Dolmen – Recensione
Poco meno di un anno fa Koch Media ha rivelato la sua nuova etichetta, Prime Matter, con base a Monaco di Baviera, sotto la quale sono già stati pubblicati giochi come King’s Bounty II ed Encased. La line-up annunciata lo scorso giugno contiene dodici giochi, alcuni dei quali arriveranno solo l’anno prossimo. Non è il caso di Dolmen, che sarà disponibile già da domani su PC (tramite Steam), PlayStation 4 e 5 e Xbox One (versione testata) e Series X|S.
Il secondo progetto dello sviluppatore brasiliano Massive Work Studio è un gioco di ruolo d’azione con ambientazione futuristica e orrorifica, ma la dicitura “A-RPG” può essere sostituita con quella più accurata di “soulslike“: lo stesso producer Kiev Martins ha dichiarato che nel 2017 lo studio ha effettuato una ricerca, che l’ha condotto alla conclusione che il genere sarebbe esploso negli anni successivi (a me sembra che all’epoca fosse già esploso, ma tant’è…, N.d.R.); così, nel 2018 lo studio tentò la via del crowdfunding, ma la campagna Kickstarter fallì. L’altra fonte di ispirazione dichiarata è la saga di Dead Space della compianta Visceral Games.
Proprio come nelle opere di FromSoftware, il giocatore muove il personaggio – un uomo di nome Willian o una donna di nome Michelle – con visuale in terza persona, esplorando dungeon e sconfiggendo terribili mostri, sempre facendo grande attenzione alle proprie barre di salute e di vigore (la solita stamina). Rispetto a un Dark Souls a caso, Dolmen aggiunge una terza barra, quella dell’energia, che ha un utilizzo promiscuo: innanzitutto, può essere usata per recuperare salute, ma anche per sparare o per attivare la modalità energia, in forza della quale le mosse melee consumano energia anziché vigore e guadagnano un attributo elementale (quello del reattore equipaggiato). Solo nel caso dello sparo l’energia si ricarica (e nemmeno per tutti i colpi/armi), quindi anch’essa va tenuta sotto costante osservazione; è peraltro possibile ricaricarla utilizzando una batteria, ma ha un suo cast time, quindi attenzione! L’aggiunta di questa barra è bene accolta, in quanto consente di uscire da situazioni disperate, ma ci vorrà un po’ di tempo per abituarcisi.
Un altro dei tratti distintivi enunciati dagli sviluppatori è costituito dal “mix tra combattimenti a distanza e melee“. Il protagonista utilizza un’arma bianca (a una mano + scudo o a due mani) e una da fuoco, ciascuna delle quali ha un attacco leggero e uno pesante; ha inoltre a disposizione un’arma secondaria per tipo, switchabile con la pressione dei tasti della croce direzionale. A seconda della build decisa dal giocatore (il quale a ogni level up è chiamato a scegliere quale parametro incrementare di un punto), il mix di cui sopra può rivelarsi a favore di una tipologia di arma piuttosto che l’altra, ma la mia impressione è che comunque la maggior parte dei danni proverrà sempre dalle armi bianche; ciò peraltro non rende inutili le armi da fuoco, che possono applicare debuff ai nemici.
Il sistema di combattimento, al netto della componente sparacchina, non si discosta molto da quello degli altri esponenti del genere, rivelandosi forse meno affidabile di altri. O più scorbutico, a seconda dei punti di vista, come nel caso della parata, che richiede sia un buon posizionamento (consigliabile il lock-on) sia un buon tempismo.
Molte delle altre meccaniche, invece, sono proprio prese di peso da Demon’s Souls ed epigoni, senza novità significative. Durante il cammino, il giocatore incontra delle sonde che, similmente ai bonfire di Dark Souls, fungono da checkpoint, ricaricano le varie barre e consentono di teletrasportarsi presso altre sonde; diversamente dai giochi di FromSoftware, però, per i level up e il crafting è necessario teletrasportarsi all’astronave, che funge da hub. Tenendo conto della pochezza della nave, tutto sommato sarebbe stato più conveniente gestire queste operazioni direttamente dai checkpoint, in modo da evitare due tedianti (ma non estenuanti) caricamenti.
Ovviamente quando si muore si perdono i punti esperienza non ancora spesi per il livellamento, così come i frammenti di dolmen, i quali consentono il respawn del boss presso i cristalli di dolmen, una delle peculiarità più gradite di questo soulslike, specialmente in ottica farming. È possibile riaffrontare i boss anche in modalità cooperativa online fino a quattro giocatori, ma non mi è stato possibile testarla. Va da sé che, tornando al punto della morte precedente, si recupera il maltolto, che invece è per sempre perduto se si muore prima.
Dopo aver parlato in lungo e in largo delle affinità e divergenze con il padre Dark Souls, parliamo dell’altra fonte di ispirazione di Massive Work Studio, la saga di Dead Space, che ha esercitato grande influenza sulla direzione artistica e sulle tematiche del gioco.
Dolmen non è il primo soulslike caratterizzato dall’elemento sci-fi, ma è il primo a declinarlo nella versione orrore cosmico tanto cara a Visceral Games. La fonte primigenia è ancora una volta Lovecraft, che fu di ispirazione anche per FromSoftware (soprattutto in Bloodborne, ma anche prima), giusto per chiudere il cerchio. Da questo punto di vista, Dolmen mi è parso sin troppo fedele ai suoi modelli, non riuscendo a spiccare per personalità. Anche su un piano meramente grafico non può contare su un grande impatto, diversamente dal sonoro.
Dolmen è un discreto soulslike che mette sul piatto pure qualche novità, che probabilmente non è sufficiente a elevarlo in un sottobosco piuttosto affollato nei tempi recenti, per giunta anche di alcuni titoli di grandissima qualità. Più adatto agli appassionati di soulslike che a quelli di orrore e fantascienza, che non troveranno grandi idee a stimolare la propria fantasia.
Pro
- Comparto sonoro d'atmosfera
- Possibilità di riaffrontare i boss per farmare
- La terza barra è una buona aggiunta
Contro
- Non spicca dalla massa di soulslike degli ultimi anni
- Non di grande impatto