Concrete Genie – Recensione

Recensito su PlayStation 4

Pablo Picasso disse che ci sono pittori che dipingono il sole come una macchia gialla, ma ce ne sono altri che, grazie alla loro arte e intelligenza, trasformano una macchia gialla nel sole.

Non occorre nemmeno spingersi a scomodare Magritte e la sua (non) pipa per riportare sulla superficie della nostra mente la (cis)filosofica realizzazione della differenza pratica tra il mondo della realtà e quello della sua rappresentazione, confine che una volta visualizzato ha la stessa emivita di un battito di ciglia.

Possiamo ripetercelo mille volte, ma difficilmente davanti ad un film, un’opera teatrale, un gioco, non staremo attivamente pensando che ciò che ci accade davanti sia reale, che quello schermo (fisico o metaforico) non sia altro che una finestra su vicende in corso, noi vittime (in)consapevoli di quella willing suspension of disbelief così difficile da sublimare ma così facile da scheggiare.

Concrete Genie

I videogiochi sono una fiamma come altre in quel nuovo focolare domestico offerto dall’intrattenimento digitale, ma sono unici nel potere di plasmarci almeno quanto noi plasmiamo loro, con le nostre scelte, i nostri approcci, la nostra impronta sul mondo che in loro esiste e in cui, in loro, ci è permesso di vivere ed agire.

Alcuni titoli fanno dell’open-world la propria chiave di volta, sterminato ricettacolo di avventure e missioni; altri trovano fulcro nel proporci storie più manovrate, sofferenti della poca libertà data al giocatore in modo inversamente proporzionale ai picchi emotivi che la narrazione on rails può contribuire a raggiungere; poi ci sono titoli come Concrete Genie, con dei confini chiari e ben visibili ma che restituiscono un micro-mondo così vivo, o così serenamente riempibile di vita, che la sospensione d’incredulità di cui sopra non riesce a non farci arrivare alla certezza che, in fondo, quello che succede oltre quel muro, quel mare, quell’orizzonte, non ci interessa, perché tutto il nostro mondo è qui.

Concrete Genie

È raro che un gioco così intimo riesca a farci concentrare nell’hic et nunc con la stessa naturalezza di Concrete Genie, e di sicuro non con solo un pennello magico mosso dalla nostra fantasia.

A poco meno di 2 anni dal suo annuncio, l’opera di PixelOpus arriva in esclusiva su Playstation 4, pronta ad affascinarci con colori, luci e corde emotive toccate con delicatezza.

In Concrete Genie vestiamo i panni di Ash, un giovane ragazzo dall’impressionante capacità artistica che si ritrova con il potere di dar vita a ciò che disegna: la sua tavolozza, Denska, una cittadina costiera abbandonata dopo il riversamento in mare di un’ingente quantità di petrolio, catastrofico evento che ha compromesso l’equilibrio naturale della baia e ha fatto da primo scalino di una sequenziale spirale di abbandono e degrado nella quale la città è stata lasciata cadere.

Dansk è spenta, buia e disabitata, se non per il gruppetto di bulli che scorrazza lungo le sue vie; i tentacoli violacei di questa “oscurità” che sembra avvolgere e pervadere la città tanto da soffocarla sono ovunque, ed è questa la vera antagonista senza corpo del gioco, apparentemente frutto dell’abbandono della città.

Concrete Genie

Ash si ritrova sin da subito nelle mire dei bulli che, nella cutscene iniziale, lo malmenano e gli strappano le pagine del quaderno, sua personale collezione di schizzi che finisce quindi sparsa per la mappa di gioco.

Costretto alla fuga nel faro, farà la conoscenza di Luna, una creatura fatta di colore e luce che vive sulle pareti della struttura, e sarà proprio Luna a fargli dono di un pennello magico con il quale, recuperando pagina dopo pagina, Ash potrà imprimere forme e colori sulle pareti della città, illuminandola pian piano e salvandola dal baratro in cui l’oscurità l’aveva spinta; ad aiutarlo in questa ardua impresa, i “Geni“, creature come Luna costrette alla bidimensionalità delle pareti sulle quali sono e lungo le quali possono scorrazzare, ma che a differenza di Luna sono disegnate quasi totalmente da noi.

Concrete Genie

La trama è piuttosto semplice, a volte potrebbe persino sembrare un concentrato di clichè, ma sono concetti, archetipi narrativi e trigger emotivi davvero senza tempo, e la prova che a volte sono i messaggi più semplici e senza fronzoli quelli che lasciano la macchia di colore più indelebile sul potenziale grigiore della quotidinanità.

Concrete Genie dà molta libertà al giocatore, in questo: muovendo il controller sugli assi potremmo infatti regolare direzione e lunghezza del tratto e, selezionando di volta in volta il disegno che vogliamo portare a muro, potremo illuminare ogni parete in un tripudio di arte pulsante di vita, con mille colori e forme che non possono che strappare un sorriso anche ai giocatori più marmorei.

Se la missione orizzontale rimane quella di liberare la cittadina dall’oscurità dipingendola via parete colorata dopo parete colorata, il moment-to-moment gameplay ci vede per lo più inseguire le sfuggenti pagine di quaderno necessarie a sbloccare un particolare design per poi poterlo disegnare, così da compiacere questo o quel genio e farci ricaricare la cosiddetta “Super Pittura“, un superpotere che ci permette di dipingere anche sopra le pareti occluse dall’oscurità più coriacea, superfici normalmente inattaccabili dal nostro vernicioso estro e di necessario completamento per ottenere il passaggio alla zona successiva.

Concrete Genie

Le 3 macro-zone di cui la mappa di Concrete Genie è composta sono tutte perfettamente definite nella propria identità sia prima che dopo il nostro arcobalenico intervento, e per raggiungere il 100% di alcune aree ci si dovrà ingegnare, utilizzando anche i poteri di cui i diversi Geni godono: se un telo potrà essere incendiato dal quel particolare genio rosso, il genio blu potrà soffiare a distanza la cassa sulla quale poggiamo i piedi, spingendoci verso quella sporgenza che fino a poco prima era irraggiungibile.

Queste fasi sono piacevoli e quasi sempre immediate, senza mai cadere nel pedante o risultare troppo ostili, sicuramente frutto di un attento studio dei ritmi di gioco.

Concrete Genie, in questi frangenti, riesce in un equilibrio impossibile, quello di far sentire il giocatore libero di esprimersi dentro i confini del motore di gioco e dei numerosi design preimpostati: apparentemente, there is an “I” in “design”.

Concrete Genie

Il titolo di Dominic Robilliard è di poche parole, lasciando discorsi e ispirazione alle immagini che riempiono lo schermo, ma è nei suoi silenzi dialettici che trova manforte nella componente musicale, una soundtrack che alterna e mescola con sapienza l’intimità dei fiati con l’epicità ascendente dei cordofoni, sottolineando gli avvenimenti a schermo e sovrastandoli solo nei momenti più emotivamente provanti.

Sì, il feel da Unravel è presente e pulsante.

Merita un plauso anche una particolare scelta grafica che non fa che porre in grassetto l’unicità di questa esclusiva PlayStation 4 e la sua aderenza ad un complesso ma preciso ecosistema d’idee: se osservati da vicino, magari approfittando di qualche fermo immagine offerto dalla modalità foto, i personaggi che popolano Denska sono chiaramente anch’essi frutto di una pennellata digitale, caratteristica che, in particolare nelle animazioni facciali, ricorda più la meccanicità di una stop motion 2.0 che il lavoro di fotorealismo destinazione di molte software house.

È un’identità artistica che potrebbe sembrare anacronistica o palesare chiari limiti del motore grafico, ma nel vederla in azione si rimane affascinati e le domande lasciano spazio al sense of wonder del tutto.

Concrete Genie ha una durata di circa 5-6 ore, ma trova una piccola variazione di moto a circa 3/4 dell’avventura, momento che stona leggermente rispetto al resto del playthrough: le fasi di pittura sono infatti violentemente rimpiazzate da una meccanica di traversal completamente nuova e più veloce, e da un’ultima ora di combattimenti a base di inseguimenti, schivate e attacchi elementali.

Quest’apertura di parentesi dove il giocatore si aspettava un punto è, come già accennato, un cambio di marcia piuttosto intenso e inaspettato, che ingrana solo dopo un primo momento di spaesamento: è una meccanica ben ideata e applicata, ma riesce sia a confondere nel suo posizionamento così vicino all’outro, che a farci chiedere perchè non fosse una parte più estesa del gioco nella sua forma finale.

Concrete Genie

L’ultima pennellata di Concrete Genie è un messaggio di pace e di unione, naturale conclusione di un percorso di crescita per Ash e di riscoperta emotiva per i suoi antagonisti, reinquadrati in un contesto di empatizzazione verso il loro trascorsi e i conflitti interni che li hanno portati a diventare dei villain.

Non è un “NO!!” urlato al bullismo, è più una mano tesa a stringere quella di chi trova nella violenza (fisica o psicologica) sugli altri l’apparente ovattamento del proprio dolore, un’input mentale a cercare lo spessore e la redenzione dietro chi ci tormenta, piuttosto che ad attaccarlo a nostra volta.

Concrete Genie

Ci sono tante cose che ci dividono, dobbiamo solo fermarci e ricordare quelle che abbiamo in comune, siano esse gioie o dolori, vittorie o sconfitte, famiglia o amicizie.


Concrete Genie, in conclusione, è un’avventura breve e piuttosto rilassata e rilassante, minata solo da un pre-finale che non guadagna appieno dal suo inaspettato cambio di registro; a dare colore e vita al titolo ci sono delle meccaniche di painting semplici ma efficaci, una storia che, senza immensa originalità, fa del suo meglio con la tavolozza a disposizione, e un’innocenza d’intenti che riesce ad illuminare anche le superfici più buie e ruvide dell’Io. Preparatevi a sorridere e ad abbandonarvi al sense of wonder più sincero e spensierato di quest’anno.

8

Pro

  • Pieno di luce e colore
  • Meccaniche semplici
  • Esprime un messaggio molto positivo
  • L'ultima parte è inaspettata...

Contro

  • ...ma non in modo completamente positivo
  • La storia tende al clichè
Vai alla scheda di Concrete Genie
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