Harvest: Massive Encounter – Recensione Harvest: Massive Encounter
Nel variopinto mondo degli indie games c’è un particolare genere piuttosto apprezzato dai più, ovvero i cosiddetti tower defense. Se fate uso di giochi Flash via browser probabilmente vi sarà capitato di provarne qualcuno: avete presente quei titoli in cui dovete impedire che i nemici attraversino un percorso definito eliminandoli con la costruzione e il potenziamento di torrette e difese varie? Harvest: Massive Encounter rientra nel genere, ma si rivela piuttosto diverso dai suoi concorrenti. Scopriamo perché.
Tutto iniziò così…
Raccogli e costruisci
La prima cosa che noterete in Harvest è che non esiste alcun percorso predefinito: venite piazzati al centro di una mappa senza ostacoli o binari per i nemici, che semplicemente arriveranno dal perimetro verso il centro seguendo una traiettoria lineare. In secondo luogo, la distruzione di nemici non fruisce credito, che viene invece ottenuto in modo analogo a quello di molti giochi di strategia alla Command & Conquer; dovrete infatti raccogliere minerali sparsi per il suolo costruendo apposite torrette nelle loro adiacenze. Per farle funzionare entra in gioco un altro importante fattore: l’energia, ricavata tramite generatori solari che la "espellono" sotto forma di globi. Essa ovviamente è utile per il funzionamento sia di torrette minerarie che per quelle difensive, di cui esistono due tipi: laser e missilistiche. Le prime colpiscono a corto raggio e sono piuttosto economiche, le seconde colpiscono a lunga distanza, sono più costose e possono evolvere in due forme, di cui una aumenta enormemente il raggio di azione, mentre l’altra allarga l’area di impatto dei colpi. Il fulcro del gioco risiede nei "collegamenti": per poter far funzionare le torri bisogna utilizzare degli appositi "energy link" che raccolgono e distribuiscono l’energia, direzionandola a nostro piacimento. La strategia si basa dunque sull’impostare una convincente rete energetica utilizzando le risorse al meglio. Ma l’energia non è l’unica cosa collegabile: le apparentemente misere torrette laser possono essere agganciate l’una all’altra illimitatamente, donando raggio di azione e potenza alla ricevente; si può così arrivare a rendere centinaia di torrette dalla potenza limitata un unico e gigantesco mega-raggio in grado di colpire ovunque e con una potenza devastante.
Piccola base in espansione e in azione
Una questione di potenza
La struttura "aperta" di Massive Encounter lo rende quasi tendente ad un gioco "sandbox", del quale peraltro esiste anche l’apposita modalità in cui potete costruire liberamente senza freni. Le altre sono la "normal", dove partendo dal nulla dovete crescere e resistere più a lungo possibile; "wave", in cui voi scegliete l’ondata di nemici che vi deve attaccare; "rush", nel quale eliminare più velocemente possibile gli alieni; "insane", in cui partite con un credito maggiore ma venite immediatamente presi d’assalto. L’apprendimento è molto semplice e l’interfaccia e i comandi sono intuitivi: tutto quello che vi serve è sullo schermo, eccezion fatta per un menù, in cui potete impostare le priorità di attacco delle vostri torri. Nel giro di poche decine di minuti avrete già capito come poter convogliare decentemente i flussi energetici, ma da qui a padroneggiare l’intera difesa passerà molto tempo, e non piove sulla soddisfazione che questo titolo regala.
Tristemente, le buone notizie terminano qua: per quanto il giocatore sia libero, la varietà del gioco in sé è alquanto limitata. Tre mappe e poche strutture non rendono giustizia all’enorme potenziale, peraltro imbruttito da un aspetto visivo retrogrado e da un audio povero.
La devastazione più totale
Conclusioni
Sorvolando sulla grafica, Harvest: Massive Encounter è un gioco da provare. La sua struttura strategico-gestionale "aperta" permette al giocatore di sbizzarrirsi nella costruzione di sistemi di difesa ad personam. Purtroppo, questo idilliaco potenziale è sprecato con un gioco che in fin dei conti mostra in poche ore tutto ciò che ha da offrire, e che finisce inevitabilmente per risultare poco vario.