Crash Bandicoot – Recensione Crash Bandicoot
A colpi di…Platform!
Gli anni 90 hanno sancito l’arrivo di innumerevoli icone videoludiche, la maggior parte delle quali ebbe i natali sull’ammiraglia di casa Sony, la mai troppo elogiata Psx. Molte di queste sopravvivono ancor oggi, prede di un industria economica che mai vorrebbe mandarle in pensione. Basti pensare a Lara Croft, o alla saga di Resident Evil o, in questo caso speciale, a Crash Bandicoot.
Quando impazzava la guerra videoludica degli anni 90 le software house cercavano disperatamente delle mascotte in grado di rivaleggiare con dei super personaggi del calibro di Super Mario e Sonic, rispettivamente pupilli di Nintendo e Sega. La Sony, forte di una console popolarissima, decise di puntare tutto su un buffo quanto simpaticissimo marsupiale dal nome Bandicoot, creato dagli sviluppatori della Naughty Dog. Inutile dire che fu un successo strepitoso.
Crash impose il suo nome nell’Olimpo dei Platform spianando la strada ad un tipologia di gioco che, fino a poco tempo prima rigorosamente in 2D, stava cominciando ad accaparrarsi anche la terza dimensione.
Mai mettersi contro un marsupiale!
Fisico tonico, pelo marrone, sguardo a metà tra il figaccione di turno e lo scemo del villaggio, jeans blu, ciuffo ribelle, sorriso smagliante. Ecco a voi Crash Bandicoot, esperimento fallito del malvagio quanto folle dottor Neo Cortex, creato grazie ad un sinistro macchinario chiamato Evolvo Ray, che tramuta gli animali in esseri antropomorfi molto simili all’uomo. Il nostro Crash fugge dal maniero del malvagio dottore, abbandonando la sua formosa ragazza Tawna e ritrovandosi nell’oramai celebre spiaggia di N. Sanity Island. Ora dovrà quindi tornare al castello di Cortex per liberare la sua amata, e per farlo dovrà attraversare ben tre isole dall’aspetto minaccioso. Naturalmente, la trama è solo un pretesto per trascinarci nell’azione vera e propria e sconfiggere chi ci sbarra la strada. A darci filo da torcere infatti ci saranno, oltre ai classici mostriciattoli, anche degli ostacoli ben più terribili, come massi rotolanti in pieno stile Indiana Jones, altissime muraglia di legno, fiumi insidiosi e boss tutt’altro che amichevoli, come il non proprio peso piuma Papu Papu e il folle Ripper Roo, tanto per citarne qualche d’uno.
Trottolando sulle scatole
Veniamo ora al succo del gioco, ovvero il gameplay. Come ogni platform che si rispetti, Crash può vantare comandi morbidi e semplici, azione di gioco veloce e povera di enigmi e una comicità di fondo tanto semplice quanto efficace che potrà strappare un sorriso tanto ai piccoli quanto ai più cresciutelli.
Una volta risvegliati nella spiaggia di N. Sanity Island e fatto qualche passo ci troveremo subito immersi nell’azione di gioco. Chi ha già affrontato le avventure di Crash in passato evocherà subito nella propria mente quei vialetti nella giungla e quei nemici da sconfiggere trottolando come ormai Crash sembra aver dimenticato, e sfasciando qualche scatola lungo il cammino. Si, perché elemento portante delle avventure del marsupiale marrone saranno le varie tipologie di scatole che ci troveremo a dover rompere, o evitare. Si va da quelle semplici, in legno, che contengono qualche mela (i punti del gioco, ottenerne 100 ci farà guadagnare una vita), a quelle rimbalzose che ne conterranno molte di più, a quelle con il faccione ghignante di Crash, che ci doneranno una vita, fino ad arrivare a scatole in metallo che attiveranno qualche meccanismo, a scatole con scritto TNT che si attiveranno se ci balzeremo sopra e scoppieranno immediatamente se le "rotoleremo", e via discorrendo. Naturalmente, per aiutarci lungo le insidiose isole della storia, ecco giungere in nostro soccorso un potentissimo stregone indigeno, tale Aku Aku, nascosto sotto forma di maschera dentro alcune scatole sparse per i livelli. Il signor Aku Aku ci seguirà in volo e, se colpiti, accuserà il colpo per noi scomparendo, a meno che di non aver aperto una seconda scatola contenente il suo potere (che ci proteggerà da due colpi) o addirittura tre scatole, il che ci renderà invincibili per un limitato lasso di tempo.
I livelli filano lisci come l’olio diventando progressivamente più complessi. Si va da normali percorsi nella giungla a balzi tra le rocce di un fiume, da cavalcate su cinghiali corridori a passeggiate per templi maledetti, da rocambolesche fughe inseguiti da un masso rotolante sino a scorribande in laboratori segreti e iper tecnologici. Il tutto, in totale, ci porterà ad attraversare ben più di 30 livelli di gioco divisi in maniera quasi perfetta per le tre isole. A questi, inoltre, si aggiunge qualche livello segreto e gli ormai classici livelli bonus presenti in ogni livello (tranne nelle lotte contro i Boss) e sbloccabili trovando le tre icone di Pawna, la ragazza di Crash o, più avanti, anche le tre icone di Neo Geo, aiutante di Cortex.
Discorso a parte va fatto per i boss, terribilmente divertenti anche se poco caratterizzati (in effetti in Crash non ci si chiede perché si fa una cosa, la si fa e basta). Per batterli sarà bene trovare la strategia giusta, che diviene ovvia sin da subito ma tende a complicarsi nell’esecuzione man mano che si avanza con l’avventura.
Se va trovata una pecca nel Gameplay di Crash è da ritrovare nella riproposta di ambienti di gioco uguali, solamente più complessi, che porteranno a rifare le stesse cose per un numero elevato di volte. Ma questo, comunque, accade raramente e spesso ci troveremo immersi in situazioni nuove alle quali abituarsi in fretta.
Ecco Crash, pronto a "rompere le scatole"!
A spasso per le isole
Tecnicamente parlando, il primo Crash si rivelava davvero validissimo, tanto da risultare gradevole anche oggi ad occhi più avvezzi alle magie della Next Gen. I vari ambienti di gioco, dalle giungle nere ai livelli prettamente tecnologici, erano costruiti con colori vivaci, sgargianti, e presentavano una pulizia generale, tra poligoni, texture ed elementi vari, che era cosa rara per un titolo a 32 bit. Certo, il gioco non vantava telecamere particolari e, anzi, verteva sulla visione da dietro o laterale del protagonista, cosa che aiutava non poco la frenesia del gioco rendendo mai frustranti i vari salti tra i livelli. Validissima, davvero, la costruzione degli ambienti di gioco, mai banali e sempre belli a vedersi, così che passeggiare per la giungla o scalare un muro non diventava scontato nemmeno dal punto di vista visivo. Se poi, a quanto detto, aggiungiamo delle animazioni estremamente fluide e una velocità di gioco discretamente elevata, allora possiamo ben affermare che quella di Crash si poneva tra le grafiche meglio riuscite su Psx.
Dal punto di vista del sonoro non ci troviamo di fronte ad un capolavoro, questo è vero, ma risulta gradevole all’ascolto e spesso vi ritroverete a canticchiare i vari motivetti che fanno da sfondo ai vari livelli. Gli effetti sonori, inoltre, sono nella media e, pur non brillando, vivacizzeranno il gioco.
Menzione particolare va fatta al design dei mostri e dei vari personaggi, tutti riuscitissimi e simpaticissimi, tanto che Crash è ormai entrato nel cuore dei vari videogiocatori anche grazie al suo aspetto allo stesso tempo buffo e carismatico, cosa essenziale per ogni mascotte che si rispetti.
In linea di massima la grafica si attestava su altissimi livelli
In conclusione
Anche se abbiamo avuto da poco l’opportunità di incontrare nuovamente Crash nel gioco "Crash il dominio sui mutanti", ci duole ammettere che l’icona scanzonata e buffa che saltava di isola in isola su Psx è morta assieme alla prima console Sony. Per tutti gli amanti del marsupiale trottolante questa non sarà che una piccola ferita perché, a dispetto della Next Gen, rigiocare al primo Crash è ancora possibile, così come sconfiggere il malefico Cortex, correre a dorso di cinghiale e scappare da massi rotolanti.
Il primo Crash resta ancor oggi uno dei platform più riusciti su Psx ed uno dei personaggi più amati e simpatici di sempre, poco importa se la sua anima è andata persa con la nuova generazione di giochi, perché le prime avventure restano ancora lì pronte per essere rigiocate.
Consigliamo caldamente Crash Bandicoot a tutti gli amanti dei platform più puri ed a chi riesce a chiudere un occhio di fronte a grafiche un po’ datate, ma perché no, anche a chi ha voglia di imbarcarsi in una piacevole avventura.