Final Fantasy XIV Online
Annunciato nel giugno del 2009, il progetto Rapture diventa Final Fantasy XIV in meno di un anno suscitando un hype senza precedenti presso i fan del precedente capitolo online: per chi invece non si fosse infatuato della bellezza di Vana’diel all’epoca, i pareri sul titolo erano già negativi dai primi video gameplay rilasciati e con poche probabilità gli annunci successivi avrebbero attirato una massa esterna agli amanti di SE.
Su chi abbia avuto ragione è pleonastico discutere visto il gargantuesco flop di Square Enix nel pubblicare così repentinamente un titolo che aveva senz’altro bisogno di essere accudito con più calma: a testimonianza del poco successo riscosso e della critica decisamente negativa si sommano il cambio di guardia al team del titolo, la notizia, non smentita, dell’outsourcing a team cinesi ed il rinvio (o forse dovremmo dire cancellazione?) della release PlayStation 3, prevista inizialmente per Marzo.
Cosa sia andato storto? In buona parte tutto, almeno a giudicare dalla release di Settembre e dalle successive patch correttive, che da quanto abbiamo avuto modo di provare non arginano assolutamente i difetti principali del titolo.
Arrivando al gioco vero e proprio, la differenza principale che Square Enix offre rispetto a molti altri MMO è l’obbligo di seguire il plot narrativo imposto dal titolo. Non è il giocatore a creare la propria avventura, quanto il gioco ad imporla: ovviamente questo tipo di sistema riscuote tanto successo presso chi è abituato a seguire una vera e propria trama e lasciarsi accompagnare nella proprio viaggio quanto dissenso fra la maggioranza dei giocatori online, che tacciano il titolo di scelte forzate e poca libertà.
Tre città a disposizione presso cui creare il proprio personaggio, la cui trama a prescindere dalla regione d’origine si concatenerà per arrivare ad un unico intreccio.
Come se non fosse evidente che in casa Square Enix le idee scarseggino nel mondo delle console, Final Fantasy XIV è la prova evidente che il problema si è esteso: il sistema party è abolito, o meglio reso superfluo, obbligando di fatto il giocatore a svilupparsi in solo, coadiuvato da un BS estremamente lento, tramite fastidiose quest con limite orario diverse a seconda della classe; in una parola: grind, accompagnato da poche features di interesse e da una monotonia che parte dal primo contatto col gioco e lo accompagna per molte, troppe ore di sviluppo che fanno scemare in fretta l’interesse verso un qualcosa di attualmente indefinito come un’endgame, la cui assenza è attualmente compensata da alcuni Notorius Monster. Ne consegue un calo vertiginoso dell’interazione fra l’utenza stessa, non più obbligata a legare per aumentare il proprio livello e limitando party e alliance a rari avvenimenti succitati.
Il Battle System è lento, a tratti prevedibile, regolato da una barra resistenza che scende conseguentemente alla frequenza degli attacchi; le icone presenti in basso sullo schermo sono invece indice delle mosse eseguibili durante il combattimento, come una Weapon Skill (qualora i TP, indicati anch’essi da una barra, superino le mille unità). Caratteristica interessante è la possibilità di cambiare job semplicemente equipaggiando un’arma differente: feature già vista in altri titoli Squaresoft offline, garantisce una buona variabile tattica specie all’interno di un party.
Venendo nello specifico ai job, la scelta è ampia: più di trenta job selezionabili all’inizio dell’avventura, in buona parte riciclati da Final Fantasy XI.
I craft, a differenza del predecessore, sono ora classi vere e proprie con cui intraprendere le quest: già su Vana’Diel il sistema era uno dei rari punti di forza del titolo ed anche in questo caso la varietà e complessità di creazione degli oggetti raggiunge un’ottima qualità.
L’editor dei personaggi non è anch’esso frutto di mera inventio come nel caso dei job: anche in questo caso è poco ammirevole lo sforzo di aver cambiato addirittura il nome delle razze e di limitarle ad una scopiazzatura in alta definizione di Mithra, Tarutaru, Hume, Elvaan e Galka, divenuti Miqo’te, Lalafell, Huyr, Elezen e Roegadyn. Qualora si potesse soprassedere su questo fattore, la varietà di creazione ha fatto passi da gigante garantendo un’ottima diversificazione dei personaggi all’interno di Eorzea; a differenza di Final Fantasy XI, raramente vi troverete di fronte ad una copia di voi stessi proprio grazie ad un editor ampio.
Altrettanto opinabile è la scelta del sistema retainer, che boccia l’auction house del precedente capitolo per dare spazio ad uno scomodo sistema di acquisto e vendita poco intuitivo: mossa per arginare il fenomeno dei Gilseller? Ne dubitiamo fortemente.
Il retainer è una sorta di personaggio muletto a cui potete affidare oggetti che al momento non necessari o che volete vendere: il mercato è basato proprio su questi NPC che fungono da bazaar in diverse aree appositamente allestite; l’ottima implementazione del search degli oggetti fra i retainer ha migliorato la situazione, ma resta di fatto che l’Auction House era molto più user friendly sotto parecchi punti di vista.
Piccola nota di demerito anche per due mostri sacri di casa SE: Uematsu e Yoshida non hanno dato quel qualcosa in più che ha contraddistinto i loro lavori precedenti, risultando il primo anonimo nella colonna sonora ed il secondo poco ispirato nella realizzazione degli scenario.
Le critiche principali dovute a Final Fantasy XIV tuttavia sono solo parzialmente quelle del sistema di gioco: le colpe principali sono da imputare alla casa stessa, rea di aver pubblicato il gioco in maniera frettolosa dopo una fase Beta che aveva evidenziato quanto i bug fossero estesi ad uno stadio troppo avanzato e siano sopravvissuti fino al mese di Novembre in cui è arrivata la prima vera e propria patch correttiva. Successivamente è arrivato il mea culpa indiretto di Square Enix: cambio di direzione nel team di sviluppo e rinvio della release di Playstation 3: è evidente come sia risultato comprensibile ai vertici che un eventuale flop su console avrebbe causato perdite esponenzialmente maggiori rispetto a quelle PC, motivo per cui non è così scontato che la versione console arriverà in futuro.
Hanno anche ragione i vertici dell’azienda a sconsigliare review sul prodotto a poche settimane di distanza dalla release, ma dopo quasi sei mesi, anche troppi, la valutazione non è cambiata, forse lievemente migliorata, e difficilmente cambierà drasticamente: 15,000 giocatori attivi stando agli ultimi aggiornamenti sono numeri irrisori per un MMO attualmente free e la situazione, anche con nuovi interventi del team di sviluppo che com’è evidente sta cercando di trasformare il titolo in un Final Fantasy XI-2, non è destinata a risollevarsi al punto da rendere il prodotto appetibile al pubblico. In aggiunta le specifiche richieste sono oltremodo esagerate ed è un altro fattore che può pesare sull’economia del titolo.
Bisognava pensarci prima.