F.E.A.R. 2: Project Origin – Recensione F.E.A.R. 2: Project Origin
Ma che bella bambina insanguinata!!!
Eccoci nuovamente alle prese con una delle saghe FPS più amate. Quando il primo F.E.A.R. uscì su PC fu investito da critiche ampiamente positive, soprattutto grazie all’impressionante intelligenza artificiale, ancora oggi la migliore che si sia vista in un FPS. Dopo la conversione del gioco per console e l’uscita di due espansioni che esploravano alcuni dei retroscena della vicenda (in realtà senza rispondere agli innumerevoli interrogativi lasciati aperti dal gioco originale) e, soprattutto, dopo le innumerevoli vicende legali, di cui abbiamo già parlato in fase di anteprima, legate all’acquisizione dei Monolith (gli sviluppatori della saga F.E.A.R.) da parte della Warner, eccoci finalmente con una copia dell’atteso seguito, F.E.A.R. 2 : Project Origin. Riusciremo ad uscire vivi da questo nuovo incubo ad occhi aperti?
Poco prequel e molto sequel
La torbida vicenda del gioco precedente narrava come l’apripista della squadra F.E.A.R. (First Encounter Assault Recon) si scopriva figlio di Alma, una giovane esper che era stata usata fin da bambina dalla Amarcham per i suoi esperimenti legati alla creazioni di soldati (chiamati replicanti) da controllare tramite il potere psichico di taluni, potentissimi, esper. Quando Alma diventò troppo potente per poter essere contenuta, a seguito di diversi incidenti che si verificarono nella base segreta della Amarcham, gli scienziati senza scrupoli decisero di mettere tutto a tacere eliminando la povera bambina senza che potesse mai abbracciare i suoi figli, l’apripista, per l’appunto, e Paxton Fettel, il “cattivo” del primo capitolo. In qualche modo , alla fine del gioco, l’apripista non riesce ad evitare l’apertura della cella di contenimento dove è stato intrappolato lo spirito di Alma (che, ovviamente, è un bel po’ adirata per come è stata trattata) la quale sprigiona tutto il suo potere distruttivo radendo al suolo, con una spettacolare esplosione, la cittadina dove si trovavano i laboratori della Amarcham. L’apripista, come viene narrato nell’espansione Extraction Point, riesce a sopravvivere all’apocalisse. In questo seguito, tuttavia, non torneremo ad impersonare il vecchio personaggio,bensì un soldato chiamato Michael Becket, inizialmente senza i poteri del suo predecessore, che poteva muoversi ad incredibile velocità (nel gioco il potere si traduceva a poter rallentare i nemici per un breve periodo di tempo, con un effetto bullet time particolarmente riuscito dal punto di vista visivo). La vicenda inizia in contemporanea alle fasi immediatamente precedenti l’apertura della cella di contenimento di Alma nel primo capitolo. Mentre l’apripista è impegnato ad impedire la liberazione di Alma, veniamo inviati insieme ad altri soldati ad arrestare Genevieve Aristide, la responsabile del progetto Origin (il progetto legato ad Alma e ai due prototipi, i suoi figli), col doppio scopo di arrestarla per assicurarla alla giustizia ma anche di salvarla dalla Amarcham che ha deciso di eliminarla per metterla a tacere (ritenendola responsabile del fallimento del progetto). Ovviamente ad un certo punto saremo testimoni della gigantesca esplosione che distrugge la città: da questo momento in poi verremo braccati da Alma, dai replicanti controllati dalla “bambina” stessa e dalla Amarcham stessa, in una vicenda che ci vede protagonisti nello svelare i segreti legati all’oscura vicenda.
Guerriglia paranormale
L’impostazione del gioco è del tutto simile al precedente gioco: non ci sono stati stravolgimenti di sorta ne sono presenti nuove meccaniche di gioco, ad eccezion fatta per alcune fasi dove comanderemo un Mech (fasi, tra l’altro, divertentissime e ben realizzate dal punto di vista visivo). Per chi non avesse mai giocato al precedente FEAR, si tratta di un classico FPS che alterna delle fasi d’azione, in cui affronteremo tantissimi nemici contemporaneamente, a fasi horror scriptate, durante le quali l’azione si interrompe per farci vivere un vero e proprio incubo ad occhi aperti: apparizioni di Alma che uccide in maniera orribile chiunque le venga a tiro, spettri, manifestazioni paranormali, c’è davvero di tutto e di più. Il gioco, in queste fasi, riesce a restituire un’ottima atmosfera, specie se giocato nelle giuste condizioni (ovvero, di notte e con un bel paio di cuffie). In effetti chi ha giocato al precedente FEAR sa già cosa aspettarsi da questi momenti e, pur se il senso di tensione non viene mai meno, l’atmosfera horror ne risente. Per quanto riguarda le fasi d’azione, nulla è cambiato dal precedente capitolo: i livelli sono generalmente lineari, aprendosi in ambienti più ampi nelle zone in cui si svolgono gli scontri più accesi. Qui possiamo aggirarci lungo lo scenario cercando coperture adeguate in continuazione, in quanto l’ottima IA del precedente capitolo viene qui riproposta: i nemici sono in grado di aggirarci, circondarci, colpire dai fianchi costringendoci in continuazione a cercare un nuovo riparo. Una piccola novità è data dal fatto che possiamo rovesciare tavoli e altri oggetti dallo scenario per poter creare delle coperture dietro le quali ripararci dai colpi nemici. Devo dire che, personalmente, non ho usato praticamente mai questo tipo di copertura: gli scontri, infatti, sono così accesi che non c’è davvero tempo per cercare oggetti da rovesciare, preferendo di solito usare i classici muri per stare riparati. I nemici, invece, useranno tantissimo questa nuova caratteristica: è davvero bello vederli mentre con un calcio rovesciano un tavolo riparandovisi dietro.
Come detto prima l’IA è perfetta come quella del primo capitolo: per forza di cose non ci impressiona più come una volta, pur tuttavia non riesco a trovare un altro gioco che possegga una IA così ben realizzata, dove i nemici reagiscono così bene ai nostri movimenti creando tattiche di guerriglia sempre credibili. Purtroppo ho notato un generale calo della difficoltà: ho giocato al livello massimo di difficoltà eppure mi è capitato di rado di morire, probabilmente perché già abituato allo stile della saga. In ogni caso nel primo capitolo (e nelle espansioni) erano presenti alcune fasi di combattimento veramente difficili da affrontare, che in questo capitolo, invece, sono scomparse preferendo scontri più veloci e, purtroppo, più semplici; questo, probabilmente, anche perché non pare essere stato bilanciato benissimo l’uso del bullet time: dura troppo e si ricarica troppo velocemente, di fatto causando il calo del livello di difficoltà. Per quanto riguarda l’arsenale, ritroviamo gran parte delle armi del primo capitolo (pistola, fucile a pompa, mitra, fucile da combattimento, fucile da cecchino e fucile sparachiodi) con alcune novità, come un lanciafiamme, un lanciarazzi e un laser: il tutto restituisce un arsenale sufficientemente vario, anche perché ogni arma è adatta per particolari situazioni di gioco, costringendoci spesso a ragionare su quale utilizzare a seconda della situazione. La varietà dei nemici, invece, non è enorme: accanto ai soldati umani troviamo un paio di abominazioni (esperimenti falliti della Amarcham) e fantasmi. Il nemico più particolare è un esper che è in grado di controllare i cadaveri che si trovano nelle sue vicinanze attraverso dei fili rossi che escono dal suo corpo, che ricordano quelli di un burattinaio. Il gioco è un po’ più lungo del primo FEAR, regalando un’esperienza di gioco di circa 12 ore (qualcosa di più, qualora non siate esperti di FPS).
Giochiamo insieme?
Il multiplayer è abbastanza classico ma risulta migliore dalle anonime modalità del primo capitolo. Accanto al classico deathmatch, al cattura la bandiera (qui leggermente differente dal solito, in quanto è necessario difendere due bandiere alla volta), alla conquista dei territori, vi sono delle modalità più particolari come quella in cui dobbiamo conquistare del punti di controllo potendo comandare dei mech (uno per squadra). Le mappe non sono numerosissime ma sono ben realizzate, con un ottimo level desigh. L’impressione generale è quella di un comparto multiplayer non certo di altissimo livello ma che, comunque, può aumentare la longevità del titolo in quanto propone delle modalità sufficientemente divertenti da giocare.
Ambienti horrorifici
Le critiche più feroci al primo capitolo furono mosse verso la varietà degli ambienti di gioco, che risultavano alquanto spogli. In questo secondo capitolo il difetto è praticamente scomparso: non solo c’è una grandissima varietà di ambienti, ma inoltre gli stessi hanno una ricchezza di particolari raramente vista in un FPS. Ottima anche la realizzazione degli esterni, che nel primo capitolo, invece, erano le parti realizzate peggio. Graficamente il gioco è davvero ottimo: si passa dall’ottima realizzazione grafica degli ambienti (anche se qui e li si notano delle texture di qualità inferiore, che stonano non poco con l’ottima resa generale) all’ottima modellazione e animazione dei nemici. Le fasi paranormali e il bullet time, inoltre, innalzano ulteriormente la qualità grafica: gli effetti vengono usati in maniera ottima, rendendo queste fasi davvero spettacolari da vedere (alcuni momenti fanno rimanere veramente a bocca aperta).
Ottimo l’uso dei colori: si passa da ambienti vivaci e ricchi di colori, come quello della scuola, ad ambienti con predominanza di verde e blu (come nei laboratori), passando per le fasi paranormali dove normalmente predomina il rosso o, addirittura, dove tutto diventa quasi in bianco e nero: la varietà, quindi, è davvero altissima. Ottimamente realizzato il sistema di illuminazione, che crea ambientazioni dinamiche grazie alla luce che filtra attraverso le finestre dall’esterno, alle luci artificiali in movimento a causa dei fenomeni paranormali, alla nostra stessa torcia che funziona ad intermittenza quando sta per accadere qualcosa di strano. Il comparto audio è tra gli aspetti migliori del gioco: gli effetti sonori sono ottimi e contribuiscono ad alzare la tensione nelle fasi horror, seppur proponendo alcuni clichè del genere, come canzoncine infantili e pianti di bambini, mentre le musiche, utilizzate principalmente durante gli scontri a fuoco, sono varie e davvero ben orchestrate, con pezzi fortemente ritmici ed un ampio uso di strumenti a percussione che accrescono la frenesia degli scontri. Di buon livello il doppiaggio italiano, mentre, purtroppo, sono stati lasciati in inglese le notizie proveniente dalle TV o delle radio che incontreremo.
Conclusione
FEAR 2 è il seguito che ci aspettavamo: sono stati limati i difetti del precedente capitolo, il motore grafico è stato migliorato regalando una resa visiva di tutto rispetto e assolutamente al passo coi tempi, il comparto sonoro è ottimo. Inoltre la storia risulta finalmente più chiara, aiutandoci a chiarire gli aspetti oscuri del primo capitolo pur lasciando qualche nuova domanda senza risposta. Purtroppo la difficoltà del gioco è diminuita e non faticheremo più di tanto a terminare l’avventura, mentre il multiplayer, comunque divertente, non propone sufficienti novità da attirare orde di giocatori per molto tempo. Quello che resta è un ottimo FPS con una buona atmosfera horror, consigliato sia agli appassionati della saga ma anche a chi apprezza il genere.