Detective Pikachu Returns RECENSIONE Un interessante esperimento
Detective Pikachu Returns è un vaso di terracotta a cui tocca viaggiare con vasi di ferro. Scusami il parallelismo con Don Abbondio, ma in ogni momento di gioco di Detective Pikachu Returns sentivo di essere davanti ad un gioco fragile, non nella sua struttura, quanto nei suoi intenti e nel suo carattere.
Sì, potrebbe sembrare strano far partire questa recensione con un rimando ai Promessi Sposi, però spesso non siamo consapevoli, né da colpevolizzare, per dove va la nostra mente di fronte ad un prodotto ludico. Come sempre, sento di doverti qualche spiegazione, o meglio, una premessa.
Detective Pikachu Returns RECENSIONE | Alcune premesse personali
Non amo i giochi Pokémon.
Lo so, la grafica non è tutto, e solo in parte i limiti grafici dei first-party Nintendo sono motivo di sconforto per me; molto invece è da additarsi ad una struttura ludica che mira al completismo quasi sadico, dogma che non trova più, e forse mai ha veramente trovato, spazio nei momenti che decido di dedicare al videogioco.
L’assenza di una direzione e il peso enorme della destinazione dei giochi Pokémon ha trovato una sonora cassa di risonanza in Breath of the Wild, ai miei occhi, gioco che tuttora, dopo 140 ore e con un sequel ancora per me da approcciare, mi sembra TROPPO aperto e diy (do it yourself) per quel che mi aspettavo.
Ora inserisci questo “chiamalo se vuoi pregiudizio” in un frullatore, lascialo raffreddare e forse potrai capire cosa mi ha attratto, sin dal primo istante, di Detective Pikachu Returns: la promessa, forse solo nei miei occhi, di un gioco più lineare, più su binario… insomma, con una direzione meglio definita dal team di sviluppo e meno “in mano mia”.
Be careful what you wish for è l’altisonante lezione che mi porto a casa, dopo le circa 15 ore passate su Detective Pikachu Returns.
Due parole su storia e meccaniche… ma davvero due
Non solo per limiti dettati dall’embargo, ma anche per puro diletto personale, non mi addentrerò troppo nella storia o nelle meccaniche post-introduzione di Detective Pikachu Returns: ho decisamente piacere che sia tu che mi leggi a scoprire le curve, l’evoluzione (ah!) e, in generale, i picchi e le vallate dell’esperienza ludica offerta da Nintendo con questo titolo.
Per questo, ti introduco solamente alla storia: tu prenderai il comando di Tim Goodman, un giovane ragazzino alla ricerca del padre scomparso tempo prima, e di Pikachu, anzi, il grande detective Pikachu, che lo accompagna nella ricerca e nella risoluzione di una manciata di casi.
Ovviamente tutto sembra partire da un caso “senza vittime” e apparentemente insignificante, il furto di un gioiello, ma presto l’escalation si arriverà a percepire con decisione, fino a portarti a casi (e discorsi) molto più grandi e potenzialmente semi di interessanti discussioni morali.
L’inserimento di diversi Pokémon (e penso che il mio non conoscerli tutti abbia giovato al godimento del primo approccio al titolo) è molto piacevole e perfettamente coerente all’idea di avere una città, se non un intero mondo, nel quale umani e Pokémon convivono, con questi ultimi già protagonisti di loro particolari ritmi, abitudini, comportamenti sociali e migrazioni.
Le meccaniche con le quali affronterai le investigazioni sono piuttosto semplici (mi sto sforzando di non usare “banali”): raccogli indizi, parla alle persone, unisci i puntini e trova la soluzione. Non è una struttura incredibilmente ampia e non mostra troppa profondità nella sua esecuzione… semplicemente fa quello che deve, senza infamia né lode.
Linearità, perché mi fai questo?
È proprio questo il primo ritorno di fiamma della linearità che cercavo e mi aspettavo da Detective Pikachu Returns: non puoi davvero sbagliare nulla, non puoi raggiungere le conclusioni prima di avere raccolto ogni singolo (per quanto scontato e inutile) indizio, e non c’è davvero che una risposta giusta alle tue ricerche.
In game design c’è una mantra molto simbolico: non essere mai tu stess* giudice dei puzzle che crei. Beh, Detective Pikachu Returns riesce a validare questa affermazione perché non ci sarà una singola occasione nella quale il gioco arriverà alla soluzione prima di te. Sì, immagino quello che stai pensando: Detective Pikachu Returns ha un target giovane, no?
Sulla carta potresti avere ragione: i Pokémon in sé sono prodotti ludici per lo più mirati ad un target giovane, che sicuramente non è incredibilmente scafato con i puzzle game come potrei esserlo io (è fra i miei generi preferiti), quindi è normale aspettarsi che Detective Pikachu Returns “ci metta di più” ad arrivare alla soluzione rispetto al player.
L’introduzione di alcune meccaniche aggiuntive legate a determinati Pokémon (nel trailer si é visto un Luxray che ti permette di guardare attraverso le pareti, ad esempio) dà l’illusione di qualcosa di nuovo, ma anche in questo contesto la linearità torna a mordere, le sue fauci ancora grondanti della delusione dell’ultima sezione di “deduzione”.
Detective Pikachu Returns, ma il tuo target lo sai?
A dare ragione alla mia paura è anche l’aspetto estetico del gioco, fatto di modelli poligonali semplici, ben oltre i limiti dell’old-gen. È una scelta forse motivata dai limiti hardware, ma si sarebbe comunque potuto fare di meglio. Fortunatamente sono solo i modelli umani a soffrire di questo pessimismo grafico, perché i vari Pokémon sono cute af lo stesso.
[Parlando di hardware, sembra davvero che Nintendo non voglia dire addio con tanta facilità a questa prima iterazione di Nintendo Switch, secondo ultime notizie]
Anche le animazioni, praticamente costrette a simulare il movimento di una marionetta più che di veri esseri umani, non sono lineari in qualità fra personaggi umani e Pokémon: sono infatti nuovamente quest’ultimi a beneficiare della maggior cura, per ragioni che posso capire ma che comunque non mi possono distogliere da un’analisi negativa del prodotto in toto.
Graficamente c’è una differenza piuttosto evidente fra i personaggi umani e i Pokémon, con i primi fatti decisamente peggio e i secondi che invece guadagnano molto dallo stile artistico che il gioco decide di seguire.
Lo stesso Pikachu è incredibilmente più espressivo rispetto a Tim ma in generale potrebbe essere una scelta coerente con la scelta dei design e narrativa di mettere i Pokémon al centro della avventura e non tanto le loro controparti umane.
Il doppiaggio un po’ di sforzo lo fa, per dar vita ai simulacri di vita offerti da Tim e compagni, ma sono sempre i versi di questo o quel Pokémon a riportare il tutto ad un range di accettabilità e di cuteness che Detective Pikachu Returns sa fin troppo sfruttare, al punto da risultare sbilanciato nel risultato pad in mano.
Ho personalmente giocato il titolo con audio in inglese e sottotitoli in italiano, switchando poi a metà avventura al giapponese con sottotitoli in inglese, giusto per provare un po’ di tutto: in questo contesto detective Pikachu Letters si comporta abbastanza bene, con dei sottotitoli che perlopiù rispettano quanto effettivamente detto dai personaggi a schermo.
Come in altri recenti titoli Nintendo, ma anche proprio della serie Pokémon, c’è una rapida e relativamente sbilanciata alternanza fra cutscene doppiate e sezioni di dialogo più cut-and-paste, con la solita struttura a immagini statiche e parole che compaiono schermo con solo vaghi suoni emessi dalla persona o il Pokémon parlante.
Non te l’ha detto nessuno che parli davvero troppo?
C’è però un elemento che fornisce un’ottima prova di come Detective Pikachu Returns non sia sicuro del target al quale sta mirando: i dialoghi. Da un avventura mirata ad un target giovane ti aspetti pochi dialoghi, magari altisonanti e senza un vero canovaccio emotivo o una direzione, giusto? Beh, la risposta di Detective Pikachu Returns è no?
Era da un po’ che non mi trovavo davanti ad un gioco così inutilmente verboso, con minuti interi di dialogo che “potevano essere una mail”. Lo sforzo per non skipparli o velocizzarli all’inverosimile è stato molto, e per rispetto di te che leggi ho deciso di stringere i denti e leggere con la massima attenzione possibile ogni scambio.
È proprio il numero elevatissimo di cose da leggere e di ridondanza in ciò che i protagonisti (si) dicono che mi rassicura su ciò che ti ho espresso: Detective Pikachu Returns non sa decidere il suo target, e per questo manca il bersaglio. È troppo verboso per un target giovane, troppo vergognosamente lineare per un target più adulto.
Per sintetizzare in un unico paragrafo la mia esperienza con Detective Pikachu Returns, non posso che tornare con la mente alla spada di Damocle, perennemente dondolante sopra il collo di un team di sviluppo che sembra aver ceduto il passo all’indecisione di un brand che forse ancora non ha ben capito “per chi è davvero”.
Alla ricerca di molteplici target, che puntualmente diventano il target che non esiste, Detective Pikachu Returns perde tutte le occasioni che le promesse implicite del suo design avevano (im)posto, fallendo in ciò che avrebbe dovuto fare meglio: avvicinare il pubblico dei giochi investigativi ad un brand dal sicuro potenziale ma che deve capire meglio che fare di sè.
[Qui la pagina per acquistare Detective Pikachu Returns]
Troppa linearità per un esperimento che poteva arrivare oltre
Pro
- Pikachu con la voce da uomo adulto non può non strappare più di un sorriso
- I modelli dei Pokémon sono coerenti con gli altri giochi del franchise...
Contro
- ... ma i modelli e le animazioni per i personaggi umani sono imbarazzanti
- Troppa linearità
- La quantità di dialoghi è eccessiva
- Il gioco ci mette sempre troppo ad arrivare alla conclusione alla quale tu già sei arrivata/o