Duke Nukem Forever – Recensione Duke Nukem Forever

Recensire videogiochi, lo ammettiamo, è un compito divertente e appagante. Questo il più delle volte, perché ci sono di tanto in tanto quei titoli con i quali anche l’addetto ai lavori più navigato e competente – che è prima di tutto anch’esso un videogiocatore – non sa come comportarsi. E’ questo il caso di Duke Nukem Forever: come approcciarsi ad un titolo che il mondo videoludico attende ormai da più di un decennio? Come riuscire ad avere abbastanza sangue freddo per giudicare oggettivamente il seguito ufficiale di quel Duke Nukem 3D che ha infiammato i cuori di tanti appassionati? Prendendoci il permesso di redigere una recensione un po’ diversa dal solito, abbiamo infine optato per una soluzione che cercherà di mostrarvi le varie sfaccettature del ritorno del Duca. Come? Cercando di analizzare Duke Nukem Forever da tre diversi punti di vista: inizialmente vi proporremo una classica disamina degli elementi chiave del gioco cercando di vestire i panni del recensore obiettivo; al termine dell’analisi, poi, aggiungeremo due paragrafi: uno per il videogiocatore giovane o giovanissimo che non ha mai conosciuto Duke e, infine, un ultimo paragrafo dedicato ai fan della prima ora. Si tratta di un modo per costringerci a vedere attraverso tre differenti paia di occhiali, in modo da produrre una recensione a 360 gradi capace (per quanto sia ancora possibile) di approfondire tutti quegli aspetti sui quali si sono già scritti fiumi di parole negli anni passati. Sperando che l’esperimento sia cosa gradita, non ci resta che augurarvi una buona lettura.

Nei panni del recensore: l’obiettività

Da recensori obiettivi siamo costretti a scegliere una linea dura, che non metterà certamente Duke Nukem Forever sotto una buona luce. Questo perché è come se gli sviluppatori, purtroppo, avessero cercando di tradurre per il presente una serie di idee vincenti del passato, senza però voler ammettere che nel corso degli anni troppe cose sono cambiate per poter incontrare il favore del pubblico con una produzione tanto antiquata.

Ma andiamo con ordine: innanzitutto il primo tallone d’Achille di Duke Nukem Forever è da riscontrarsi nel suo comparto tecnico. Il relativamente scoppiettante inizio infatti, che ci vede impersonare il Duca in una riproposizione del finale del vecchio episodio, è ben presto smentito da una realizzazione dei successivi livelli troppo spoglia, povera di poligoni e con texture mai abbastanza definite. Si salvano solamente alcuni momenti di gioco all’interno degli edifici e delle fabbriche, dove i giochi di luce, i numerosi macchinari in movimento e i tanti eventi scriptati riescono in qualche modo a dare un po’ di vita alle ambientazioni. Quando però capita di uscire all’esterno – o peggio ancora di tuffarsi nell’acqua – la povertà di dettaglio grafico è davvero imbarazzante. Consci del fatto che un gioco non si giudica solamente per il suo comparto tecnico, ci troviamo costretti a segnalare comunque questa mancanza, dal momento che in questo caso si rischia di non raggiungere nemmeno il minimo sindacale: non ci aspettavamo gli effetti particellari di Killzone, ci mancherebbe, ma dal momento che ai suoi tempi Duke Nukem 3D era uno degli FPS con la grafica migliore della categoria, era lecito pensare che gli sviluppatori si fossero sforzati maggiormente  per essere competitivi su questo aspetto. Un vero peccato, perché per quanto riguarda le ambientazioni il gioco offre tutto quello che si possa desiderare: dalle suite d’albergo ai locali notturni (con particolare attenzione per un intero livello passato a rimorchiare spogliarelliste),  dalle città in rovina ai nidi degli alieni, passando per fogne, deserti e scenari di ogni tipo. Per assurdo avremo volentieri rinunciato ad alcuni di questi contenuti pur di vedere una migliore caratterizzazione di alcuni luoghi. Sembrerebbe invece che in questo caso sia stata inspiegabilmente preferita la mera quantità a scapito della qualità.


L’inizio del gioco è abbastanza evocativo; peccato che le ore successive non siano allo stesso livello

Passando all’analisi del gameplay ci è possibile accennare un sorriso, anche se non troppo vistoso. Un aspetto positivo del gioco lo si può ritrovare nella varietà di situazioni da affrontare, e da questo punto di vista ci ha fatto molto piacere vedere come Randy Pitchford non scherzasse quando diceva di essersi ispirato alla giocabilità di Half Life per realizzare gli enigmi di Duke Nukem Forever: le sezioni platform, in molte delle quali il nostro eroe sarà rimpicciolito e costretto a trovare percorsi alternativi anche solo per riuscire ad aprire una porta, hanno un sapore vintage che gli appassionati ricorderanno con gioia. Il rovescio della medaglia di questa caratteristica è da ricercarsi nel fatto che le sparatorie, cuore pulsante del genere FPS, sono quasi meno divertenti delle sezioni platform: la maggior parte delle volte i nemici attaccano a ondate all’interno della stessa stanza, costringendo il giocatore a ingaggiare ripetitivi scontri a fuoco utilizzando i medesimi ripari e rifornendosi alle medesime casse di munizioni fino a quando non avrà abbattuto tutti gli avversari. I nemici in altre parole, invece di essere sparsi per la mappa, compaiono quando si risolve un enigma o quando si giunge in una nuova area, donando un senso di artificiosità che toglie l’impressione di una vera invasione aliena in cui interi eserciti sono sbarcati sulla terra.

A questo, per capire il perchè del sorriso a metà di cui dicevamo poc’anzi, aggiungete l’inspiegabile scelta di permettere al giocatore di trasportare solamente due armi per volta: passi l’assenza di un sistema di coperture, passi anche l’impossibilità di avere un mirino metallico sulle armi come in tutti gli sparatutto più recenti, ma voler ricreare lo spirito del vecchio Duke Nukem con così poca potenza di fuoco è praticamente impossibile. Parecchie volte capita che il giocatore sia costretto, all’apparire di un mostro più duro da abbattere, a correre in giro per la mappa in cerca di un’arma più potente rispetto a quella in uso fino a quel momento, magari ottima per abbattere le normali truppe di terra o piccole orde di insetti alieni. La scelta di limitare il numero di armi e munizioni trasportabili trova un senso in FPS come Rainbow Six o Call of Duty, che in un certo qual modo tendono a simulare maggiormente una situazione reale; per Duke Nukem Forever, sinceramente, avremmo visto più azzeccata una soluzione come quelle adottate in Resistance o Bioshock, nei quali è possibile in ogni momento selezionare la propria sputafuoco da un arsenale bellico di tutto rispetto sempre a portata di mano.


Se ci sono nei paraggi postazioni fisse, la potenza di fuoco è ridotta a solo due armi trasportabili

L’aspetto forse meglio riuscito – e probabilmente secondario per molti giocatori che avrebbero preferito una maggiore attenzione degli sviluppatori su ben altri contenuti – è il comparto audio: la colonna sonora ripropone il classico tema di Duke Nukem 3D con una serie di interessanti variazioni, che vedono la chitarra elettrica farla sempre da padrona. A tratti fa capolino anche l’orchestra, a sottolineare i momenti più drammatici o i colpi di scena. Grazie ai numerosi script presenti nel gioco, la colonna sonora è in grado di seguire alla perfezione il mood della situazione proposta, accompagnando il giocatore come in un film. Per quanto riguarda il doppiaggio, si segnala la presenza della localizzazione italiana: benché si tratti di una caratteristica che solitamente ci vede aggiungere punti alla votazione finale, questa volta non siamo del tutto convinti del risultato ottenuto. Il doppiaggio aiuta a comprendere le numerose battutacce del Duca e i dialoghi con gli altri personaggi, ma sicuramente farà storcere il naso ai fan di vecchia data, da sempre abituati a sentire il loro eroe con una voce molto più impostata e divertente rispetto a quella proposta nella versione in lingua italica.

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