Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro RECENSIONE | Divertente ma tecnicamente arretrato
I l nostro articolo Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro RECENSIONE inizia con una riflessione: il 2023 è stato un anno a dir poco clamoroso per tutti gli appassionati del medium videoludico, ed è destinato a chiudersi col botto, anche grazie all’arrivo di una piccola perla come Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro.
Il ritorno del brand, nato come spin-off della serie principale nell’ormai lontano 1998 per GameBoy Color, è sicuramente uno degli appuntamenti più attesi per i fan del brand e degli JRPG in generale, anche considerando l’ormai oltre decennale assenza dal mercato europeo di qualsivoglia forma di produzioni legate allo spin-off che nel nostro continente non ha raggiunto un livello di diffusione tanto elevato quanto in patria.
Fortunatamente, però, Square Enix ha deciso di puntare forte su Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro, e lo si è capito sin dai primissimi trailer. Il team di sviluppo sembra aver lavorato molto bene e con tanto amore sulla produzione, confezionando un titolo molto interessante e generoso, sia sotto il profilo del valore sentimentale sia e soprattutto nella volontà di dare ai giocatore un vero e proprio trionfo di contenuti, pensati per sfamare la fame di ogni tipologia di fan.
L’obiettivo di Square Enix sarà stato centrato? Scopriamolo insieme, e che il buon Dottor Slime sia sempre con voi!
Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro RECENSIONE | Cattivissimo…te!
Come suggerisce il titolo stesso del nuovo capitolo della serie spin-off legata al brand Dragon Quest, in questa avventura il giocatore è chiamato a vestire i panni del giovane principe dei demoni, Psaro, un volto ben noto a tutti gli appassionati della serie principale.
Il buon Psaro, il “domamostri” è infatti il nemico principale del quarto capitolo della serie originale, di quel meraviglioso Dragon Quest IV, nonché rappresenta uno degli antagonisti più famosi e ricorrenti dell’universo di Dragon Quest in generale.
In questa avventura, il giocatore può seguire in prima persona la genesi del personaggio, fin dalle sue origini, a partire da quella curiosa maledizione che grava su di lui e che gli rende impossibile combattere in prima persona e sfruttare il suo potere, costringendolo così a fare affidamento sui mostri che lo circondano.
La storia raccontata da Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro segue dunque la genesi di uno degli antagonisti principali del brand, la sua crescita e il suo percorso evolutivo, quello che, per intenderci, l’ha portato a diventare uno spietato tiranno, mosso però da un amore viscerale per una giova e potentissima elfa: Rose.
Il primo tassello dell’avventura è proprio legato all’arrivo nella vita del giovane protagonista di quella che è la sua indissolubile dolce metà, ma non vogliamo anticiparvi nulla sulla storia, se non che comunque segue un filone narrativo non particolarmente complesso e se vogliamo anche in diversi punti specifici scontato, ma che alla fine della giostra riesce a dare un quadro più chiaro di uno spaccato della storia del brand che ha sempre suscitato grande interesse.
Amore, vendetta, redenzione, rivalsa: sono questi i temi che girano intorno a Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro, e noi abbiamo apprezzato il giusto quello che il team di sviluppo ha saputo offrire, senza colpi di genio ma nemmeno senza svarioni o scivoloni vari. La storia fa esattamente quello che doveva fare, ossia muoversi come una sorta di collegamento generale tra le azioni del giocatore e quelle del protagonista e si comporta comunque bene, pur appunto senza mai risultare memorabile, ma forse non voleva nemmeno farlo e va bene così.
Gotta catch em all!
Il pezzo più forte dell’offerta ludica di Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro è sicuramente l’offerta ludica. Sul piano della giocabilità e dei contenuti, infatti, il titolo distribuito da Square Enix si presenta come una gigantesca matrioska di influenze esterne e qualche idea originale, e nel complesso svolge in maniera decisamente funzionale il suo lavoro.
Se volessimo inquadrarlo in maniera più approfondita, il gioco è da considerarsi a tutti gli effetti un JRPG a turni, quelli vecchio stile. La particolarità, però, è la la formula classica dei giochi di ruolo giapponesi si fonda con quella dei vari Pokémon e Digimon vari, in cui è fondamentale catturare ed espandere il proprio roster di mostruosi e bellissimi alleati per affrontare al meglio l’avventura.
Sfruttando l’espediente narrativo della maledizione che pende sul protagonista, che gli impedisce di combattere in prima persona, il gioco pone l’accento sul combattimento tra mostri, e dobbiamo ammettere che il tutto è stato studiato veramente alla grande. Ogni creatura ha infatti un numero importante di abilità da potenziare e imparare ad utilizzare durante gli scontri, e per tal motivo diventa fondamentale imparare a conoscere e a formare il giusto party a seconda dell’avversario.
Va detto che il party è composto da quattro mostri, ma in realtà il numero di creature schierabili è legato anche alla tipologia di mostro selezionato. In Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro, infatti, i mostri sono divisi in piccoli e grandi, e ovviamente quest’ultimi occupano un numero maggiori di slot nel party. Questa soluzione è decisamente interessante e apre al giocatore un gran numero di possibilità per personalizzare al meglio l’esperienza.
Peccato, però, che i mostri grandi sono veramente molto pochi, specialmente nella prima metà dell’avventura, cosa che un po’ limita un po’ le buone idee relative alla differenziazione delle creature.
A caccia di mostri in allegria…ma non sempre
Il focus sulle creature di Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro è doveroso, anche perché, come vi dicevamo poc’anzi, la loro caratterizzazione è veramente generosa, e va al di là del semplice valore estetico e creativo. Salendo di livello racimolando gli immancabili punti esperienza, ogni creatura riceve dei preziosi punti talento, che si possono spendere per potenziare un albero delle abilità molto corposo, diviso in due tronconi: abilità e fisici (saggezza, forza, punti vita e via dicendo).
Grazie a questa idea alla base è chiaro che il giocatore può divertirsi parecchio a creare build diverse per, potenzialmente, gli stessi mostri, cosa che, chiaramente, amplia a dismisura l’offerta contenutistica ma soprattutto la “fame” del giocatore di mettersi continuamente alla ricerca di nuovi alleati da scovare nelle varie mappe.
Da qui, ovviamente, vi spieghiamo brevemente il sistema di recruitment dei mostri. Una volta iniziato lo scontro, il giocatore può scegliere se attaccare o se provare subito a catturare un determinato mostro, ma è doveroso sottolineare che la cattura è circoscritta a un sistema di valutazione, che si basa su più fattori, che indica la percentuale precisa di riuscita di ogni cattura.
Ovviamente, un approccio più diretto implica una minore possibilità di riuscita della cattura, il cui buon esito si base anche su dei bonus che vengono applicati a ogni creatura messa in campo nel proprio party. Maggiore è il livello dei mostri da catturare e più basso, chiaramente, è la possibilità di farlo entrare nel proprio team, ma va detto che indebolendoli e attaccandoli questa percentuale spesso sale in maniera sensibile, cosa che chiaramente rende gli scontri più frizzanti e meno scontati.
La grande varietà di approccio agli scontri si evince anche nelle boss fight e soprattutto nelle competizioni ufficiali. Per poter progredire nella storia, un po’ come accade in Pokémon, il giocatore è chiamato a superare una sorta di torneo a livelli, in cui l’obiettivo è scalare una vera e propria torre a livelli con l’obiettivo di raggiungere la vetta.
Ovviamente, gli scontri si fanno sensibilmente più complessi di categoria in categoria, cosa che mette ancor più pepe in un piatto già di per sé piccante e accattivante al punto giusto. In Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro, buildare il team, sperimentare e variare l’approccio alle battaglie, a partire proprio dalla scelta delle creature da utilizzare in battaglia, è uno step fondamentale dell’esperienza, che già da subito mette in chiaro di voler essere tutt’altro che impossibile ma nemmeno banale come potrebbe apparire a primo acchito, onorando al meglio il gameplay di una saga che nel nostro Paese ha sempre avuto una risonanza mediatica importante, al netto del suo status di spin-off.
I gironi dell’inferno…o quasi
Quello che ne viene fuori è un prodotto ricco, variegato e mai scontato, che si adegua all’ avanzare della storia con grande sapienza.
Prima, non a caso, vi abbiamo parlato della volontà degli autori di affidarsi a una sorta di divisione a tier per quanto riguarda le sfide da affrontare e soprattutto per i mostri da catturare e non è un caso. Il mondo, o per meglio dire i mondi, di Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro, sono infatti molteplici, e possono essere raggiunti proprio grazie il superamento di un determinato boss finale, che rappresenta a tutti gli effetti il campione di quel determinato universo.
L’avanzamento e la progressione nei vari mondi, che rappresentano a una sorta di girone infernale di una torre, da scalare per raggiungere la vetta e sfidare così il Re dei Demoni, risulta stimolante proprio per la presenza di nemici speciali da sconfiggere e per la presenza di numerosi mostri da catturare, ma nel complesso si mostra lineare. Non che sia un problema, specialmente considerando il target del gioco e la sua ideologia alla base dell’esperienza ludica, ma non vi aspettate particolari colpi di genio in tal senso.
Va detto, inoltre, che i vari mondi sono piuttosto piccoli e non offrono una grandissima quantità di cose da vedere, cosa che, in realtà, ci sentiamo anche di reputare come un fattore tutto sommato positivo. L’obiettivo è quasi sempre lo stesso: trovare un determinato personaggio da aiutare, sconfiggere il boss del mondo e proseguire con la scalata, recuperando le preziose gemme necessarie per accedere a un mondo successivo.
Ma attenzione: il livello di sfida non è sempre bilanciatissimo e in alcuni momenti la curva di difficoltà sembra impennarsi o abbassarsi in maniera troppo repentina. Non accade spesso, ma comunque è doveroso renderlo noto.
In Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro è possibile dunque esplorare in maniera tutto sommato libera e nei limiti aperta l’iconica Nadiria, sfruttando anche la dinamica del clima dinamico che altera sia la conformazione stesse delle mappe sia alcune delle tipologie di creature che è possibile incontrare lungo il cammino.
È una formula semplice, accompagnata da un level design e da un world building altrettanto semplice, ma è impossibile non ammettere quanto, al netto di tutto, funzioni a dovere e riesce ad amplificare i valori dell’esperienza ludica che offre la produzione, senza curarsi più di tanto delle finezze, affidandosi a tanta tanta sostanza nonostante sia impossibile non ammettere che, alla lunga, il modus operandi dell’avventura finisca con il diventare ripetitivo.
Luci e ombre da Nadiria
L’aspetto sotto cui il titolo targato Square Enix e sviluppato da Bird Studios si mostra decisamente meno in forma è sicuramente quello tecnico. Se da un punto di vista dell’ispirazione artistica e del character design il gioco si comporta in maniera a dir poco egregio, è proprio parlando di numeri, pixel e di ottimizzazione generale del prodotto che iniziano a nascere i problemi, alcuni anche discretamente pesanti.
Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro, su Nintendo Switch porta con sé un comparto visivo non al passo coi tempi, sia sotto il profilo della qualità della vita sia proprio volendo analizzare soltanto l’aspetto più esterno e superficiale della questione. Da vedere, infatti, il JRPG si mostra come un prodotto vecchio, caratterizzato da una realizzazione grafica molto modesta e spoglia, soprattutto nella riproduzione di elementi quali fondali, mappe, interni e via dicendo.
Sia chiaro: da una produzione simile non ci aspettavamo certamente il fotorealismo, ma non avremmo mai nemmeno immaginato di dover mettere in conto di dover assistere a un titolo con un impianto tecnico così scarno.
Ma non solo: quello che ci ha stupito è che la conta e la qualità poligonale non sembra migliorare nemmeno quando si evita di giocare su televisori ormai quasi sempre con risoluzioni molto alte e affidarsi alla modalità handled, che in questo caso specifico riesce a migliorare soltanto in minima parte l’esperienza visiva di un titolo che, come vi abbiamo già detto, graficamente si dimostra veramente troppo mediocre.
Come se non bastasse, la cosa che fa più male è l’ottimizzazione generale. Pur sorreggendosi su un impianto tecnico tutt’altro che invidiabile, Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro mostra il fianco a numerosi problemi tecnici, su cui spicca, in primis, il frame rate.
Incertezze tecniche e dove trovarle
Sia in modalità handled sia e soprattutto in modalità docked, il frame-rate del gioco fatica fortemente a tenere anche soltanto i 30fps, con cali enormi, frequenti e talvolta anche inspiegabili, che in molti casi compromettono l’esperienza di gioco, in particolare nelle frasi di esplorazione.
Oltre a questo, l’ottimo JRPG con i mostri sviluppato da Bird Studio soffre anche di fenomeni di pop up e pop in praticamente continui, in cui si fa fatica anche soltanto a capire se i mostri siano spariti per loro abitudine e per una questione di routine o se, semplicemente, siano finiti vittima dei problemi tecnici di cui sopra.
È un peccato, perché l’esplorazione, la ricerca dei mostri e la loro cattura è il core della produzione prima ancora del combattimento, ma proprio a causa di queste problematiche dobbiamo ammettere che in più di una occasione ci siamo ritrovati a rinunciare a una specifica caccia, proprio evitare di dover fare i conti con problematiche esterne troppo noiose da gestire.
Fortunatamente, questo aspetto non si avverte avverte o quasi nelle sezioni di combattimento, che come nella tradizione dei giochi di ruolo a turni si affidano allo spostamento su scenari esterni e pre impostati e che soprattutto non soffrono delle problematiche di cui sopra.
Durante i combattimenti, il frame-rate si dimostra molto più stabile e quasi solido, dando così la possibilità ai giocatori di poter gestire meglio l’esperienza di gioco, senza problematiche di sorta.
Un po’ deludente, onestamente, anche il comparto audio. Da un prodotto come Dragon Quest ci si aspetta sempre una grande performance in tal senso, e invece questo Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro arriva con poche idee, con poche tracce e molto simili tra loro, oltre che a quelle classiche del brand che vengono utilizzate durante i menù o i caricamenti, senza alcuni tipo di novità o colpi di genio.
Il doppiaggio originale e la localizzazione italiana, invece, funzionano nel complesso bene e si dimostrano molto in linea con il passato recente della storia, in un mix di continuità e voglia di non voler o dover osare per poter portare a casa un risulta sempre e comunque nel complesso positivo.
Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro RECENSIONE | In conclusione
Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro è un titolo da non mancare per tutti gli appassionati di RPG in stile Pokémon. La formula ludica creata dal team di sviluppo, per quanto molto ispirata a produzioni esterne e priva di colpi di genio clamorosi, funziona a dovere e rendere l’esperienza di gioca immersiva e divertente.
Il titolo in questione vuole essere un po’ il portavoce del videogioco d’altri tempi: tanto farming, poche chiacchiere e tanta sostanza e, seppur a livello tecnico risulta veramente poco al passo coi tempi (per essere gentili), centra in larga parte la sua missione, risultando divertente e discretamente appagante per tutta la sua durata.
Non mancano i problemi, certi, ma se siete alla ricerca di un’esperienza senza troppo fronzoli questo Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro potrebbe fare al caso vostro.
Dragon Quest Monsters: Il Principe Oscuro è un titolo imperdibile per tutti gli appassionati di RPG in stile Pokémon.
Pro
- Collezionare i mostri è divertente
- Personalizzazione delle creature interessante
- Tanti contenuti
- Sistema di combattimento interessante...
Contro
- ...ma la curva di difficoltà è sbilanciata
- Tecnicamente impresentabile
- La formula di gioco diventa ripetitiva, alla lunga