Dying Light: Hellraid – Recensione
Dying Light è un caso più unico che raro nell’industria videoludica: a più di 5 anni dalla sua uscita, il developer Techland continua imperterrito a pubblicare contenuti extra che allungano notevolmente la già praticamente infinita per sua natura, esperienza videoludica del titolo. Ed è proprio in quest’ottica che in questa sede analizzeremo quest’oggi l’ultima “fatica espansionistica” dello studio polacco, Hellraid: espansione appunto di Dying Light ma con un “plot twist” inatteso. In effetti, Hellraid era in tutto e per tutto un titolo a sé stante di Techland: un ruolistico d’azione in prima persona, con elementi in singolo e in multiplayer che avrebbero fatto in tutti i sensi, la felicità sia dei fan dei dungeon crawler sia dei più squisitamente affezionati a un semplice quanto brutale affettamento a ciclo continuo di cattivoni soprannaturali.
Ma ancora prima Hellraid si chiamava Project Hell ed era, nella testa degli sviluppatori di Techland, una “semplice” mod per il primo e indimenticabile capitolo di Dead Island.
Come gioco a sé stante, Hellraid avrebbe dovuto esser rilasciato nel 2015 dopo il reveal urbi et orbi avvenuto nel 2013: ma, nel 2014 il progetto subì un totale rifacimento, al fine di adattare il titolo al nuovo motore grafico in house di Techland per poi, purtroppo, esser abbandonato completamente. Ecco quindi infine la recensione di Hellraid!
Hellraid è un contenuto aggiuntivo a pagamento di Dying Light: così come il gioco base, anche Hellraid condivide sostanzialmente le stesse meccaniche di gioco del titolo originale, attestandosi come un gioco d’azione con elementi ruolistici in prima persona. Com’è lecito attendersi, l’espansione di Dying Light, eredita dal titolo “madre” anche tutte le capacità atletiche del protagonista, in grado quindi di arrampicarsi su elevate costruzioni e di spiccare notevoli salti nel vuoto seppur nell’espansione vengano fortemente ridimensionate nell’utilizzo.
Hellraid, al contempo, possiederà caratteristiche “uniche” in grado di differenziarlo, nella formula, rispetto all’esperienza principale della saga.
L’espansione ci permette di addentrarci in un universo parallelo a quello del videogame, cupo e infestato da terribili forze demoniache che obbediscono al volere del potentissimo Ba’al. Una volta scovato il cabinato anni ’80 o i poster presenti nei rifugi, il nostro atletico protagonista si ritroverà suo malgrado in una terrificante torre, abitata da mostruosità di tutti i tipi oltre che dai nostri cari e amorevoli non morti. L’obiettivo, nemmeno a dirlo, sarà quello di farci strada sino al livello più basso della torre, raccogliendo man mano diversi strumenti di morte per falciare le putride e sanguinarie schiere nemiche (il nostro inventario, all’inizio, sarà vuoto) e avere la meglio sulle forze del male.
Recensire Hellraid è difficile per tanti motivi: se dovessimo solo analizzare il contenuto aggiuntivo in un “catartico” astrarsi dai meri valori numerico-meccanici, Hellraid meriterebbe un 10 secco per due motivi. Il primo è l’aver intelligentemente riportato in vita una proprietà intellettuale che, seppur “latente”, aveva di già raccolto tanti fan al suo seguito. Il secondo motivo è che, Techland, sta sostanzialmente mostrando al mondo che si può, cinque anni dopo, ridar vita a un titolo supportandolo in modo prolungato e con contenuti generosi (la seconda espansione, The Following, offriva a un prezzo accessibile contenuti quantitativamente proporzionali al gioco base).
Ma se optassimo per una analisi contenutistica, scevra da questioni “etiche” e “ideologiche”, Hellraid è sì un buon contenuto, guardando soprattutto al prezzo e pensando al supporto che, sicuramente avrà in futuro. Ma al contempo non è troppo difficile scovarne limiti notevoli che stridono fortemente proprio con le potenzialità del concept originale. Ad esempio, una delle caratteristiche fondanti del gameplay di Dying Light è l’elemento parkour, non solo scenico ma anche strategico nelle situazioni più concitate. Una caratteristica che in Hellraid è stata quasi completamente eliminata: infatti, il level design complessivo del titolo sarà sostanzialmente lineare e, nella stra-grande maggioranza dei casi, non porrà innanzi a noi ostacoli da superare o situazioni tali che ci inducano a sfruttare le doti atletiche del nostro protagonista.
Anche l’elemento narrativo sostanzialmente è solo accennato e si rivela essere nulla più che una breve giustificazione per menar fendenti in lungo e largo. Un altro elemento da tenere in considerazione è anche la complessiva accessibilità del gioco: Hellraid offre un sistema di progressione “interno” ma che, in sostanza, ci consentirà unicamente di sbloccare armi speciali che potranno essere utilizzate nel gioco base. Abbattendo i nemici avremo la possibilità di ottenere delle speciali monete che via via aumenteranno il nostro rank nel diabolico universo di Hellraid.
Più il nostro rank sarà alto più il complessivo livello di difficoltà del gioco aumenterà a ogni nuovo “tentativo”: se si considera che, in sostanza, a ogni run (che si concluderà prematuramente se moriremo tre volte, in pieno stile arcade) ci ritroveremo nostro malgrado “nudi” e bisognosi di equipaggiamento, la meccanica è sicuramente intrigante e si attesta in un certo qual modo nei classici canoni dei roguelike. Ciò che Hellraid vorrebbe che noi facessimo è quello che in sostanza chiedono tutti i roguelike: continuare, a testa bassa, a ricominciare tutto da capo (in questo frangente, con la possibilità anche di affrontare la diabolica avventura tramite coop online a quattro persone).
Ma se solitamente nel settore ci si affida ad esempio quasi sempre a una costruzione procedurale dei livelli, Hellraid invece avrà una conformazione statica degli stage, per l’occasione splendidamente ridisegnato in chiave dark fantasy che complessivamente arriveranno al massimo a impegnare il player per due o tre ore di gioco. Una (corta) repetita ulteriormente aggravata da un sistema di combattimento che non introduce nessuna novità rispetto al passato, e che si tradurrà sostanzialmente nel ciclico utilizzo dei nostri strumenti di morte, limitato però dalla mancanza di verticalità e delle correlate possibilità che avevano contraddistinto Dying Light nel marasma di giochi action/RPG in prima persona.
A questo, si aggiungano pochi item nuovi da raccogliere (facendo sfumare anche il lato più squisitamente loot finding) e nemici che, tranne in pochi casi, saranno sostanzialmente identici al passato. Anche il livello di sfida è altalenante soprattutto per chi ha giocato in lungo e largo i contenuti precedenti e se avrete personaggi in versione “God mode” non sarà particolarmente impegnativo se non dopo (parecchi) rank ottenuti. Al contrario per chi dovesse iniziare da zero la sfida offerta da Hellraid potrebbe rivelarsi velocemente complicata.
In definitiva, Hellraid è un prodotto più che sufficiente se rapportato al costo base: gli amanti di Dying Light avranno, a un prezzo contenuto, una nuova “scusa” per malmenare zombie, scheletri e altre mostruosità. Al contempo Hellraid è anche e soprattutto un’occasione al momento sprecata: l’espansione presenta dei leggeri elementi roguelike e da action RPG ma che, proprio per il loro esser solo accennati e ben lungi dall’essere quantomeno “parificati” agli standard dei citati settori, restituiscono il sapore di un qualcosa non portato a compimento. Ed è un peccato visto le potenzialità spaventose delle meccaniche tipiche di Dying Light sopratutto se pensiamo alla verticalità praticamente assente in Hellraid: il modus ludendi di Techland e il concept di base del gioco avrebbero, sulla carta, dovuto e potuto creare di più.
Pro
- Una nuova scusa per malmenare zombie e affini
- Una sterzata verso roguelike e action RPG...
Contro
- ... seppur solo accennata
- Verticalità quasi totalmente eliminata