Dystoria – Recensione
Qualora abbiate la necessità di evidenziare le vostre doti sparacchine in produzioni caratterizzate dal ricorso a valori di produzione dannatamente elevati, allora evitate come la peste Dystoria. Se invece volete avere a che fare con un’opera senza troppi fronzoli, dal gusto smaccamente indie anni ’80 e in cui a buona mira occorra associare il gusto per l’esplorazione e la ricerca, allora ritroverete nel titolo Tri-Coastal Games qualcosa con il quale trastullarvi e divertirvi.
Disponibile (almeno per il momento) solo su Steam, Dystoria incarna le virtù di uno shooter fondato sullo sfruttamento coatto di sei assi direzionali, associate a quelle di un discreto esplorativo spaziale. Infarcito da un gusto estetico palesemente ispirato a Tron, il codice binario di questo incesto giocoso sostanzia l’ennesima, benvenuta declinazione virtuale del quantomai attuale concetto di fruizione mordi e fuggi, suddiviso com’è in una sequela di livelli (ventinove, per la precisione) completabili in una manciata di minuti.
Qualora l’homo ludens volesse sfogare i propri istinti repressi contro le intelligenze artificiali ospitate da Dystoria e si aspettasse una sfida psicologica particolare non troverà nulla di clamoroso ad attenderlo. I nemici, infatti, non seguono alcun pattern d’attacco o di ricerca elaborato, attivandosi solamente nel caso in cui il videogiocatore rientri nel proprio campo visivo. Che risulti chiaro, quindi, come Dystoria non sia il “solito” sparatutto: chi volesse semplicemente seppellire a colpi di armi fotoniche una sporta e mezza di pidocchiosi nemici alieni deve sicuramente rivolgersi a qualcos’altro. Xenoraid, in tal senso, è il primo nome tra le produzioni recenti a stimolare le nostre sinapsi.
Ma è la natura antigravitazionale di Dystoria, quella che permette alle navicelle spaziali di navigare lungo ciascuna superficie costituente la mappa di gioco, (incluse quelle laterali), a donare al fruitore le chiavi per lo sfruttamento coatto di ogni struttura solida, concedendo ogni proprio anfratto spigoloso alla mercé del player affinché possa ululare la propria egemonia su quell’ammasso di carcasse robotizzate. L’eventualità fornita dalla possibilità di potenziare il proprio armamentario bellico mediante utilizzo della moneta virtuale raccoglibile, inoltre, consente all’astuto player di prendersi gioco dell’IA e blastare la feccia nemica con una leggiadria comparabile a quella di James Earl Cash in Manhunt.
Ed è proprio il bisogno di racimolare la grana che stimola il gamer a spingersi là, dove nessun videogiocatore è mai stato. Insieme alla ben accetta presenza di frammenti di nave collezionabili, misteriosamente sparsi per l’area di gioco e correlati allo sblocco di un’esotica fuoriserie dello spazio, la bellezza correlata alla (quasi) libera esplorazione di questa acida dimensione si sposa alla perfezione con la necessità di utilizzare le proprie bombe a guisa di Link, distruggendo spesse vetrate in maniera tale da poter spalancare le porte allo sfruttamento di passaggi segreti. Questi ultimi, collegati a teletrasporti capaci di materializzare la vettoriale sagoma della propria utilitaria spaziale in zone altrimenti irraggiungibili.
E si respirano note di Asteroids, cullati da dolci melodie sintetizzate, mentre si viaggia immersi nell’immensità di uno spazio vestito d’infinito. Dystoria non è il più bel gioco al mondo, tuttavia raggiunge risultati davvero insperati se commisurati al numero di risorse umane (due, Craig Grierson e Daryl Wilson) responsabili dello sviluppo di questo shooter spaziale powered by Unity. I downside più importanti? La totale assenza di qualsivoglia modalità multigiocatore e la presenza di qualche bug ancora da limare.
Dystoria è un titolo convincente e degno di essere perlomeno provato: sebbene non possa fondare la propria esistenza su valori produttivi elevati, distribuisce tutto il suo peso su una modalità singleplayer discretamente divertente e caratterizzata da una marcia in più, donata in particolare dalla peculiare impostazione six axis del gameplay. Il comparto tecnico, graziato da una peculiare cosmesi, viene infine affiancato da una colonna sonora che riporta con la mente a circa quarant’anni fa. Peccato per il multiplayer, davvero.
Pro
- Divertente e giocabile
- Gameplay six axis interessante
- Cosmeticamente gradevole
Contro
- Niente multiplayer
- Qualche bug ancora da estirpare
- Intelligenza artificiale poco evoluta