Dishonored: La morte dell’Esterno – Recensione
Dio è morto. Una delle frasi più celebri della storia dell’umanità, citata un’infinità di volte. Nietzsche ha voluto dargli un significato ben preciso, ossia quello di ergere la figura dell’uomo come essere slegato da ogni entità metafisica. I ragazzi di Arkane Studios, sviluppando lo spin-off della saga di Dishonored: La morte dell’Esterno, hanno invece interpretato questa affermazione nel modo più letterale possibile, dando vita a un’avventura il cui scopo è proprio quello di uccidere una divinità.
Non è la prima volta che si affronta un tema del genere nel mondo videoludico, basta guardare qualche anno indietro (o avanti) e ammirare God of War: qui però il concetto viene rielaborato e vissuto in maniera totalmente diversa, molto meno epica e più umana.
Disonore e Deicidi
La morte dell’Esterno prende posto dopo il secondo capitolo di Dishonored, alla fine della congiura contro Emily Kaldwin. Vestiremo i panni di Billie Lurk, assassina già nota a chi non è nuovo a questa saga. Tanto letale e silenziosa quanto dedita alle proprie missioni, Billie inizierà questo suo nuovo cammino alla ricerca del suo mentore e maestro Daud, killer e omicida dell’Imperatrice Jessamine. Troverà un uomo in preda ai sensi di colpa per tutti gli sporchi atti commessi durante la sua esistenza ma non per questo vuoto o senza scopi: Daud ha ben chiaro quale sarà il suo obiettivo prima di lasciare il mondo, ossia uccidere l’Esterno, ritenendolo unico vero responsabile del caos che regna nel mondo e creatore/traviatore delle menti marce che lo venerano. Sapendo che non si tratta di un’impresa da due soldi coinvolge Billie, ben conscio di quello di cui la donna è capace.
Secondo il duo tuttavia, esiste una sola arma capace di porre fine alla vita di questa entità, ossia il pugnale che ha contribuito a crearlo e, per procurarselo, dovranno fronteggiare la setta degli Orbi, adoratori dello stesso Esterno. Prima di lanciarsi alla ricerca però anche Billie viene in possesso, (inspiegabilmente), delle doti conferite soltanto agli individui ritenuti interessanti dall’Esterno, al costo di un occhio e un braccio. Senza porsi troppe domande, entrambi gli aspiranti deicidi si daranno da fare, vagando per le vie di Karnaca, alla ricerca del manufatto, decisi più che mai a portare a termine il proprio scopo e raggiungere l’Oblio.
Elemento interessante, presente anche negli altri capitoli della saga, sono le piccole sotto trame e storie sviluppate tramite i documenti che è possibile ritrovare durante i nostri viavai. Scultori di amuleti d’osso, streghe, contrabbandieri, cacciatori, uomini dell’Abbazia dell’Uomo Qualunque contribuiscono a caratterizzare in modo eccellente l’ambientazione, il contesto, oltre che gli stessi personaggi principali.
Tutto ciò, unito a un level design molto curato, non fa che rendere un piacere vagare per le vie del regno dell’imperatrice Kaldwin. Proprio a proposito della struttura delle ambientazioni c’è un piccolo appunto da fare: nonostante Billie disporrà dei poteri classici della saga, gli ambienti permetteranno, se lo si volesse, di portare a termine le missioni anche senza fare eccessivamente uso delle abilità sovrumane, rendendo più varie le possibilità di approccio al gioco.
Silenzio e morte
Dal punto di vista delle meccaniche di gioco di troveremo di fronte a una versione più “light” di Dishonored 2. L’uso delle abilità donateci dall’Esterno dipenderà ancora dal mana ma questo si ricaricherà da solo col passare del tempo, non più invece con gli appositi oggetti. Allo stesso tempo non sarà più presente il sistema di evoluzione del personaggio: non dovremo più scegliere le abilità da attivare man mano che progrediremo nel gioco, tutti i power up saranno disponibili o al Mercato Nero, in cui dovremo spendere i nostri guadagni, o tramite il ritrovamento dei classici Amuleti d’Osso disseminati per i livelli.
Per rimpolpare le tasche di Billie, da svuotare poi al Mercato Nero, gli sviluppatori hanno inserito i Contratti: questi non sono altri che missioni secondarie da portare a termine durante il filone principale della trama. Verrà richiesto a Billie, ad esempio, di uccidere un determinato obiettivo, distruggere le scorte di una determinata sostanza e così via: gli incarichi saranno molto vari e portarli a termine darà degli ottimi benefit, oltre che contribuire ad aumentare la longevità del titolo che, trattandosi di un’espansione stand alone, è abbastanza scarsa.
Oltre ai power up potremo contare sulla nostra sempre presente lama, sui vari proiettili dell’arma secondaria posta sul guanto sinistro di Billie e ovviamente, sui poteri dell’Esterno. Questi saranno interamente disponibili sin dalle prime ore di gioco: potremo quindi comparire di soppiatto alle spalle di un nemico in un battibaleno con l’uso di Dislocazione, tramutarci in un avversario stordito con Simulazione e così via.
I colori e i suoni dell’impero
Il titolo è interamente localizzato in italiano: dalle interfacce di gioco al doppiaggio. Quest’ultimo merita una menzione d’onore in quanto gli attori riescono a dare maggior profondità alla caratterizzazione dei personaggi con la loro voce, soprattutto ai principali della vicenda.
Bene anche gli effetti sonori che ci aiuteranno non poco durante l’esplorazione stealth degli scenari, evitandoci magari dei confronti indesiderati ( a volte anche troppo). Manca invece una vera e propria colonna sonora: non ci saranno infatti brani ad accompagnarci durante le nostre avventure: soltanto noi e l’ambiente che ci circonda.
Il comparto grafico è sulla falsa riga dell’ultimo capitolo principale della saga: le texture non sono dettagliatissime per lo standard odierno ma ciò non inficia comunque il grande lavoro profuso nella creazione degli ambienti di gioco, il tutto sviluppato tramite il motore Void.
La morte dell’Esterno è un progetto che ha pienamente soddisfatto quelli che erano gli obiettivi prefissati. Nonostante non sia un capitolo principale della serie di Dishonored ne è comunque un importante tassello sia per motivi narrativi che in termini di gameplay. È una versione più asciutta e immediata di Dishonored 2 ma non per questo manca di contenuti o di impegno da parte degli sviluppatori, anzi sembra quasi che Arkane Studios abbia infuso ancora più grinta nel realizzarlo. Ovviamente va giudicato senza le pretese di un titolo portante, motivo per il quale la longevità effettivamente risulta ridotta rispetto a essi. Puntando però sulla qualità, anziché la quantità, La morte dell’Esterno è sicuramente un’esperimento di spin-off vincente, ottimo per chi si avvicina per la prima volta al gameplay della saga e divertente per i fan, unitisi alla serie ai tempi di Corvo Attano.
Pro
- Caratterizzazione dei personaggi ottima
- Level design ispirato
- Meccaniche alleggerite
Contro
- Non molto longevo
- Senso di sfida che va affievolendosi