a disposizione il migliore amico dell’uomo: Hewie, un cane dal manto bianco che avremo il piacere di incontrare dopo qualche decina di minuti di gioco, seguirà la sfortunata protagonista per tutta l’avventura. Oltre che in combattimento, si potrà utilizzare Hewie anche per la risoluzione di alcuni semplici enigmi e per recuperare determinati oggetti situati in zone altrimenti inaccessibili. Particolarmente interessante la trasposizione videoludica del rapporto con il cane: tramite lo stick analogico di destra, oltre che impartire gli ordini (seguimi, resta, attacca, e così via) sarà possibile sgridare o elogiare Hewie. Il modo in cui tratteremo il nostro nuovo amico si ripercuoterà sul suo comportamento, per cui se vorremo una sua pronta risposta nelle fasi più pericolose sarà bene complimentarsi con lui quando farà il bravo e sgridarlo quando invece di seguirci si metterà a giocherellare. All’apparenza una semplice aggiunta gestionale alla "tamagotchi", Hewie è in realtà in grado di rinnovare notevolmente il classico gameplay del genere.
Di altre armi da utilizzare, oltre ad Hewie, ce ne sono ben poche. Nell’inventario a disposizione – altra caratteristica familiare alla Resident Evil – c’è comunque la possibilità di combinare gli oggetti raccolti per ricavarne rudimentali esplosivi o combinazioni alchemiche in grado di stordire temporaneamente i nemici. Da sottolineare però come sia possibile finire il gioco ricorrendo pochissime volte a queste armi, che finiscono per essere relegate a una semplice variante da utilizzare al posto di Hewie. L’inventario sarà utilizzato piuttosto per stipare erbe medicinali e cibo per il nostro peloso amico – che, pur non potendo morire, se viene ferito gravemente da un nemico non sarà in grado di aiutarci per un certo lasso di tempo – ma per quanto riguarda le trappole esplosive o gli intrugli stordenti gli sviluppatori non hanno creato un sistema che ne incentivi l’utilizzo. Questo perchè, lo ribadiamo ancora, Haunting Ground non si gioca come Resident Evil: è sempre buona cosa evitare come la peste i pericolosi combattimenti, dandosela a gambe appena possibile.
L’unica altra azione possibile, quando si incontra un nemico, è un calcio basso da tirare premendo il tasto azione: durante le fasi di esplorazione sarà utilissimo per rompere contenitori e scovare oggetti, mentre in corsa la stessa mossa si trasformerà in uno spintone per allontanare un avversario che sbarra l’unica via di fuga praticabile.
L’aiuto di Hewie sarà fondamentale per uscire vivi da Castel Belli
Ma che bel castello…
I survival horror di Capcom sono da sempre famosi per l’eccellenza in campo grafico, e Haunting Ground non è da meno: se escludiamo qualche piccolo errore qua e là che poteva certamente essere curato meglio (del fastidioso bad clipping su tutti), possiamo notare la volontà di rappresentare su schermo un Castel Belli davvero inquietante nella sua immensità. Le varie locazioni e le texture che le ricoprono sono sempre curate, così come le ombre e le animazioni dei personaggi: Fiona cammina e si muove in modo differente in base al suo stato di salute e a quanto è affaticata (correre a lungo la stanca, e se forzata rischia di inciampare e non riesce a mantenere un’andatura veloce, anche se terrorizzata).
Le sequenze di intermezzo sono realizzate con il motore grafico in game, e la cosa è molto piacevole quando si gioca con i costumi alternativi sbloccabili dopo la fine dell’avventura: il tutto appare più coerente e fa apprezzare lo sforzo di Capcom nel creare un buon prodotto in grado anche di dimostrare cosa si può ottenere sfruttando al meglio l’hardware della Playstation 2.
Molto interessante e d’effetto anche l’apertura delle porte: se nei primi Resident Evil ogni porta portava a un caricamento – magistralmente camuffato con la suspance data dall’inquadratura della maniglia scricchiolante – Haunting Ground fa uso di un innovativo sistema che permette alla console di caricare le varie aree intorno al giocatore prima che questi le raggiunga, in modo tale che l’apertura di una porta mostri semplicemente quello che c’è al di là di essa, senza soluzione di continuità. L’assenza dei caricamenti impatta anche (e di molto!) sugli inseguimenti: fuggendo da un nemico è possibile spalancare una porta, ma così facendo gli lasceremo intendere che strada abbiamo preso. Più saggio – ma anche più lungo e pericoloso da portare a termine come compito – è chiudersi le porte alle spalle, magari sbarrandole spingendovi davanti qualche mobile. per quanto in Haunting Ground si continui a scappare, insomma, Capcom ha pensato bene di inserire un po’ di tatticità nelle fughe, che così risultano meno monotone. Nonostante ciò, gli appassionati di survival horror dall’indole più combattiva non ameranno il continuo giocare a nascondino: la meccanica di Haunting Ground si riassume infatti nell’esplorazione di una zona e nella risoluzione di qualche interessante enigma, finchè Fiona non viene scovata dal nemico di turno che la costringe a scappare in una zona già nota per nascondersi ed aspettare che quest’ultimo si allontani. Un tira e molla che, se all’inizio può essere divertente, alla lunga rischia di divenire frustrante per chi preferirebbe affrontare il nemico a testa bassa piuttosto che ripiegare sempre in ritirata.
Stare belli e buoni dietro a una porta, molte volte, è la scelta migliore
A ognuno la sua musica
Nel nascondersi, anche la parte audio gioca un ruolo assai importante. E’ sempre meglio camminare piuttosto che correre: così facendo si farà meno rumore e soprattutto si risparmieranno le energie per la fuga nel caso in cui si venisse scoperti.
Al contrario di Fiona, che deve fare di tutto per non farsi sentire, l’arrivo dei nemici sarà accompagnato da un’angosciante colonna sonora in crescendo. Saranno gli unici momenti del gioco in cui ci sarà della musica, dato che il resto del tempo saremo accompagnati dal solo rumore dei passi di Fiona e di Hewie. Interessante come gli sviluppatori abbiano deciso di identificare ogni nemico con una musica diversa che si intensifica più il mostro è vicino, sottolineando il pericolo imminente e aiutando a far salire l’adrenalina alle stelle. L’arrivo imporvviso della colonna sonora, quando prima c’erano solo silenzio e desolazione, è utilizzato spesso e volentieri per far saltare il giocatore sulla sedia, e l’effetto spavento è assicurato.
Alcune inquadrature sono davvero curate, con i giochi di luci e ombre a farla da padrone
Solo per gli amanti dell’horror?
Anche, ma non solo. Con Haunting Ground Capcom ha dimostrato di saper miscelare con maestria gli ingredienti del classico survival horror, ottenendo qualcosa di completamente diverso. Visitare Castel Belli nei panni di Fiona – e con Hewie al nostro fianco – è un’esperienza paurosa e avventurosa al tempo stesso, che solo per il geniale modo escogitato per rappresentare il terrore della ragazza sullo schermo il gioco è meritevole di essere provato. Volendo trovare un difetto, mettiamo ancora l’accento sul fatto che non tutti i fan di Resident Evil lo adoreranno: l’impossibilità di combattere e uccidere i nemici si traduce infatti in continue fasi di esplorazione e fuga che annoieranno presto i più guerrafondai. Chi è più appassionato di enigmi, invece, non resterà deluso: alcuni di quelli contenuti in Haunting Ground sono davvero ben realizzati, con un grado di sfida crescente capace di tenere incollati allo schermo fino alla fine dell’avventura. I quattro finali possibili garantiscono una certa longevità, anche se dopo la prima partita (che per i meno esperti durerà circa una decina di ore) non ci vorrano più di due o tre ore per completare il gioco. In sintesi: Capcom non delude ma stupisce, presentandoci quasi in sordina un gioco in grado di rivelarsi una valida alternativa ai brand più altisonanti e ormai consolidati.