Dragon Quest III: The Seeds of Salvation – Recensione Switch
Dragon Quest è sempre stata LA serie JRPG in Giappone per eccellenza, ma ha sempre avuto una certa difficoltà a diventare popolare in occidente, rimanendo per anni un franchise di nicchia. Superata l’epoca in cui i publisher nipponici erano restii a dare fiducia al nostro mercato, Square Enix si è impegnata per diffondere la sua seconda saga principale anche da noi. L’ultimo Dragon Quest XI: Echi di un’Era Perduta, uscito più di un anno fa e da noi applaudito nella nostra recensione, ha sancito il grande ritorno della serie con uno dei migliori giochi dell’anno e di questa generazione. In occasione della recente uscita della Definitive Edition su Nintendo Switch, Square Enix ha reso disponibile per la console Nintendo i porting dei primissimi tre capitoli della saga.
Questi capitoli sono stati riproposti oltreoceano varie volte nel corso degli anni, ma noi giocatori europei non abbiamo mai avuto l’occasione di metterci le mani sopra, a meno di non ricorrere all’emulazione. Nel 2014 sono stati rilasciati finalmente su dispositivi Android e iOS in una versione che si basava sui remake per SNES e aggiungeva sprite HD per i personaggi e i nemici. Questa è la versione su cui si basa questo porting per Switch.
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Dragon Quest III: The Seeds of Salvation è il capitolo che chiude la cosiddetta trilogia di Erdrick assieme ai precedenti due, di cui è in realtà un prequel dato che si pone cronologicamente prima di Dragon Quest I (tra i quali si svolge tra l’altro la serie manga L’Emblema di Roto). Tenete bene a mente che stiamo parlando di giochi ultra classici degli anni ‘80, quindi al livello narrativo è davvero essenziale.
Il gioco ci mette nei panni del giovane figlio di Ortega, leggendario eroe scomparso anni addietro nel tentativo di sconfiggere l’arcidemone Baramos. Arrivato ai suoi 16 anni di età, il giovane viene convocato dal re che gli affida la missione di completare l’opera del suo illustre padre: eliminare la minaccia di Baramos. Il giovane parte dunque per la sua avventura nella quale si potrà far accompagnare da altri compagni.
Gli eventi seguono totalmente le dinamiche standard di un classico gioco di ruolo, con persone da aiutare, dungeon da superare, chiavi da scovare per proseguire ecc. Eppure nella sua semplicità Dragon Quest III già fa un buon passo in avanti con una narrativa più articolata rispetto alla piattezza assoluta del passato, riservandoci anche un piccolo colpo di scena.
Una novità non indifferente rispetto ai predecessori (e invero piuttosto progressista per l’epoca) è che, prima di iniziare l’avventura vera e propria, il gioco non solo fa scegliere al giocatore il sesso del/la protagonista, ma lo sottopone a un test di personalità che segnerà il bilanciamento e la crescita dei parametri.
Del trittico rilasciato su Switch, Dragon Quest III è senza dubbio il migliore non solo dal punto di vista narrativo, ma anche nel gameplay, dimostrando visibilmente il progresso delle meccaniche di gioco sviluppate nel corso del tempo. Nel primo Dragon Quest era possibile controllare un solo personaggio per tutta l’avventura, solo nel secondo capitolo vennero introdotti altri due personaggi. Dragon Quest III non solo aumenta la capienza del party a quattro membri, ma introduce anche un sistema di classi. Il protagonista principale può reclutare degli avventurieri che lo accompagnino nel suo viaggio, ai quali arrivati al livello 20 di esperienza sarà possibile cambiare classe, mantenendo alcune abilità già apprese.
Questo sistema di classi aggiunge una notevole profondità al gameplay rispetto agli standard di allora. Anche se ovviamente risulta alquanto acerbo se paragonato a sistemi più moderni, per l’epoca si trattò di un’intuizione notevole (ricordiamo che Dragon Quest III uscì più di due anni prima di Final Fantasy III), e questo lo rende un vero pezzo di storia per gli amanti dei JRPG classici.
Per il resto le dinamiche generali di gioco sono pressoché invariate, ma c’è da notare che la mappa di gioco è più grande rispetto ai predecessori, ed è stato qui introdotto il ciclo giorno-notte che sarà una feature ricorrente della serie.
È bene precisare che stiamo parlando di un titolo dall’avanzamento molto classico, e per classico intendiamo soprattutto: poche indicazioni e tanti incontri casuali. Non ci saranno cutscene e dialoghi per indicarvi dove andare e cosa fare, ma sarete lasciati liberi di esplorare il mondo e le sue città, parlare con i suoi abitanti e capire da voi cosa fare per continuare nell’avventura; un avanzamento che sarà scandito da un abbondante numero di combattimenti casuali, sia nella mappa del mondo che nei dungeon. Se avete già giocato ad altri capitoli della saga non dovreste ricevere particolari traumi dalla personalità di Dragon Quest III, a parte forse il fatto che potrete controllare solo le azioni del protagonista, mentre i restanti personaggi saranno gestiti dalla CPU; ma se siete dei neofiti in quanto a JRPG vecchio stampo probabilmente questo non è un buon primo passo.
Purtroppo Square Enix non ha approfittato di questa occasione per includere nuove feature al pacchetto. Nonostante il quick-save sia assolutamente benvoluto, sarebbe stata utile anche una funzione per aumentare la velocità di gioco, e magari regolare la frequenza degli incontri casuali che comprensibilmente potrebbe risultare tediosa per qualcuno.
Come abbiamo accennato nell’introduzione, siamo di fronte a un porting “riadattato” con nuovi elementi grafici. Graficamente ci troviamo di fronte a sfondi a 16-bit su cui i vari personaggi in pixel art sono stati sostituiti da modelli più dettagliati; anche durante le battaglie i modelli in pixel art dei nemici sono stati sostituiti da artwork più definiti, ma privi di qualsivoglia animazione. Si tratta di un cambiamento che cerca di svecchiare la grafica da SNES, ma che non è detto sia apprezzata. Anche se visivamente il gioco appare più pulito, il contrasto tra gli elementi è abbastanza evidente e combattere contro degli artwork immobili non fa sicuramente lo stesso effetto.
Nonostante potrebbe bastare farci l’abitudine col tempo, è comprensibile che gli affezionati dei giochi old school vedano l’operazione come una forzatura non necessaria. Anche in questo caso sarebbe stata gradita un’opzione per scegliere lo stile grafico preferito.
Dragon Quest III: The Seeds of Salvation è decisamente il titolo più succulento del trittico approdato su Nintendo Switch. A differenza degli altri due capitoli, che costano rispettivamente 4,99€ e 6,99€, è però anche quello più costoso con i suoi 12,49€ che non ci sembrano pochi per un titolo di questo genere, anche per via delle poche feature. Considerando anche lo stampo classico del gioco non proprio per tutti, non ci sentiamo di consigliarlo a chiunque. Si tratta di una piccola pietra miliare che ha contribuito all’evoluzione dei JRPG, ed è ancora divertente da giocare per qualsiasi appassionato; anche se ci sono senza dubbio capitoli di Dragon Quest migliori, il suo valore storico è innegabile. Se siete fan della saga e siete curiosi di indagare le sue radici non dovreste farvelo scappare.
Pro
- Il capitolo migliore della Saga di Erdrick
- Sistema di classi profondo (per l'epoca)
- Piccola perla del suo genere
Contro
- Ritmo di gioco poco accessibile
- Assenza di nuove feature
- Prezzo un po' alto