Devil May Cry 5 – Recensione
Devil May Cry 5 è semplicemente il miglior character action mai concepito. Ci sono titoli in grado di segnare un epoca, giochi che, dopo la loro uscita, sono in grado di scuotere il mercato, creando nuovi generi o promuovendo interesse verso elementi ormai snobbati dal pubblico. Molto spesso si tende a pensare che questi titoli siano anche i migliori delle rispettive generazioni, ma il discorso è un po’ diverso. L’opera che cambia le carte in tavola è quella che si fa portavoce stessa dell’idea e che riuscirà probabilmente a portare all’apice il trend stesso ma va specificato che non sempre il creatore di un genere riesce anche a esserne il miglior esponente.
Nei character action ad esempio, il grandioso Devil May Cry 3 non è riuscito a tener per sé il titolo di “miglior character action”, nonostante sia il miglior titolo della saga che ha inventato il vero e proprio concetto del genere. Titoli estremamente validi quali Bayonetta 2 o Nier: Automata hanno spesso messo in discussione la rilevanza di Devil May Cry, facendo sembrare le avventure di Dante quasi un titolo puramente elitario, specie dopo il mezzo passo falso del quarto capitolo.
Per anni si è attesa la reazione di Capcom al predominio Platinum Games nell’ambito action, ma i fan han sempre ricevuto in risposta silenzi… almeno fino al 2018. Capcom – che figurava come gigante decaduto in un’industria che sta perdendo sempre più autorità e ha deciso di inseguire cinematografia e persino gioco d’azzardo come metodo evolutivo – si è svegliata e ha deciso che è tempo di tornare alla carica. Dopo l’eccelso Resident Evil 2 Remake, che ha dimostrato come una saga vecchia 20 anni possa continuamente rinnovarsi con il mix di talento e passione, la leggendaria sviluppatrice giapponese ha deciso, tramite una delle sue punte di diamante Hideki Itsuno, di riprendersi ciò che gli appartiene attaccando il colosso di Platinum Games, per tornare a essere il riferimento nel genere character action. E quale miglior modo di reagire, se non con Devil May Cry 5?
Dante e Nero ritornano dopo 10 anni e un reboot fallimentare, e portano sulle proprie spalle l’enorme peso di dover riproporre una formula vecchia quindici anni in un mondo dove il focus è ormai su elementi totalmente alieni alla saga, quali narrazione cinematografica, esplorazione open world, elementi RPG ecc… Eppure Itsuno ha capito una cosa che tanti ignorano: Non serve adeguarsi a leggi dettate da altri, per creare un gioco leggendario.
Devil May Cry V trasuda stile da ogni poro, ogni elemento, ogni design e persino ogni video ha una distinta identità. Il titolo inizia con un ritmo molto differente di quanto avvenuto con i precedenti capitoli, buttandoti immediatamente al centro dell’azione per poi rallentarti in modo da buildare per tutta l’avventura quello che sarà l’arco finale del gioco. In un certo senso quindi, Capcom è riuscita a rinnovare la propria formula, ma mantenendo intatto tutto ciò che ha reso Devil May Cry speciale per oltre 15 anni. Il gioco riesce a essere molto differente dai predecessori, considerando che non ha più mappe divise a settori, puzzle ambientali o mappe labirintiche in stile Resident Evil; ma non dimentica il focus principale della serie, riuscendo anzi a reinterpretarlo con modernità.
Questo lo si può ben vedere nel cambio del comparto estetico del titolo. Il gotico è affascinante, ma dopo quattro titoli, si sentiva il bisogno di un cambio di direzione e Devil May Cry 5 non ha paura a proporre un estetica fortemente differente da quella degli scorsi capitoli, che però è costruita con cura per la rappresentazione di un titolo che non sembra appartenente a un universo a parte. I personaggi presenti rappresentano alla perfezione come Capcom sia riuscita a integrare i classici design della serie con il nuovo stile a impronta maggiormente “punk” e nessuno sembra fuori luogo. Il cambio di direzione artistico ha anche giovato alla varietà di ambientazioni del titolo: pur essendo interamente ambientato a Redgrave, Devil May Cry 5 offre una buona varietà di ambientazioni, con diverse ispirazioni artistiche e un’ampia palette cromatica. Ovviamente ad aiutare il team di Itsuno a realizzare la loro visione c’è il sempre più sorprendente RE engine, in grado non solo di regalarci il Devil May Cry più esteticamente vario e ispirato di sempre, ma anche di tenere le prestazioni del titolo sui 60 FPS fissi su PlayStation 4 Pro.
Devil May Cry 5 è l’unico titolo della saga a comportarsi come effettivo seguito ma, essendo un Devil May Cry, il focus non è sulla narrativa: questa è invece pensata principalmente per i fan e solo in seguito per i novizi, che comunque avranno a disposizione un’archivio in grado di spiegare tutto ciò che è necessario sapere. Nel corso della storia verranno mostrati personaggi cari ai fan, provenienti persino da opere secondarie come l’anime e la light novel. Il modo in cui sono inseriti però, non porta il giocatore all’oscuro dei fatti a essere confuso, dato che questi personaggi saranno non solo secondari, ma saranno gestiti in modo da poter essere benissimo inseriti nel contesto come se fossero “nuovi”, oppure saranno semplicemente easter egg per i veterani.
Non c’è quindi una vera barriera per il novizio? Si e No. La narrativa del gioco è perfettamente godibile anche senza aver giocato i precedenti titoli, ma molto del build emotivo e di tensione del finale poggia su dei processi di scrittura avvenuti in altri titoli. Solamente lo scenario di Devil May Cry 5 è abbastanza per sentire l’epicità delle sezioni finali, ma l’intera conoscenza riesce a contestualizzare perfettamente le motivazioni di Dante e Nero (V essendo una nuova aggiunta, rimane invece poco toccato da questo elemento). Altro buon punto di forza della semplice ma efficace narrazione è stata la scelta di porre i personaggi in un contesto nel quale non solo devono prevenire una situazione apocalittica, ma soprattutto combattono per motivazioni puramente personali. Questo espediente narrativo è piuttosto semplice, ma aiuta a empatizzare con le situazioni che i protagonisti andranno ad affrontare.
Salvare il mondo è roba da eroi con cui è difficile empatizzare data l’enormità della vicenda, ma sapere il motivo personale dietro alla lotta riesce a dare una dimensione più reale al ridicolo concetto del “salvare il mondo dal re dei demoni”. Tuttavia, come più volte ripetuto, non è la trama il focus di Devil May Cry, e non lo sarà nemmeno in questo quinto capitolo. Pur modernizzandosi, Devil May Cry 5 non ha voluto tentare di proporre una narrativa pesante come tanto è apprezzato fare ultimamente, grazie anche agli strabilianti risultati ottenuti da The Last of US o God of War. Piuttosto Itsuno ha voluto concentrarsi sul chiudere i vari “cerchi aperti”, lasciati in gran parte dall’incompleto Devil May Cry 4, senza rinunciare allo stile over the top e caciarone che ha sempre caratterizzato Devil May Cry, scelta che abbiamo apprezzato.
Il vero focus del gioco tuttavia, l’anima di Devil May Cry, è nel suo gameplay: nello Stylish action. Ed essere Stylish non è mai stato tanto bello. Devil May Cry 5 prende tutto ciò che il 4 ha eccellentemente evoluto e lo porta a un estremo, ampliandone le possibilità e ristrutturandolo in modo da poterlo rendere sia più accessibile, sia più soddisfacente da apprendere ad alti livelli.
Nero ha avuto un rework eccezionale; privato del suo braccio caratteristico ma valorizzato dai Devil Breaker, armi estremamente diversificate con le quali il moveset del personaggio si evolve esponenzialmente. Per contrastare la palese maggiore potenzialità di Dante nel precedente capitolo, Itsuno ha pensato ai Devil Breaker come a un’elemento per compensare in Nero il fatto che quest’ultimo non abbia l’arsenale del suo “mentore”. Il risultato è sorprendentemente soddisfacente. I Devil Breaker sono variegati e hanno dei moveset ben integrabili con le già note possibilità di Nero. Lo stile di gioco entra ovviamente nella meccanica, dato che sarà sia possibile improvvisare, con le varie braccia sparse per la mappa,oppure è possibile utilizzare un loadout personalizzato in modo da avere le combinazioni preferite per ogni scontro.
Inizialmente eravamo dubbiosi sulla meccanica dei Devil Breaker, perché sebbene eccezionali, il fatto di non poterli cambiare se non sacrificandone uno non ci convinceva. Tuttavia con la possibilità di modificare i set offerta abbastanza di frequente, abbiamo trovato la meccanica ben pensata, anche perché se si verrà colpiti mentre si utilizzano i Devil Breaker, questi si romperanno, diminuendo il proprio arsenale offensivo. Ciò comporta un necessario “nerf” della meccanica di gioco, in modo da non renderla troppo squilibrata; cosa totalmente assente nel Devil Bringer di Devil May Cry 4. Per il resto Nero è essenzialmente il personaggio del quarto capitolo, ma migliorato nel moveset e meglio scritto nella narrazione. Il giovane protagonista riesce infatti a uscire dall’ombra di Dante, riuscendo a essere memorabile nonostante il protagonista originale sia in una forma smagliante.
Parlando proprio di Dante, il personaggio è rimasto piuttosto invariato rispetto a Devil May Cry 4… perlomeno a primo impatto. Dopotutto Dante era già praticamente perfetto nel quarto capitolo, eppure Itsuno ha voluto espandere anche sul protagonista della saga, con delle meccaniche aggiuntive molto apprezzate e tramite delle armi molto particolari che cambiano fortemente lo stile di gioco in base a come le si vuole usare. In particolare la “Cavaliere” è un arma molto lenta, che ha bisogno di uno studio particolare per essere utilizzata; eppure una volta capito il “trucco” si rivela ottima, come del resto tutte le altri armi a disposizione del leggendario cacciatore di demoni. Una particolare menzione per il DR.Faust, “arma da fuoco”decisamente insolita, con un moveset tanto approfondito da poter essere a tutti gli effetti utilizzata per fare interi livelli.
Infine arriviamo a discutere della nuova aggiunta: V. V è un tipo di personaggio raro nei videogiochi, e ancora più raro se si considera il contesto in cui inserito. V è fragile, inerme di fronte al nemico, ma può comandare 3 demoni con cui si protegge. Solitamente un gioco si limiterebbe a creare un personaggio che abbia come “arma” delle evocazioni, ma non Devil May Cry 5. Due delle tre evocazioni di V sono come personaggi a parte: hanno la propria barra degli HP, un proprio moveset e possono essere comandati contemporaneamente. Giocare con il nuovo personaggio significa dover controllare costantemente 3 personaggi, stando attenti a mantenere al sicuro l’evocatore durante la battaglia. In un contesto di Stylish Action il solo concetto di avere un personaggio da proteggere è un eresia; eppure V riesce a essere affascinante e incredibilmente stiloso.
Usando le evocazioni al meglio si possono creare combo fenomenali, concatenabili con il Devil Trigger di V, in grado di evocare un golem semi-automatico che possa dare manforte. Discutere come V riesca a essere stylish nonostante il suo gameplay atipico è difficile, ma il fatto che esso possa solamente sferrare i colpi di grazia, ti porta a ragionare diversamente sul come creare combo distruttive. Fatto sta che, pad alla mano, V non ci ha semplicemente convinti, ma ci ha fatto innamorare di un personaggio tanto sperimentale da sembrare quasi destinato a essere puramente controverso.
Queste ottime basi di gameplay sono valorizzate da dei nemici variegati, che richiedono diverse strategie per essere abbattuti. La varietà di avversari è forse la più vasta mai contenuta in un Devil May Cry, specie perché pressoché ogni tipo di nemico ha qualcosa di speciale che lo differenzia dagli altri,non si tratta di versioni più forti di precedenti demoni, come in Devil May Cry 3, ma di veri e propri nemici diversi. Questo ovviamente è fonte vitale per un titolo che si basa sul riuscire a combattere con più stile possibile. Ma non è tutto, tornano infatti le difficoltà aggiuntive che non modificano solo la vita dei nemici e il loro output di danno, ma ne cambiano spawn, aggressività e persino moveset. In particolar modo a giovare dai moveset e aggressività aggiuntivi sono, ovviamente i boss. Devil May Cry V in particolare offre una quantità di boss impressionante, diciannove contando tre varianti e due mini boss, e ognuno di essi si evolve splendidamente scalando le varie difficoltà.
Ovvia menzione di onore va alla colonna sonora, e al modo in cui è integrata nel gioco. Il sistema musicale, legato al ranking stylish, è un’idea fenomenale, realizzata molto bene, dato che anche questa meccanica diventa man mano più prominente con le successive difficoltà. In Human o anche Devil Hunter (difficoltà a cui abbiamo giocato la nostra prima run), si potranno tranquillamente sentire le ost anche faticando a buildare il rank di stile….ma sin da Son of Sparda lo stile diventa essenziale. Per apprezzare al meglio i Devil May Cry, bisogna riuscire e perfezionare il loro combat system, e sebbene già ottenere SSS sia soddisfacente, poter avere una fenomenale colonna sonora crescere man mano in intensità mentre si combatte rende l’essere Stylish ancora più soddisfacente e memorabile.
Piccola parentesi sul discorso “Microtransazioni”. La presenza di questa pratica in un single player è molto pericolosa, ma con i capitoli precedenti Devil May Cry è riuscito sempre a inserirle senza portare danno all’esperienza di gioco, dato che il ritmo di ottenimento degli orb è sempre stato ben calibrato. Questo quinto capitolo non fa eccezione, nel corso di ben tre run non abbiamo mai sentito il bisogno di acquistare orb, e anche solo completando la prima modalità da noi provata siamo riusciti a comprare molte abilità per tutti i personaggi. Attualmente le microtransazioni sono anche disabilitate, quindi ci riserviamo la possibilità di criticarle nel caso venga alterato successivamente l’equilibrio di gioco.
Abbiamo inoltre apprezzato la piccola componente online, molto ben inserita nel contesto, sebbene la poca popolazione del server pre-lancio non ci ha dato la possibilità di godere appieno di questa feature. Ci sentiamo comunque di promuovere il modo in cui è stata inserita, dato che abbiamo trovato interessante vedere altri giocatori percorrere sezioni di livelli differenti e poter giudicare il loro “stylish”.
Devil May Cry 5 è una perla di questa generazione. Un gioco che non scende a compromessi con i trend di successo degli ultimi anni, ma regala un’avventura che porta i propri punti di forza a dei picchi mai raggiunti prima. Un gioco dove, dopo oltre 2000 parole, sentiamo di non aver ancora approfondito abbastanza i motivi per cui lo abbiamo tanto apprezzato. Dove i difetti risiedono al di fuori del focus del gioco e vengono eclissati da ciò che il titolo riesce a fare bene. Insomma, Capcom è tornata a dettar legge nel genere action… con un Devil May Cry che ha proprio fatto “Jackpot”
Pro
- Essenzialmente il miglior action mai fatto
- Colonna sonora fenomenale
- Prestazioni convincenti
- Esteticamente variegato e ispirato
Contro
- Narrativamente chi si avvicina ora alla saga può apprezzare meno alcune citazioni e build up emotivi