Crash of the Titans – Recensione Crash of the Titans

Crash come un limone

Partendo dalla Naughty Dog, quando era la lontana metà degli anni 90, sotto la guida di un brillante Jason Rubin, poi divenuto famoso grazie al piccolo Bandicoot antropomorfo, per poi passare in epoca florida ad una deludente Konami che ne rovinò l’immagine,  fino ad arrivare alla Radical Entertainment, troveremo una figura già sbiadita di Crash, che ora non rimane altro che un gioco qualsiasi davvero molto banale, a differenza di quello che fu tempo addietro: il capolavoro assoluto della videoludica arte.
Anche in questo ennesimo capitolo, Crash of the Titans, appare chiaro come si sia voluta “spremere”, come un limone spremuto fino all’ultimo goccio, la licenza fino al limite massimo consentito: il risultato è inquietante e a dir poco deludente.

La solita solfa

Per l’ennesima volta, Crash, in questo capitolo ulteriormente instupidito, si trova ai ferri corti con il “perfido” Neo Cortex. Cosa mai potrà volere ancora quel nano col pizzetto? Semplicemente il Dottor Neo Cortex è venuto in possesso di un liquido magico, chiamato "mojo", con il quale può trasformare i pacifici abitanti delle Wumpa Island in fedeli alleati, chiamati Titani. Sarà compito di Crash sconfiggere ancora una volta il suo peggior nemico e far tornare i poveri isolani al loro stato originale.
Ovviamente sta a noi sventare i piani criminosi di Cortex e salvare i nostri amici rapiti; eccoci quindi a viaggiare tra lande desolate e lussureggianti foreste in compagnia della fida maschera tribale Aku Aku, che verso la metà del gioco, stanco dell’incompetenza di Cortex, lo rimpiazzerà con la nipote Nina Cortex, già comparsa precedentemente nelle serie di Crash non Naughty Dog.

Banalità in casa Radical

Il gioco offre un percorso lineare fino alla nausea da completare facilmente, saltando da una piattaforma all’altra e collezionando delle palline bluette che, raccolte a sufficienza, permettono di imparare nuove mosse, di cui una sembra un omaggio al caro Chuck Norris, e un’altra non è altro che la solita giravolta su se stesso. Ad essere pignoli, quest’ultima azione avrebbe dovuto essere disponibile fin da subito, essendo un’abilità che maggiormente contraddistingue il personaggio, inoltre fa rimanere perplessi il fatto che, compiendola, Crash rimanga stordito per qualche secondo: a testimonianza dello scarso utilizzo del personaggio. Oltre a queste fantomatiche mosse sbloccabili, avremo a disposizione i classici calci e pugni e un colpo leggermente più potente degli altri. La nuova, portante caratteristica del gioco, come suggerisce il titolo stesso, è l’esistenza di titani, nerboruti nemici che cercheranno di intralciare il nostro cammino. Questi, una volta tramortiti, potranno essere manipolati saltando loro addosso con il tasto quadrato e, una volta preso il comando di un mostro, scopriremo che, a secondo della razza usata, avremo a disposizione differenti attacchi normali e abilità speciali: alcune creature posseggono molta forza bruta, altre sono in grado di colpire avversari lontani, e sembra che le razze disponibili siano circa dieci, se non di più. Si tratta di un espediente certamente simpatico, ma che non risulta particolarmente accattivante, sia per la facilità con cui si riescono a vincere i titani, sia perché il loro utilizzo è sempre guidato: addirittura capiterà spesso di cavalcare il proprio titano per pochi metri, giusto il tempo necessario a sacrificarlo per aprire una delle numerose sfere di vetro che contengono le palline color blu. L’altra tipologia di nemici è  composta da una sorta di roditori, con il pallino della chimica, che utilizzano provette come armi. Come in ogni Crash, avremo la possibilità di fare alcuni livelli a bordo di monocicli, motoscafi e tanti altri veicoli ben conosciuti agli esperti della serie. Probabilmente questi escamotage non basteranno a rendere interessante una struttura di gioco sorpassata da anni: forse è il momento di smetterla, anche perchè, chi vuole rivedere come andava la storia di Crash, potrebbe tranquillamente rigiocare i capitoli andati su PSX, invece di spendere sessanta euro per una storia monotona e banalissima.


Non sempre il riciclo fa bene

Le texture, pur ricercando l’effetto cartoon, sono poco dettagliate, i modelli poligonali molto semplici e le animazioni poco curate. Sembra quasi che il lavoro sia stato fatto molto sbrigativamente, quasi controvoglia. Il level design, poi, cosa che c’aveva colpiti sempre in passato, risulta piuttosto banale e riciclato: le rovine nella giungla, sanno molto di già visto e sembra che anche le altre ambientazioni soffrino dello stesso problema. Caricamenti piuttosto frequenti e lenti, rallentano un gioco già poco piacevole visto sotto un occhio molto critico dell’appassionato della serie. Le musiche sono anonime e il comparto sonoro in generale ne esce senza infamia e senza lode, e rimane solo una nota positiva per l’humor che dovremmo ritrovare nella vecchia, anzi vecchissima, mascotte Naughty Dog. 

Unica regola…

…adesso basta. Quello che sta subendo il povero Crash in questi anni altro non è che cattiveria da parte dei produttori: il famoso marsupiale sarebbe dovuto andare in pensione già da molto tempo, forse subito dopo l’abdicazione di Rubin, invece si continua ostinatamente a chiamarlo in causa con risultati davvero deludenti, rischiando di gravare sull’immagine di un personaggio che ha fatto la storia dei videogiochi. Si spera non in una rivincita, come si dice sempre per un gioco andato male: stavolta si spera che questa sia davvero l’ultima fatica che il povero Bandicoot debba subire.

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