Final Fantasy VII Rebirth RECENSIONE | La leggenda rinasce
Siamo finalmente tornati nei panni di Cloud Strife nell’attesissima seconda parte della trilogia remake del capolavoro senza tempo del 1997, con Final Fantasy VII Rebirth RECENSIONE. Il secondo capitolo del remake arriva in esclusiva PS5 carico di aspettative, e sconvolge con l’immensa qualità (e quantità) dei suoi contenuti, che si dimostrano in grado di alzare ulteriormente la già altissima asticella posta dal suo illustre predecessore.
Questo compito però non era affatto semplice, così come il successo della produzione non era per nulla scontato. Con Final Fantasy VII Remake infatti (puoi consultare qui la nostra recensione) le altissime aspettative erano accompagnate anche da un giustificato timore verso il rischio che comporta un’operazione di questo tipo. Aspettative che sono state infine spazzate via convincendo praticamente tutti, al netto del plot twist nel chiacchierato capitolo 18.
Con Rebirth invece i fan, così come la stampa specializzata, non nutrivano più alcun dubbio su questo aspetto della produzione e si attendevano quindi – se non addirittura pretendevano – un nuovo capolavoro.
Se quindi l’ottima accoglienza ricevuta dal Remake ha sicuramente garantito al progetto delle solide basi su cui costruire il futuro della saga, è anche vero che con Rebirth l’effetto di sorpresa e meraviglia portato sullo schermo dal primo capitolo sarebbe per forza di cose mancato e il rischio di non riuscire a migliorare a sufficienza la formula e di proporre un “more of the same” era quindi piuttosto alto.
Non è infatti semplice scrivere la recensione di un titolo importante come Final Fantasy VII Rebirth, che ha ricevuto in maniera unanime il premio come gioco più atteso dell’anno e che ricopre quindi un ruolo da assoluto protagonista in questo 2024 videoludico ancora prima della sua pubblicazione.
Oltretutto chi sta scrivendo questo pezzo è prima di tutto un fan sfegatato di questa saga, dei suoi autori, delle sue storie e dei suoi personaggi, ed è quindi ancora più complesso giudicare in maniera oggettiva un’opera di questo calibro.
Inoltre, lo ribadisco ancora una volta nel caso ce ne fosse bisogno, Final Fantasy VII Rebirth rappresenta “solo” il secondo capitolo di un progetto molto più ampio, che in questo caso inizia subito dopo la fuga del gruppo da Midgar e si conclude alla Capitale Dimenticata (chi sa, sa), non mettendo quindi la parola fine all’epopea di Cloud, che manca ancora delle sue battute finali e che saranno narrate nel prossimo capitolo della trilogia.
Chiariamolo subito: i cambiamenti apportati alla trama faranno molto discutere e non metteranno d’accordo una grande fetta della fanbase dell’opera originale. Square Enix però è stata più che chiara su questo aspetto e anche tramite le ultime dichiarazioni ufficiali ha voluto mettere in guardia riguardo la nuova direzione intrapresa dagli sviluppatori con questo secondo capitolo, che anche in questo caso ha deciso di divergere in maniera importante dal gioco originale soprattutto nel finale.
Prima di entrare finalmente nel vivo della recensione ci tengo a concludere questo lungo preambolo confermandoti che Square Enix ce l’ha fatta anche questa volta: Final Fantasy VII Rebirth è un viaggio incredibile e indimenticabile che spinge l’acceleratore soprattutto grazie alla grandissima qualità della sua componente narrativa, incorniciata da un impianto tecnico e artistico davvero maestosi.
Preparati quindi perché c’è tanto, tantissimo da dire sulla nuovissima fatica sviluppata dal team di Hamaguchi, Kitase e Nomura, che farà sicuramente molto parlare di sé negli anni a venire.
Final Fantasy VII Rebirth RECENSIONE | Dove eravamo rimasti?
Probabilmente ormai non c’è bisogno più di ricordarlo ma Final Fantasy VII Rebirth, essendo la parte centrale della trilogia remake, richiede una conoscenza pregressa del suo mondo e di ciò che è successo prima che il gruppo di Cloud mettesse piede al di fuori della grande metropoli di Midgar.
Apparentemente Rebirth, per scelta specifica degli stessi sviluppatori, vorrebbe essere un titolo accessibile ad il pubblico più ampio possibile ed essere quindi un capitolo autosufficiente, con un proprio inizio ed una propria conclusione. Per fare ciò il gioco dispone di un breve video introduttivo visualizzabile dal menu principale che riassume velocemente gli eventi più importanti avvenuti in Remake che hanno spinto Cloud a mettersi alla ricerca del suo arcinemico, Sephiroth.
Ovviamente il riassunto, per quanto apprezzabile, scalfisce solo la superficie di ciò che è veramente stato Final Fantasy VII Remake ed è infatti più che consigliato aver completato sia il gioco base che il suo DLC, non solo per apprezzarne tutti i risvolti di trama ma soprattutto perché sono entrambe ottime esperienze che vale la pena vivere in prima persona, magari proprio in attesa di continuare il viaggio con Rebirth.
Per riassumere quindi velocemente gli eventi del primo capitolo, vestiamo i panni di Cloud Strite, ex SOLDIER e attualmente mercenario che viene assoldato da un gruppo di eco-terroristi, l’Avalanche, per distruggere il reattore di uno degli 8 settori che compongono la grandissima città metropolitana di Midgar.
Midgar è infatti l’ambientazione principale del primo gioco ed è un’enorme città tecnologicamente molto avanzata che sfrutta intensamente il Mako, la linfa vitale del pianeta, per garantire elettricità ed ogni genere di agio ai suoi cittadini. E questo è il motivo principale per cui l’Avalanche dichiara guerra alla grande corporazione che ha costruito Midgar e la governa assorbendo senza sosta la limitata energia vitale della terra: la Shinra.
Cloud rimane quindi invischiato in una lotta per la salvaguardia del pianeta che si rivela però essere solo il prologo di un’avventura molto più ampia e pericolosa, guidata dall’ingresso in scena dell’enigmatico Sephiroth, anch’esso ex SOLDIER ed eroe leggendario ritenuto morto in un incidente 5 anni prima, che improvvisamente riappare mettendo in moto la ruota del destino.
Una storia che non invecchia e rinasce
La storia di Final Fantasy VII Rebirth inizia quindi sì dopo la fuga del gruppo da Midgar, ma in realtà, come ogni fan della saga sa bene dopo aver provato la recentissima demo rilasciata in occasione dell’ultimo State of Play di Sony e disponibile a questo link, l’avventura apre le danze con il famoso flashback di Nibelheim.
Qui Cloud si prende un attimo di tempo per raccontare ai suoi compagni gli avvenimenti che hanno segnato il suo tragico passato ed il suo rapporto con Sephiroth, e di come quest’ultimo sia cambiato drasticamente rispetto all’eroe che era un tempo.
Non serve spendere troppe parole su questo primo capitolo (che puoi approfondire con il provato del nostro Jgor), che dimostra però ancora una volta come Square Enix sia in grado di raccontare e approfondire in modo davvero efficace la sceneggiatura del titolo originale, con questo primo capitolo che funge anche da tutorial di gioco e imposta le premesse narrative su cui si sviluppa l’intera avventura.
L’importanza ricoperta dalla trama in questo titolo, che per il suo solo completamento ti richiederà tra le 40 e le 50 ore (che superano ampiamente le 100 nel caso tu decida anche di platinarlo), è così marcata che per questa recensione ho deciso di suddividerne l’analisi in brevi paragrafi, andando ad approfondire separatamente ognuna delle sue caratteristiche principali.
Molto più che semplice nostalgia
Dovrebbe ormai essere chiaro, ma Final Fantasy VII Rebirth, ancora più di quanto non fece già Remake, non si limita a riproporre in chiave moderna le vicende narrate e già vissute da milioni da giocatori alla fine degli anni ’90.
Ovviamente avrebbe potuto farlo, data l’incredibile qualità del materiale originale, ma fin da subito gli sviluppatori hanno espresso l’intenzione di voler creare la versione definitiva della settima fantasia finale e questa seconda parte sembra volerlo gridare con tutta la voce che ha in corpo.
Anche in questo secondo capitolo, infatti, gli eventi ben noti ai fan storici della saga sono stati enormemente approfonditi e sono ora intervallati da nuovi contenuti originali che vanno ad arricchire e impreziosire il racconto.
Ad esempio, evitando qualsivoglia anticipazione, già nel secondo capitolo la fattoria di Bill rappresenta più di un semplice spot in cui rifornirsi di Chocobo, mentre la città di Kalm è passata dall’essere un fondale prerenderizzato a diventare una vera e propria città ricca di vita, con ben più di qualche punto di interesse.
Giusto per citare qualche altro luogo iconico di FFVII, sappiate che rilassarsi al tramonto sulla spiaggia di Costa del Sol è un’esperienza magnifica, mentre il Gold Saucer è un vero spettacolo per gli occhi.
L’importanza dei legami
Pochi giochi al giorno d’oggi rivolgono un’attenzione e una cura al rapporto che si viene a formare tra i personaggi del party come Final Fantasy VII Rebirth. O meglio, pochi riescono a farlo con questa efficacia.
Se infatti a livello narrativo già nel primo capitolo vedevamo le relazioni tra Cloud e i suoi compagni solidificarsi tramite scene di intermezzo dirette magistralmente, con Rebirth questo aspetto è stato perfettamente integrato nel gameplay del gioco dandoci la possibilità di far evolvere attivamente legami e situazioni in base alle nostre scelte e preferenze.
Avrai infatti spesso la possibilità di approfondire la conoscenza con i singoli membri del party sia tramite conversazioni con risposte a scelta multipla che con vere e proprie richieste di passare del tempo con loro e che, se portate a termine, andranno ad aumentare la forza del loro rapporto con Cloud.
Queste azioni non serviranno unicamente a modificare alcune scene nel corso della storia ma permetteranno anche di aumentare la sinergia e le possibilità offensive e difensive del gruppo in combattimento. Affronteremo l’argomento più nel dettaglio parlando del sistema di combattimento, ma per il momento ti basti sapere che oltre al legame tra i singoli personaggi ne è presente anche uno di squadra.
Square Enix è stata bravissima nel valorizzare e dare il giusto spazio ad ogni comprimario di Cloud senza focalizzarsi solo sul protagonista del gioco che, nonostante sia il personaggio che ti troverai a controllare più spesso nel corso dell’avventura, non è assolutamente il solo: avrai infatti modo di prendere familiarità con tutti i membri del party in sezioni dedicate.
Non spenderò più di qualche parola sul personaggio di Zack essendo uno dei più grandi misteri e novità introdotte nel gioco, ma la sua presenza all’interno dell’opera è tangibile e, nonostante non metterà sicuramente tutti d’accordo, il suo contributo guida la nuova direzione intrapresa dagli sviluppatori nel progetto remake.
Final Fantasy VII Rebirth RECENSIONE | Che cast!
Se Final Fantasy VII Rebirth funziona così bene (ma questo aspetto si estende all’intero progetto remake) è anche in gran parte merito del suo cast stellare, che è stato in grado di portare letteralmente in vita i protagonisti della fantasia finale più famosa di tutti i tempi.
È importantissimo infatti non sottovalutare la potenza comunicativa derivante dalle magistrali interpretazioni degli attori che hanno prestato la voce ai personaggi del gioco. Negli anni ’90 quasi non esisteva il doppiaggio nei videogiochi e la maggior parte delle scene e delle situazioni venivano create dall’immaginazione del giocatore, mentre oggigiorno le moderne tecnologie permettono agli sviluppatori di trasmettere ogni tipo di emozione e raccontare in maniera credibile e realistica tutto ciò che avviene a schermo.
In questo senso mi sento di fare un plauso particolare al doppiaggio inglese del titolo, composto a mio avviso da voci perfettamente calzanti e performance degli attori che, a meno di qualche sporadico inciampo, si attestano su livelli qualitativi altissimi rivaleggiando senza troppi problemi con quello originale in giapponese, sempre tenendo bene in considerazione le diverse scelte stilistiche adottate in funzione della specifica cultura.
E l’adattamento?
La questione dell’adattamento è un punto un po’ delicato in Final Fantasy VII Rebirth. Nel bene e nel male infatti questo tema è stato trattato con lo stesso approccio adottato in Remake, andando quindi inevitabilmente incontro ai medesimi problemi. Sia chiaro, non ci troviamo di fronte a un lavoro fatto male e la traduzione nella nostra lingua si dimostra tutto sommato scorrevole e coerente con ciò che accade sullo schermo.
Anche in questo caso però la problematica principale deriva dal fatto che la traduzione italiana non segue né la traccia audio inglese né quella giapponese. Un giocatore che mastica bene l’inglese quindi, se dovesse optare per l’audio in lingua anglofona e i testi in italiano, si troverebbe spesso a dover fare i conti con un fastidioso senso di disconnessione tra quello che ascolta e quello che legge.
Inoltre l’adattamento nella nostra lingua soffre di qualche piccola svista a livello di contesto e in alcune occasioni il senso della frase si perde e non risulta completamente appropriato alla situazione.
Il mio consiglio è quindi quello di selezionare i testi in italiano solo nel caso in cui si preferisca mantenere il doppiaggio in lingua originale e di adoperare invece una soluzione forse più virtuosa selezionando sia audio che testi in inglese nel caso in cui si voglia vivere l’intera esperienza con l’interpretazione occidentale.
Fortunatamente ti confermo in Final Fantasy VII Rebirth la lingua dei testi può essere selezionata nel menu principale del gioco senza dover obbligatoriamente cambiare quella della console, come accadeva invece nel Remake.
L’esplorazione prima di tutto
Passando al gameplay vero e proprio, quello che si staglia davanti agli occhi di Cloud, e conseguentemente a quelli del giocatore, è un mondo aperto e sconfinato molto più ampio della città di Midgar che ci ha accompagnato durante il primo capitolo. Ed è per questo che Square Enix in Final Fantasy VII Rebirth ha modificato sensibilmente l’approccio all’esplorazione introducendo tutta una serie di dinamiche volte a valorizzarla e incentivarla.
Una mappa gargantuesca
Nello sviluppare la world map di Rebirth la casa dei Chocobo si è davvero superata, riuscendo in meno di 4 anni a creare un mondo gigantesco e a mettere in scena un quantitativo di contenuti davvero impressionante, senza però scendere a patti con la qualità dell’esperienza e riversando lo stesso amore e passione per il materiale originale che era già stata riposta in Final Fantasy VII Remake.
Se il primo capitolo però si sviluppava attorno a una struttura prettamente lineare, sposando in pieno l’ambientazione urbana e claustrofobica dei bassifondi di Midgar, con Final Fantasy VII Rebirth le cose sono cambiate parecchio.
Non si può ancora parlare di open world ma il respiro di questa seconda parte dell’avventura è enormemente più ampio rispetto al passato e a livello di atmosfere la perfetta dicotomia tra luci e ombre che contraddistingueva il primo capitolo è stata sostituita da una varietà di biomi e ambientazioni semplicemente incredibile.
È veramente difficile non rimanere a bocca aperta quando, dopo la conclusione del racconto di Cloud, si spalancano le porte verso terre sconfinate a perdita d’occhio, che personalmente all’inizio mi hanno impressionato e allo stesso tempo intimorito, tanto che mi sono state necessarie alcune ore di gioco per apprezzarle davvero appieno.
La quantità di contenuti secondari presenti già in questa limitata porzione di mappa risulta infatti a tratti soverchiante, spiazzando un po’ chi, come me, ci si avventura per la prima volta magari aspettandosi di essere di fronte a un’esperienza tutto sommato lineare.
Non dimentichiamoci poi che in questo caso l’avventura, iniziando con il gruppo di Cloud già in viaggio in seguito agli avvenimenti del primo capitolo, ci mette nella situazione di conoscere già la maggior parte dei personaggi e può gettarci nel vivo dell’esperienza senza dover quindi tentennare in particolari presentazioni.
Si entra insomma fin da subito nel vivo dell’azione, con i primi due capitoli che fungono sostanzialmente da tutorial introducendo le nuove meccaniche che governano il mondo di gioco e lasciano poi velocemente spazio all’incedere della storia.
Minigiochi e attività secondarie
L’originale Final Fantasy VII era ricco di minigiochi e in Rebirth ne sono stati implementati moltissimi, che per mole di contenuti rappresentano quasi un gioco nel gioco. Passiamo infatti dalle corse con i Chocobo fino al minigioco in cui “si gioca a calcio“ con Red XIII, passando poi a tutte le attività del Gold Saucer, un vero parco giochi esplorabile, per finire con un intero minigioco dedicato al pianoforte.
Solo su quest’ultimo punto ad esempio si potrebbe benissimo aprire un paragrafo a parte, con Cloud che è in grado di suonare praticamente ogni melodia e dove l’unico limite è la fantasia del giocatore, e ovviamente un po’ di pratica.
C’è poi anche un minigioco di carte tutto nuovo, Queen’s Blood (Regina Rossa in italiano), che ricorda bene o male il famoso Gwent di The Witcher e che permette di affrontare giocatori in ogni parte del mondo e ottenere nuove carte per migliorare il proprio deck e aspirare a sfide ancora più impegnative.
Ci sono inoltre tutte le missioni secondarie commissionate da Chadley, l’androide presente anche nel primo capitolo, con le torri di esplorazioni da attivare per individuare i punti di interesse in una specifica area. E non solo: le attività di Chadley includono anche l’analisi delle fonti vitali del pianeta da cui apprendere la storia del mondo e ovviamente anche questa volta le missioni VR per sbloccare nuove materie ed evocazioni.
Completano infine il pacchetto dei contenuti secondari le cacce ai mostri e la ricerca dei tesori, che per quanto nell’economia di un gioco a mondo aperto rappresentino sicuramente attività riempitive, risultano comunque ben gestite e mai fuori contesto, con inoltre l’incredibile pregio di ricompensare adeguatamente il giocatore per i suoi sforzi, donando quindi un senso di appagamento e progressione che rendono giustificata la traversata.
Insomma, per fare un paragone con il recente Final Fantasy XVI, in cui le missioni secondarie erano focalizzate soprattutto sul rafforzare la conoscenza del mondo di gioco, in Final Fantasy VII Rebirth sono gestite decisamente meglio in quanto incidono concretamente anche sui diversi aspetti del gameplay.
Il mondo di Rebirth è troppo grande?
Come già accennato il mondo di Final Fantasy VII Rebirth è veramente grande e domandarsi quindi se questi ampi spazi siano giustificati e sfruttati a dovere è più che lecito. A livello di contenuti e missioni secondarie abbiamo già risposto a questa domanda, ma è importante accennare anche delle possibilità di movimento offerte per esplorarlo.
Durante l’esplorazione libera Cloud ha infatti la capacità di sfruttare una sorta di parkour rapido e automatico che gli permette di saltare oltre le sporgenze, arrampicarsi lungo le superfici di montagne e dungeon (opportunamente segnalate) con mosse che ricordano da vicino quelle dei più famosi assassini videoludici.
Il nostro mercenario è inoltre ora in grado di nuotare e attraversare quindi zone prima inaccessibili, e di usare anche un pratico rampino per volteggiare lungo gli appigli sparsi per le ambientazioni raggiungendo così zone sopraelevate o troppo distanti.
I Chocobo poi si sbloccano presto nell’avventura (anche se dovrai sbloccarne uno diverso in ogni regione del mondo prima di poterlo utilizzare) e permettono di coprire lunghe distanze in breve tempo, rendendo l’esplorazione e la caccia ai materiali molto meno noiosa.
Infine, da un certo punto del gioco in poi sarà possibile utilizzare anche una comodissima buggy e una “barca” (tra virgolette, perché chi sa, sa) per attraversare i mari, che unitamente alla possibilità di utilizzare il viaggio rapido per spostarsi immediatamente in ogni luogo già visitato permettono di saltare velocemente da un punto di interesse all’altro.
Questione di ritmo
Uno dei piccoli difetti che affliggono la produzione Square Enix è a mio avviso rappresentato dalla non sempre gestione ottimale del ritmo di gioco. E questo aspetto lo si può probabilmente evincere già dal primo capitolo con alcuni momenti di trama specifici, come nel caso di un Cloud ferito che zoppica attraversando una Nibelheim in fiamme, che risultano eccessivamente lunghi e che vanno a spezzare troppo il ritmo dell’azione.
Nulla di eccessivamente disturbante, sia chiaro, ma in alcuni frangenti questi rallentamenti forzati, soprattutto quando eccessivamente diluiti all’interno della storia e quindi non opzionali, potrebbero causare un leggero fastidio nel giocatore più impaziente.
E ovviamente su questo fronte l’estensione del mondo di gioco sicuramente non aiuta, con la presenza forse eccessiva di attività secondarie che, per quanto sufficientemente rapide ed integrate a dovere con la lore del mondo di gioco, non hanno una grande varietà e potevano quindi essere sicuramente ridotte nel numero, invogliando così il giocatore a completarle anche durante la sua prima run.
L’incredibile evoluzione del sistema di combattimento
Il sistema di combattimento di Final Fantasy VII Rebirth è una naturale, ma per nulla scontata, evoluzione di quello già visto con Remake, e personalmente ammetto che ha superato ampiamente le mie più rosee aspettative sfiorando, sempre a mio parere, la perfezione.
Partendo dalle solidissime basi del gioco precedente, il team di sviluppo è stato in grado di sviluppare una formula ancora più rifinita e frenetica introducendo diverse nuove meccaniche che modificano profondamente l’approccio agli scontri e permettono una varietà di possibilità in combattimento ancora più ampia.
Prima di entrare nel dettaglio delle novità introdotte su questo fronte ti segnalo che in questo secondo capitolo, che conta un numero di personaggi molto superiore al Remake, potrai controllare attivamente in battaglia un party formato da 3 personaggi mentre gli altri ti daranno supporto in automatico, potendo intervenire sporadicamente e solo in casi di estrema criticità.
È però possibile formare il preset di 3 diversi team da switchare all’evenienza semplicemente premendo un tasto del pad, e ovviamente ogni membro del gruppo guadagnerà comunque i punti esperienza alla fine degli scontri indipendentemente dal fatto che abbia preso parte più o meno attivamente alla battaglia.
Passando alla difficoltà del gioco, anche in questo caso non sarà possibile scegliere la modalità difficile fin da subito, che verrà invece sbloccata una volta completata la prima run. È presente però un’aggiunta alla formula classica, con l’introduzione della difficoltà dinamica, che adatta il livello dei nemici a quello del giocatore proponendo quindi sempre una sfida stimolante.
In ogni caso anche in modalità Normale il gioco si dimostra tutto sommato bilanciato e, sebbene molti mostri comuni trovati lungo il percorso non rappresentino quasi mai un vero pericolo, lo stesso non si può dire per i boss, molto più coriacei e divertenti da affrontare grazie alle diverse fasi di cui si compongono gli scontri, che costringono il giocatore a pensare velocemente e adottare approcci sempre differenti.
Le abilità sinergiche
Forse la più grande novità introdotta nel sistema di combattimento di Final Fantasy VII Rebirth è rappresentata dalla possibilità di sfruttare abilità e attacchi sinergici tra i membri del party. Sono infatti presenti le Abilità Sinergiche che rappresentano azioni che possono essere attivate in qualunque momento dai membri del party e che spaziano dal farsi difendere da un compagno di squadra al lanciarlo in azione contro un nemico.
Gli Attacchi Sinergici sono vere e proprie combo eseguite da due membri del gruppo e che si sbloccano durante il combattimento eseguendo attacchi e abilità. Queste azioni, oltre ad aumentare la spettacolarità degli scontri, si rivelano particolarmente efficaci contro i boss e permetteranno di far crescere il legame tra i membri del party.
Sempre più JRPG
Ovviamente tutte queste nuove possibilità hanno bisogno di un sistema che permetta di sbloccarle e potenziarle, ed è qui che entra in gioco il Folio, “Manuale di Combattimento” nell’adattamento italiano, che come struttura ricorda vagamente la sferografia di Final Fantasy X. Tramite questo speciale albero delle abilità ogni personaggio potrà apprendere abilità ed attacchi sinergici ed aumentare al contempo le proprie caratteristiche base.
Una delle principali caratteristiche di questo sistema è che spinge fortemente verso la sperimentazione e permette infatti di resettare in qualsiasi momento tutti i punti spesi nell’apprendimento di nuove abilità così da poter provare un approccio totalmente diverso, permettendovi ad esempio di creare, perché no, un Barret mago bianco.
In Final Fantasy VII Rebirth è inoltre presente un intuitivo, ma non per questo meno efficace, sistema di crafting che permette di creare istantaneamente consumabili come le pozioni e pezzi di equipaggiamento utilizzando gli ingredienti sparsi e raccolti per il mondo di gioco.
Questo aspetto, insieme all’ampia personalizzazione dello stile di combattimento, accresce molto le dinamiche da JRPG del titolo, che rispetto a Final Fantasy VII Remake risultano decisamene più marcate.
Anche sul fronte delle Materie, poi, ci troviamo di fronte a un rinnovamento generale dell’esperienza, con molte più materie rispetto al passato, che ora possono anche fondere più elementi nella stessa materia. In altre parole, occupando un solo slot potrai equipaggiare una materia che permette ad esempio di usare sia Fire che Thunder.
Per quanto riguarda le Invocazioni, invece, il loro utilizzo rimane pressoché invariato rispetto a Remake, con una singola materia equipaggiabile per personaggio e la creatura evocata che rimane in campo per un tempo predefinito supportando il giocatore nella battaglia e a cui è possibile far eseguire attacchi specifici utilizzando una barra ATB.
Infine, essendo un’esclusiva PS5, Final Fantasy VII Rebirth sfrutta in modo poco marcato ma comunque efficace le caratteristiche uniche del Dualsense permettendo ad esempio di ricevere feedback adattivo sui grilletti quando si guida il segway.
Visivamente impressionante
C’è poco da dire, Final Fantasy VII Rebirth è semplicemente uno spettacolo per gli occhi. A meno infatti di qualche piccolo difetto, di cui parleremo più avanti, a livello visivo l’ultima produzione Square Enix è strabiliante e mostra un’attenzione al dettaglio e una cura per ogni aspetto grafico del gioco davvero maniacale.
I fan di vecchia data (e non solo loro) passeranno probabilmente diversi minuti ad ammirare gli scorci mozzafiato che si troveranno a esplorare nel corso dell’avventura, rimanendo ammaliati nel vedere le ambientazioni che hanno segnato un’epoca prendere vita con una qualità e una cura dei particolari così elevata.
Il mondo di Final Fantasy VII Rebirth è immenso ma non spoglio ed è impossibile non apprezzare come ogni suo ambiente sia stato minuziosamente ricreato sotto ogni angolazione, con la qualità degli effetti di luce e dei particellari che si mantiene altissima durante tutta la campagna, tanto durante il giorno quanto durante la notte.
I modelli dei personaggi principali nelle scene di intermezzo toccano quasi il fotorealismo e le pregevolissime animazioni rendono sempre fluido e credibile ogni loro movimento, tanto nel gameplay quanto nei filmati. Ovviamente, come da tradizione abbiamo a disposizione le due classiche modalità tra cui scegliere: Grafica e Performance.
La prima punta a una risoluzione 4K con un framerate a 30fps, la seconda invece punta ad una risoluzione dinamica con picco a 1440p e un framerate a 60fps. La scomoda verità, però, è che al momento nessuna delle due opzioni riesce a mantenere il framerate promesso e a livello grafico le due soluzioni non mostrano particolari differenze se non per il fatto che la modalità grafica garantisce una qualità delle ombre più elevata e una maggiore profondità di campo.
Il mio consiglio in questo caso è di provarle entrambe e decidere autonomamente quella che più si addice ai vostri gusti. Io ad esempio prediligo la modalità grafica anche se nella maggior parte dei casi probabilmente la modalità performance è quella preferita dai più, in quanto permette di fruire di un’esperienza più fluida che agevola le battaglie, anche se al costo di una qualità grafica leggermente inferiore.
Una colonna sonora maestosa
Poco da dire anche sulla colonna sonora, che si compone di un mix di tracce originali riarrangiate e pezzi nuovi di zecca, che accompagnano magistralmente ogni evento e situazione che Cloud e i suoi compagni si trovano ad affrontare durante la campagna. All’interno del gioco sono presenti oltre 400 tracce, una delle selezioni più ampie mai viste negli ultimi anni in un titolo di questo tipo.
Le indimenticabili melodie originali composte quasi 30 anni fa dal maestro Nobuo Uematsu sono state rivisitate e portate a nuova vita da Masashi Hamauzu e dal suo team, che è riuscito a riproporre i brani più famosi del gioco originale arricchendoli grazie a nuovi arrangiamenti e integrando nuove sinfonie per comporre una colonna sonora di altissimo livello.
Molto interessante dal mio punto di vista è stato ascoltare moltissime versioni diverse dello stesso brano, alle volte difficili da distinguere se non si ha l’orecchio allenato e non ci si fa troppa attenzione, ma che contribuiscono in modo sensibile alla riuscita di ogni scena.
Qualche problemino c’è
Prima di passare alla conclusione di questa lunghissima recensione è doveroso, dopo aver lodato gli innumerevoli pregi della produzione, sottolineare anche la presenza di qualche piccolo difetto. Non è infatti tutto oro quel che luccica e anche Final Fantasy VII Rebirth non si può dire esente da problemi che vanno a intaccare la qualità generale dell’esperienza, peraltro la maggior parte di essi già presenti nella prima parte del progetto remake.
Se da una parte infatti i modelli poligonali dei personaggi e gli ampi paesaggi del mondo sono rappresentati magnificamente, dall’altra sono presenti alcune texture, soprattutto negli spazi interni e per gli oggetti in lontananza, di bassissima qualità, che stonano un po’ se ci si sofferma a guardarle.
Queste rappresentano così un piccolo neo della produzione, che non va però a minare in modo sensibile la resa visiva generale dell’opera né la godibilità dell’esperienza. Potrà capitare quindi di storcere momentaneamente il naso davanti a un cespuglio appena abbozzato o un muro di rocce a bassa risoluzione, ma basterà volgere lo sguardo altrove per dimenticarlo immediatamente e perdersi nelle meraviglie che il mondo ha da offrire.
Si nota inoltre una lieve differenza qualitativa tra i modelli nelle scene di intermezzo e quelli nelle sezioni in-game, con una cornice visiva che risulta quindi un po’ altalenante nonostante la problematica non sia eccessivamente marcata.
Anche a livello tecnico poi le risorse grafiche non si comportano sempre benissimo e nella versione stampa che abbiamo testato è capitato abbastanza spesso di assistere a fenomeni di pop-in e vedere quindi alcuni asset di gioco spuntare magicamente in lontananza. Non sappiamo se verrà rilasciata una patch risolutiva in tempo per il lancio del gioco ma anche in questo caso il fenomeno non risulta comunque troppo fastidioso.
Infine, almeno per quanto riguarda la grafica, anche l’illuminazione non è sempre ben gestita e in alcuni ambienti particolarmente luminosi, come ad esempio l’affaccio sul mare di Under Junon, l’intera scena viene sovraesposta aumentando esageratamente la luminosità del cielo e rendendo lo scenario un po’ troppo irreale.
Un altro piccolo neo è riscontrabile nella “leggerezza” degli oggetti di scena: basta infatti toccarli per farli rimbalzare a destra e sinistra, sia che si tratti di una semplice cassa che di un tavolo da pranzo. Nulla di grave, certo, ma fa sorridere sfiorare e veder volare oggetti che di norma ci si aspetterebbe rimanessero fermi al loro posto.
A livello di bug, comunque, dopo la mia approfondita run posso affermare che il gioco non soffre di problemi evidenti che ne impediscono la prosecuzione, con giusto qualche sporadica occasione in cui il terreno non aderisce perfettamente ai piedi dei personaggi – soprattutto in prossimità di sporgenze – ma si tratta di leggere imprecisioni che si perdono di fronte alla maestosità generale dell’esperienza.
Final Fantasy VII Rebirth RECENSIONE | Conclusione
Siamo finalmente arrivati alle battute finali della recensione di Final Fantasy VII Rebirth, e prima di passare al giudizio finale ci tengo a ringraziare tutti coloro che hanno avuto il coraggio e la pazienza di seguirmi fino a qui.
Questo secondo capitolo della trilogia remake porta in scena alcuni dei momenti più iconici della settima fantasia finale accompagnandoli con altri nuovi di zecca, come il suo controverso capitolo finale, probabilmente ancora più spiazzante di quello di Remake e volutamente neanche accennato in questa recensione, che farà sicuramente discutere per molto, molto tempo.
Le importanti deviazioni di trama, soprattutto nel finale, non faranno quindi felici tutti i giocatori e io stesso sto ancora cercando di digerirle per provare a capire quale potrà essere il loro impatto sulla terza parte. Personalmente non sono molto d’accordo con alcune scelte prese dagli sviluppatori in questo senso ma probabilmente mi servirà una seconda run e tempi di gioco senza la deadline della recensione per potermi godere appieno il titolo.
Tutto considerato Final Fantasy VII Rebirth è, senza alcun dubbio, un capolavoro: un’opera monumentale, coraggiosa, a tratti spiazzante, che non teme di rimaneggiare il passato guardando con forza al futuro. Una produzione che per quantità e qualità dei suoi contenuti ha davvero pochi rivali, e che riprende quanto di buono fatto con la sua prima parte espandendone e perfezionandone la formula.
L’ultima fatica Square Enix convince con tante buone idee, una sceneggiatura e una regia magistrali e quasi sempre coerenti, sporcate da pochissimi momenti di calo, in quella che è a tutti gli effetti una produzione mastodontica, che ci tengo a premiare per i suoi innumerevoli pregi e i traguardi tecnici raggiunti che, a mio avviso, superano di gran lunga i suoi difetti, comprese le discutibili revisioni di trama apportate dal team.
Final Fantasy VII Rebirth uscirà in esclusiva PS5 in tutto il mondo il prossimo 29 Febbraio 2024. L’attesa è quindi ormai quasi finita e non vedo davvero l’ora di leggere i tuoi commenti per sapere cosa ne penserai dopo averci giocato anche tu.
FF7 Rebirth RECENSIONE | La leggenda rinasce
Siamo finalmente tornati nei panni di Cloud Strife nell'attesissima seconda parte della trilogia remake del capolavoro senza tempo del 1997, con Final Fantasy VII Rebirth RECENSIONE. Il secondo capitolo del remake arriva in esclusiva PS5 carico di aspettative, e sconvolge con l'immensa qualità (e quantità) dei suoi contenuti, che si dimostrano in grado di alzare ulteriormente la già altissima asticella posta dal suo illustre predecessore.
Un’opera monumentale. Magnifico.
Pro
- Visivamente maestoso
- Il sistema di combattimento sfiora la perfezione
- Un immenso parco giochi
- Qualità e quantità anche nei contenuti secondari
- Le ambientazioni sono meravigliose…
Contro
- …ma alcune texture sono di bassissima qualità
- I contenuti dell’open world sono un po’ deleteri e alcune sezioni di trama un po’ troppo diluite
- Il finale è ancora una volta controverso e non farà felici tutti