Halo 4 – Recensione Halo 4
Dopo il finale di Halo 3, commovente ed epico al tempo stesso, la comunità dei Fan si divise tra chi chiese a gran voce un seguito del gioco in cui venisse mostrato il futuro per Master Chief e Cortana e chi invece trovò questo finale perfetto per la saga, anche se con una punta di malinconia.
Quando poi è stata annunciata la produzione di questo titolo, in molti hanno storto il naso e si sono comportati in maniera scettica; e come dargli torto? Tale scelta è stata presa dalla grande “M” della Microsoft, contro il volere della Software House madre della serie, la celebre Bungie, che aveva optato per una serie a detta loro "ad anello", e che dopo Halo Reach aveva abbandonato il progetto.
Ed è qui che è entrata in gioco la 343 Industries, comunemente abbreviata in 343i e il cui nome vuole essere un tributo alla trilogia Bungie, dato che uno dei personaggi storici di Halo è propio 343 Guilty Spark. Questa SH nasce con l’unico scopo di portare avanti il Brand, da quando nel 2007, dopo l’uscita di Halo 3, Bungie si distaccò da Microsoft divenendo uno studio indipendente. Da allora la società ha comunque lavorato all’interno dell’universo di Halo, senza mai sviluppare un nuovo titolo.
Cominciò nel 2009, con la creazione di Halo: Waypoint, un’applicazione per tutti i fan della saga che desiderano registrare e mettere in mostra i loro progressi con i titoli del brand. Sviluppò poi 2 pacchi di mappe DLC, rispettivamente “Defiant” e “Anniversary”, per Halo Reach, e supervisionò lo sviluppo da parte della Saber Interactive dell’edizione di Halo: CE revisionata dal punto di vista grafico per festeggiare i 10 anni di successo del brand. Infine si è arrivati ad Halo 4, interamente sviluppato dalla 343i, e primo vero “salto nel buio” per la SH.
Una storia mozzafiato
Il gioco inizia all’incirca dove l’avevamo lasciato: la guerra coi Covenant, un’alleanza di razze aliene decisa a sterminare l’umanità per motivi religiosi, si è conclusa con la vittoria degli umani, ottenuta non senza sacrifici. Il nostro amato protagonista, Master Chief, dopo aver portato l’umanità alla vittoria e aver sventato la minaccia di una nuova epidemia flood, fluttua alla deriva nello spazio, a bordo di un pezzo della nave usata nel tentativo fallito di fare ritorno a casa, la Forward Unto Dawn.
Da quel fatidico giorno, lui e la sua fidata ancella Cortana hanno orbitato intorno ad un pianeta sconosciuto, intravisto nel finale di Halo 3, per ben quattro anni; un pianeta che, scopriranno a loro spese, fa gola a quei Covenant che credono che il conflitto non sia ancora finito, che non vogliono arrendersi agli umani. Sarà quindi per Master Chief un brutto risveglio, quando si accorgerà che la nave è stata abbordata da navette aliene, che hanno ben poche intenzioni amichevoli nei confronti di colui che viene chiamato dai loro simili “Demon”.
Ma non è l’unica brutta notizia. Non solo infatti Master Chief e la sua I.A. Cortana sono soli, dispersi in mezzo all’universo circondati da forza nemiche, ma c’è anche qualcosa che sta scansionando la nave, e chissà cosa cerca. Inoltre, come se tutto questo non fosse di per sé scoraggiante, ci accorgeremo fin da subito che Cortana mostra segni di squilibrio, dovuti al deterioramento a cui sono soggette le I.A.
A questo punto la trama diventa un crescendo di avvenimenti, a partire dal brusco atterraggio sulla crosta del pianeta, che ci riserverà non poche sorprese, all’arrivo di una delle più grandi navi da guerra costruite dalla marina terrestre, la U.N.S.C. Infinity. Dovremo farci strada fra nemici vecchi e nuovi per poter raggiungere le forze U.N.S.C., nella speranza di trovare un passaggio per la terra prima che le condizioni di Cortana peggiorino. Si tratta quindi di una corsa contro il tempo, trovare la Dottoressa Halsey prima che il ciclo vitale di Cortana giunga ad una tragica fine.
Ma non sarà certo facile, non solo per i Covenant, che mossi da avidità atterrano sul pianeta con l’intenzione di depredarlo dalle ricchezze lasciate dai precursori, ma anche e soprattutto per via dei “nativi” del pianeta, i Prometeici, delle sorte di I.A. armate di corazze e armi appartenute ai precursori, pronti a tutto pur di difendere i segreti celati sul pianeta.
E fra tutti i segreti custoditi, uno in particolare muore dalla voglia di essere scovato.
Quando vecchie e nuove idee trovano il loro giusto equilibrio
Per quel che compete invece il gameplay possiamo dire che i ragazzi di 343i, pur mantenendo il gioco quello che tutti conosciamo, hanno saputo dargli un tocco di originalità.
I Covenant, proprio come nel primo Halo, parlano una lingua aliena per noi incomprensibile, e si è mantenuta l’idea di “perk” o “Armor-Kit” che interagiscono con la nostra armatura Spartan-II, dandoci quindi la possibilità di equipaggiare un sistema mimetico capace di renderci temporaneamente invisibili, un jet-pack, un sistema di ologrammi per ingannare i nemici ed un sistema di rigenerazione scudi, tutti presenti anche in Halo Reach, vero artefice di questa features, ma questa volta troveremo presenti anche uno scudo capace di bloccare gli attacchi leggeri frontali, permettendoci di arretrare sino ad una copertura, un pacchetto di propulsori, che consentono un istantaneo e fulmineo scatto in una direzione, utile per sfuggire all’imminente esplosione di una granata, un’auto-sentinella, ovvero una piccola torretta automatica, e un “visore prometeico”, una sorta di vista a raggi X alla Clark Kent.
L’armamentario è molto vario, ritroveremo ad esempio il Fucile da Battaglia e il DMR, introdotti rispettivamente in Halo 3 e Halo Reach, il caro vecchio Fucile d’Assalto, la sempre precisa Magnum e tante altre nuove armi umane come la SAW. Ciò però che stupisce di certo è l’uso delle armi prometeiche. A differenza delle armi Covenant, che hanno un design sempre morbido e che generalmente sparano colpi al plasma di vario colore, o di quelle umane, dai colori metallici e dall’aspetto molto realistico, quelle prometeiche presentano una predominanza del colore bianco, e danno l’impressione di essere armi “vive”. Quando ad esempio ci troveremo fra le mani per la prima volta il Fucile a Dispersione (variante prometeica del fucile a pompa), lo vedremo comporsi fra le nostre mani, come animato da una sua coscienza, e i proiettili sparati da questo tipo di armi saranno considerati proiettili di “luce solida”.
Passiamo ora ad una breve panoramica sui nemici presenti. Le razze Covenant che ci troveremo ad affrontare saranno solo tre: gli impauriti Grunt (Unggoy), i voraci Jackal (Kig-yar) ed i fieri Elite (Sangheili). Qundi, in breve, niente pelose scimmie o schifosi insetti. Tre saranno anche le tipologie di nemici prometeici, avremo infatti a che fare con i Crawler, simili a cani capaci di sparare proiettili dalla testa; gli Osservatori, piccole macchine volanti che faranno da supporto fornendo scudi o raccogliendo al volo le granate lanciate; i Cavalieri, grandi più di uno Spartan-IV, capaci di generare Osservatori dalle loro schiene e gli unici in grado di portare armi pesanti. Il single player offre quindi molte ore di divertimento e sanguinose battaglie con diverse razze aliene, ma di certo non è l’unica modalità offerta.
Nella sessione “Infinity”, potremo scegliere di cimentarci nei “Giochi di Guerra”, ovvero il brutale PvP di Halo, affrontare le “Spartan Ops”, in altre parole missioni da porsi cronologicamente dopo la campagna (quindi per evitarvi spoiler è consigliabile finire prima il gioco in single player) dove dovremo impersonare uno Spartan-IV da noi creato, o anche fingerci ingegnosi architetti e creare qualche nuova mappa multiplayer in “Fucina”, oppure rivedere il video di un qualche nostro Epic Fail nella sotto-sezione “Cinema”. Abbiamo già detto che è possibile creare il proprio Spartan-IV, e quindi cambiargli l’armatura, una cosa che già avevamo visto, ma ciò di cui non avevamo la possibilità era poter modificare il proprio armamentario iniziale prima di una partita. È possibile infatti creare il proprio equipaggiamento, scegliendo innanzitutto quale arma primaria portarci in battaglia fra quelle possibili, ed ovviamente lo stesso vale per quella secondaria; potremo scegliere il tipo di granate da equipaggiare, o l’abilità dell’armatura che più si preferisce, e inoltre è possibile scegliere due potenziamenti: un potenziamento tattico, che include perk come ad esempio una ricarica più veloce degli scudi o un maggior numero di granate, ed un potenziamento di supporto, che invece può variare dal ridurre il tempo impiegato per ricaricare al potenziare il nostro sensore radar.
Come con Halo Reach, anche in Halo 4 è presente un sistema di avanzamento di livello, che presenta delle differenze rispetto a quello conosciuto dai fan. In Halo Reach per sbloccare un particolare pezzo di Armatura bisognava spezzarsi la schiena a suon di matchmaking/sparatoria/sessioni in Campagna e accumulare crediti su crediti. In Halo 4 la gran parte dei pezzi dell’armatura, come anche gli equipaggiamenti, sono sbloccati man mano che si sale di livello, e solo alcuni richiedono l’uso degli Spartan Point, punti virtuali concessi al giocatore ad ogni avanzamento di livello. Ciò che non si sblocca salendo di livello o spendendo SP, lo si ottiene al completamento di particolari Encomi, delle sorte di sfide presenti nel gioco, ma che a differenza delle sfide giornaliere/settimanali/mensili offerte dalla 343i con in palio PE per aiutare i player nell’avanzare di livello non hanno limiti temporali. Una volta aver raggiunto il livello 50 sarà poi possibile specializzarsi in una delle varie “classi” disponibili, sbloccando così nuove armature ed equipaggiamenti.
Parliamo un po’ di grafica e sonoro
Anche se generalmente la grafica di un gioco non è tutto, è anche vero il detto secondo cui "L’occhio vuole la sua parte". La Bungie ha sempre dato alla grafica dei suoi titoli un certo spicco, e a ragion veduta; essendo una serie FPS una grafica più precisa significa anche una migliore immedesimazione dell’utente, e la 343i ha deciso di non cambiare questa politica. Di certo ci si aspettava un gioco graficamente molto curato, soprattutto nei dettagli, e rimarrete piacevolmente colpiti dalla bellezza delle ambientazioni, dal dettaglio delle armi, ma soprattutto dal realismo dei video in computer grafica. Insomma graficamente il gioco è a dir poco un’opera d’arte. I volti sono incredibilmente realistici, le armi molto curate, e tutto ciò non appesantisce minimamente la fluidità del gioco. Le ambientazioni poi vanno dallo scafo semidistrutto della Forward unto Dawn, molto cupe e tenebrose, a sessioni all’aria aperta fra la flora e la fauna di Requiem, per poi passare alle strutture dei precursori, ma la vista più spettacolare è di certo quella della Infinity che maestosa solca i cieli. Per quel che concerne la colonna sonora, a differenza dei precedenti capitoli, si è scelto di cambiare compositore. Difatti le musiche non saranno più sotto la meticolosa cura di Martin O’Donnel, ma di Neil Davidge e Matt Dunkley, che hanno fatto sicuramente un ottimo lavoro, componendo un serie di musiche che risultano sempre giuste per le situazioni in cui si viene scaraventati, e dando un senso epico alla trama, soprattutto nelle battute finali del gioco. Infine il doppiaggio, ovviamente di alto livello, presenta qualche piccola imperfezione in un paio di punti assolutamente trascurabili.
Insomma per farla breve, la Bungie ormai ha chiuso i battenti per quanto riguarda il progetto Halo, ma per tutti quelli che non si sono accontentati del finale di Halo 3, potete star certi che la 343 Industries manterrà le promesse fatte ai fan, regalando una trilogia che porterà una ventata di novità nell’universo del brand. Terminiamo questa recensione con le stesse parole che la 343 Industries ha inserito nel gioco come dedica ai fan:
“Ogni lungo viaggio inizia con il primo passo. Questo è il nostro inizio. Grazie per aver preso parte con noi a questa grande avventura".