Doraemon: Story of Seasons – Recensione
Doraemon: Story of Seasons è la più bella delle favole affrescate da Marvelous nel corso della non troppo lunga esistenza della propria bucolica saga. Un coacervo di spunti demenziali e situazioni che soltanto una creazione ispirata all’adorato gatto spaziale tratteggiato dalla geniale matita dell’accoppiata Hiroshi Fujimoto e Motoo Abiko avrebbe potuto ispirare. Ma soprattutto, ed è questo il bello, è un gioco davvero convincente.
Adagiato su di un letto costituito da bambagia e tanti fanciulleschi ricordi, Doraemon: Story of Seasons costituisce realmente, nella sua surreale, invereconda, produzione irrinunciabile per qualsiasi appassionato di farming simulation, una irresistibile opera che, rigenerandosi dalle oramai distanti sponde rappresentate da quella (un tempo) paradisiaca isola appellata Harvest Moon e non prendendosi mai realmente sul serio, finisce per detronizzare persino la più seriosa delle produzioni binarie basate sullo sfruttamento coatto di fauna e flora locale.
Un arbusto robusto sul quale poggiare la propria fantasia, un giaciglio sempre fresco entro cui rigenerarsi, una creazione che coniuga arte a substrato giocoso, sfiorando livelli francamente inimmaginabili.
Un’avventura fuori e dentro il personaggio principale, che porrà l’incuriosito videogiocatore di fronte alla necessità di prendersi cura del proprio orticello, aderendo pienamente ai crismi della saga, obbligandolo a scandagliare l’ambiente circostante, alimentando parimenti quel perenne anelito all’esplorazione di ogni anfratto, binario e non, residente in ogni essere umano biologicamente idoneo a essere definito tale.
Ed è un ritmo compassato, rilassato, lontano dai ritmi frenetici della città e che richiede un approccio quasi zen, quello proposto da Doraemon: Story of Seasons, una lenta nenia evidentemente non adatta alla totalità dei potenziali sei miliardi di fruitori sparsi per il globo terracqueo, costituendo invece una benedizione per coloro i quali attendevano una rinnovata declinazione del genere.
Premere il tasto di accensione di Nintendo Switch significa immergersi nella più haiku delle puntate del tenero gattone nippogiappo, strabiliante nella capacità quasi infinita del suo chiusky, e viaggiare ai confini della fantasia, prendendo per mano la lenta narrazione che fonda le basi del prodotto tutto, catapultandosi a capofitto in quanto di buono sia insito nei meandri del codice di gioco.
La possibilità di venire catturati nel quasi catartico mood di gioco risulta fortunatamente elevata, costituendo de facto la principale ragione per affrontare indefessamente ogni situazione, ludica e non, dettata dalle immanenze cui dover far fronte.
Strizzare le mammelle alla propria, adorata mucca per poi piantare preziosi ortaggi? È la gioia fatta videogioco. Sebbene non si arrivi mai a livelli di immersione tali da ricondurre sinapticamente l’ispirato uomo ludens a esperienze trascendenti quali il filosofeggiante Seaman, Doraemon: Story of Seasons riesce nell’arduo compito di prendere per mano il fruitore, costringendolo in una morsa affettiva decisamente ardua da eludere.
Come non affezionarsi a personaggi del genere, tratteggiati con uno stile grafico adorabile come quello sfoggiato dalla georgica produzione? Ed è uno spasso diteggiare su ciascuno dei Joy Con, totalmente asserviti in funzione di non interrompere quell’invisibile legame che unisce lo spirito del videogiocatore a questa catartica esperienza campagnola. Girovagare qua e là senza meta, anche solo per godersi le meraviglie offerte dai panorami circostanti, riconcilia lo spirito e sprona a ricercare una sempre maggiore quantità di contenuti.
Un circolo virtuoso, insomma, che spinge l’homo ludens sin dai primi passi nell’immaginifico universo di Doraemon a ricercare l’ignoto, a setacciare ogni singolo pixel alla perenne ricerca di un qualcosa che riesca a smuoverne l’animo. Un’esperienza totalizzante per chiunque volesse mettersi in discussione e ritornare fanciullo, ritrovando sensazioni e situazioni che, oggi come venti anni fa, rendono grande una delle più adorate serie manganimate del ventesimo secolo.
Non è mai facile analizzare un’opera ispirata a un cartone animato. La paura di approcciare un’opera dedicata solamente ai fan più accaniti del prodotto in questione attanaglia, il più delle volte, anche il meno negativista dei recensori. Fortuna vuole che Doraemon: Story of Seasons sia tutto quello che i fan del simpatico gattone blu possano desiderare, e molto più. Graficamente sublime e giocosamente davvero sostanzioso, incarna tutte le virtù della serie Marvelous, giustapponendogli l’estrema tenerosità tipica del popolare manga. Promosso a pieni voti.
Pro
- Tecnicamente riuscitissimo
- Cattura alla perfezione lo spirito del manga
- Giocabile e divertente...
Contro
- ... Forse ritmo troppo lento per alcuni