Foul Play – Recensione

Già disponibile da diversi mesi su PC e Xbox 360, Foul Play arriva finalmente anche su PS Vita e Playstation 4: sviluppato da Mediatonic, team già conosciuto e amato per il divertente Monsters (Probably) Stole my Princess, Foul Play alza il tiro nel tentativo coniugare il più classico dei Beat ‘em Up Arcade con una moderna narrazione metafisica. Non fatevi ingannare dallo stile cartoon, questo piccolo gioiello, anche se non esente da difetti, merita la nostra attenzione di giocatori.

Foul Play - Recensione

Tutto esaurito

Negli ultimi anni titoli come Little Big Planet e Teraway Unfolded hanno contribuito a rompere gli schemi della narrazione tradizionale, offrendo esperienze in grado di abbattere la virtuale barriera che divide il mondo di gioco mostrato sullo schermo dal mondo reale, con noi giocatori spaparanzati sul divano del salotto con il pad in mano. Anche se in maniera meno diretta rispetto ai titoli sopra citati, Foul Play si fa forte di questa ibrida modalità narrativa e pone il giocatore nella prospettiva del pubblico pagante di uno spettacolo teatrale. Siamo seduti tra le poltrone pronti ad assistere al più grande spettacolo di tutti i tempi, per il quale i biglietti sono ormai introvabili: il barone Dashfort, attraverso una rappresentazione in cinque atti, racconterà la storia della sua vita e la sua lotta contro i demoni in compagnia del fido assistente Scampwick. Durante il gioco controlleremo direttamente Dashfort – o Scampwick, in modalità multigiocatore in compagnia di un amico – ma il punto di vista dal quale vivremo l’avventura sarà sempre quello del pubblico, con le prime file di spettatori perennemente inquadrate di fronte a noi, al di sotto del palcoscenico. Gli atti si susseguiranno uno dietro l’altro mostrando i vari momenti della vita di Dashfort nella sua ricerca del padre – demonologo come lui – scomparso anni or sono. Verso la fine dell’avventura, ed è qui la sorpresa che rende merito alla modalità di racconto scelta, sarà messo in dubbio l’intero impianto narrativo: si tratterà davvero di un semplice spettacolo o sarà qualcosa di più? Dashfort starà sempliceemnte raccontando le sue avventure oppure si trattava di un mero espediente per aprire le porte dell’inferno e mettere la parola fine alla guerra contro il popolo demoniaco? Vi lasciamo ovviamente con la curiosità di scoprirlo, seduti tra il pubblico del più grande spettacolo di tutti i tempi.

Foul Play - Recensione

Botte da gentiluomo

Il gameplay di Foul Play è quello del più classico Beat ‘em up d’altri tempi, con qualche piccola iniezione di modernità: muovendo il proprio personaggio in senso orizzontale bisognerà affrontare i vari avversari e proseguire fino al boss di fine livello, per poi passare all’atto successivo. Inizialmente si avranno a disposizione semplici mosse leggere e pesanti, la possibilità di saltare (che a dire il vero abbiamo utilizzato pochissimo durante l’intera avventura) e quella di parare i colpi avversari. Con il proseguo delle scazzottate sarà possibile sbloccare nuove mosse in grado di aggiungere spessore all’azione di gioco, altrimenti troppo ripetitiva e banale: si potranno così eseguire prese, schiacciate a terra, lanci e mosse speciali necessarie a inanellare lunghe combo da cento o più colpi, fondamentali per rendere lo spettacolo interessante per il proprio pubblico. Questo perché, ed ecco la vera geniale trovata di Foul Play, trattandosi di uno spettacolo teatrale bisognerà anche tenere sempre d’occhio il pubblico per non incappare in un prematuro Game Over: in Foul Play la classica barra dell’energia del personaggio è sostituita con un indicatore del gradimento da parte del pubblico, esponenzialmente correlato alla lunghezza e varietà delle combo, alla vostra capacità di non subire danni e alla vostra solerzia nel rispettare gli obiettivi di ogni atto. In alcuni casi, ad esempio, vi sarà richiesto di sconfiggere per ultimo un dato personaggio, mentre in altri di salvare i civili o di eseguire particolari mosse contro determinati avversari: portare a termine queste missioni vi permetterà di ottenere il consenso del pubblico e di completare i vari livelli con più facilità e maggiori premi, che tradotto significa più mosse a disposizione e amuleti da equipaggiare, in grado di aumentare varie abilità come la resistenza ai colpi inflitti dal nemico o il tempo a disposizione per eseguire le combo.

Che giochiate da soli o in compagnia, comunque, Foul Play è in grado di donare circa tre ore di sano divertimento e botte da orbi come non se ne vedevano dai tempo di Double Dragon. Qual’è il problema? Proprio questo: dopo un paio d’ore, nonostante le nuove mosse e la varietà degli scenari proposti inizia a subentrare la noia per la ripetitività dell’azione, sempre in agguato dietro l’angolo. La bontà della trama vi porterà a giocare tutti e cinque gli atti fino alla fine dell’avventura ma, una volta conclusa, difficilmente vi ritroverete a rigiocare i vari livelli per puro divertimento. È così che Foul Play si può identificare come un piccolo passatempo, perfettamente realizzato e curato in ogni dettaglio, ma comunque troppo breve per essere considerato un vero e proprio titolo per console da salotto. Sembra piuttosto di trovarsi di fronte a un Free to Play per piattaforme Mobile, dato anche il livello di difficoltà per giocatori alle prime armi: portare a termine le missioni e sconfiggere il boss finale sono imprese tutt’altro che ardue. Durante le nostre sessioni di gameplay abbiamo dovuto ricominciare un livello solamente un paio di volte a causa del pubblico scontento e, in quelle rare occasioni, stavamo tentando di eseguire mosse particolarmente complesse subendo i colpi dei nemici più di quanto avremmo dovuto. Anche lo scontro con il boss finale, tutto sommato complesso al punto giusto e ben strutturato, pur risultando lungo e soddisfacente non è in grado di proporre il giusto grado di sfida che un Beat ‘em Up di questo calibro solitamente offre sul finire dell’avventura. Aggiungeteci l’impossibilità di scegliere un livello di difficoltà e vi ritroverete con un ottimo gioco, che apprezzerete soltanto se con i piacchiaduro a scorrimento siete alle prime armi: se siete cresciuti negli anni ’90 con i cabinati da sala giochi, finire Foul Play in una sola partita senza mai moririe sarà per voi un gioco da ragazzi e questo aspetto renderà purtroppo insipida un’esperienza che per quanto riguarda storytelling, grafica e gameplay ha invece delle ottime frecce al proprio arco.

Foul Play - Recensione

Rappresentazione teatrale

Come già anticipato, l’intera esperienza di gioco è ripresa con una visuale in terza persona, con l’azione a scorrimento orizzontale e la telecamera che inquadra il palco sul quale si svolge l’azione insieme alle prime file di spettatori. Questa sorta di cornice ha permesso agli sviluppatori l’inserimento di elementi estranei a quello che avrebbe dovuto essere l’azione vera e propria, allo stesso modo di quanto potrebbe accadere in un vero spettacolo a teatro: sono soventi i divertenti siparietti in cui le luci si soffermano su di un inserviente che sta preparando la scena successiva, così come vi capiterà spesso di vedere i nemici appena battuti scendere dal palco e recarsi di soppiatto dietro le quinte. Si tratta di una sorta di dimensione intermedia, tipica di una concezione metafisica del mondo videoludico che inserisce così una sorta di terza dimensione tra l’ambiente di gioco e il nostro salotto, cercando come sempre più spesso accade di abbattere quella invisibile barriera che vede la realtà essere totalmente distaccata da quanto accade sullo schermo. Sotto questo aspetto il team di Mediatonic ha sicuramente centrato il bersaglio, realizzando un prodotto interessante e pienamente godibile.

Passando al lato più prettamente tecnico, la grafica cartoon si adatta molto bene al contesto: gli scenari e le ambientazioni che vengono ricreati di volta in volta dagli inservienti del teatro – con il sole e la luna che vengono issati a braccia e i vari mostri chiaramente impersonati da attori in costume – sono tanto divertenti da guardare quanto curati nei particolari. Sotto questo aspetto lo stile giocoso alla Little Big Planet (anche se graficamente assai meno materico) è perfetto per la scelta stilistica operata dagli sviluppatori. Anche la varietà delle ambientazioni, ognuna con le proprie caratteristiche e la propria palette cromatica è profonda e ben strutturata: si va dai sobborghi di Londra alle piramidi del Cairo passando per un vascello in alto mare, la mitica città di Atlantide e , naturalmente, il regno dei demoni. Gli stessi Dashfort e Scampwick sono carismatici nella loro caricaturale rappresentazione, così come lo sono tutti i personaggi secondari e i fondali, a dimostrazione di quanto Mediatonic stia maturando con il passare del tempo. Manca ancora qualcosa per rendere completa la ricetta, ma certamente dai loro lavori futuri ci aspettiamo grandi cose.

Foul Play è un titolo frenetico e divertente che, sotto le mentite spoglie di una grafica cartoon – comunque curata nei dettagli e perfetta per il tipo di rappresentazione scelta – ripropone il divertimento dei coin-op dei tempi andati. Peccato solo per un gameplay alla lunga troppo ripetitivo e per una longevità in grado di offrire divertimento per tre scarse ore di forsennata pressione di tasti al massimo, in single o multi player che sia. Quel che è certo è che la peculiare rappresentazione grafica che pone il giocatore sugli spalti di un’ipotetico teatro, unita alla bontà generale della (seppur breve) esperienza, mostrano dei giganteschi passi avanti da parte di Mediatonic rispetto agli albori di Monsters (Probably) Stole my Princess, e ci lasciano certi che uno dei prossimi lavori di questo team saprà rivaleggiare con i titoli da tripla A.

7.6
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