GYLT – Recensione Google Stadia
È facile dopo anni tornare con la mente al periodo passato sui banchi di scuola e ricordarsi solo delle cose belle. Meno facile, invece, è addentrarsi con il pensiero nei ricordi meno positivi, in quei momenti molto meno allegri che molti di noi hanno vissuto da piccoli e che la nostra mente ha accantonato per spirito di autoconservazione e quieto vivere. Proprio delle problematiche legate al bullismo parla GYLT, il primo gioco per Google Stadia recensito su Gamesource ft. VGNetwork e realizzato dai bravi ragazzi spagnoli di Tequila Works, già conosciuti per il colorato RiME.
Il talento e la capacità nel creare mondi e storie del team iberico non vengono messi in discussione neanche in GYLT, esclusiva Google Stadia (che rarità) che, però, all’atto pratico del “giocare”, si rivela a malapena sufficiente.
Infantile solo all’apparenza
In GYLT il giocatore assumerà il controllo della giovane Sally, una ragazza come tante, che però non riesce a darsi pace per una tragedia successa qualche mese prima: la scomparsa misteriosa della cuginetta Emily di qualche anno più giovane. Emily non si trova, nessuno sa cosa le sia successo e Sally pare l’unica a non essersi ancora arresa al suo destino ormai apparentemente segnato, riempiendo i muri della sua piccola città di provincia americana di volantini e occupando tutto il suo tempo libero a cercarla. Le sue peregrinazioni un giorno la porteranno al sito della vecchia funivia che portava alla miniera, ormai in disuso. Quello che non sa è che quella deviazione sarà solo l’inizio dell’avventura più terrificante della sua ancor giovane vita.
Sally, infatti, si ritroverà attaccata da strani mostri in una versione della sua città di Bethelwood che quasi non riconosce, ma nella quale troverà evidenti tracce del recente passaggio della cugina, il cui inseguimento fungerà da filo conduttore della trama, all’interno di un titolo stealth dalla durata di una manciata di ore scarse dal sapore di Stephen King. Citazioni dalle opere del RE che si sprecano, dall’ambientazione nel Maine a una Sally che ricorda moltissimo “La bambina che amava Tom Gordon”, suggellate dal ringraziamento all’autore nei crediti. Non aspettatevi però un vero e proprio horror, perché a parte qualche sequenza (i nemici invisibili oddio, NdR), GYLT non è proprio spaventoso, lavora più su una buona atmosfera, aiutata anche dallo splendido comparto grafico e dagli impressionanti giochi di luce.
GYLT non è poi uno spavento fine a sé stesso, bensì – come accennato a inizio articolo – vuole raccontare in maniera originale un grande problema come il bullismo, usando i mostri sparsi nei livelli come una metafora dei bulli e lasciando nelle scritte sui muri o nelle scene rappresentate da manichini di legno i suoi messaggi più forti.
Il grande peccato di GYLT è che parte da una premessa interessante, come detto ha azzeccato settori tecnici e stile, ha doppiaggio persino in italiano di buon livello, ma, anche prima di passare all’analisi di un gameplay decisamente lacunoso, dobbiamo rimarcarne un intreccio che lascia troppe domande e troppo all’immaginazione. Si intravedono degli spiragli interessanti in questa storia, ma gli sviluppatori sembrano aver lasciato le parti più intriganti paradossalmente ai contenuti non necessari: Sally infatti scoprirà tantissimo di quello che succede se perderete qualche minuto in più a raccattare i diversi collectible sparsi per i livelli. Questa mancanza di focus e di mordente del filone principale della narrazione è dimostrata anche da un finale davvero anti-climatico, all’apparenza quasi troncato e che lascia con l’amaro in bocca.
La nipotina di Sam Fisher
Se comunque possiamo giudicare l’intreccio di GYLT quantomeno godibile, è sul gameplay che – similmente a quanto successo con RiME, dobbiamo dire – Tequila Works ha fatto meno di quello che si aspettavamo, soprattutto per quello che è al momento uno degli unici giochi esclusivi della line-up non certo florida del servizio streaming di uno dei colossi della rete. GYLT è infatti un mix tra Murdered: Soul Suspect (nelle sue fasi stealth più pedisseque) e Alan Wake (al quale abbiamo pensato per i combattimenti e le meccaniche legate alla torcia elettrica). La sua struttura, le sue animazioni e le meccaniche che regolano gli scontri tra Sally e i mostri nelle stanze della scuola o nella sala giochi di Bethelwood sembrano sfortunatamente prese di peso da un progetto a basso budget dell’era PS2, con nemici che seguono percorsi prestabiliti da distrarre e allontanare dal nostro tragitto con semplici specchietti per le allodole.
Sally non è però del tutto inerme contro i misteriosi mostri che affollano la città: grazie alla sua torcia potrà infatti – una volta acquisite alcune abilità – combattere più o meno direttamente la stragrande maggioranza dei suoi avversari, inclusa una manciata di originali boss. Peccato che proprio questa possibilità di eliminare i mostri tolga peso alle nostre mosse, in quanto sarà possibile cavarsela più o meno sempre, distruggendo a una ad una le minacce in ogni stanza. Un titolo stealth deve giocare sul filo della tensione, qui assolutamente assente, in un video game facile e banale. Le cose migliorano solo leggermente nella seconda metà, quando vengono presentati nuovi nemici più complessi da raggirare, ma l’occasione persa è evidente.
GYLT ha un’ottima premessa, un’ottima grafica e colonna sonora, un ottimo messaggio da veicolare, un’ottima ambientazione. Tuttavia, si merita un voto non troppo edificante a causa dei balbettamenti nella narrazione e soprattutto un gameplay ancorato fin troppo al passato. Dalla prima esclusiva Stadia ci aspettavamo di più.
Pro
- Ha il merito di affrontare tematiche importanti
- Tecnicamente è una piccola gemma
- Il setting è azzeccato
Contro
- Gameplay sa almeno di una generazione fa
- Narrativamente ci prova, ma non ce la fa davvero