Castlevania: Dawn of Sorrow – Recensione Castlevania: Dawn of Sorrow
Nell’agosto del 2005, dopo un’esaltante “trilogia” uscita per Game Boy Advance, approdò per la prima volta sul doppio schermo del Nintendo Ds la più che maggiorenne saga di Castlevania, nata nell’ormai lontano settembre del 1986 e portata nell’Olimpo dei videogames dalla geniale mente di Koji Igarashi. La serie, il cui titolo originale è Akumajou Dracula, ha come protagonista l’eterno scontro tra le forze del Bene, rappresentate dal clan di cacciatori di vampiri dei Belmont (depositari del potere della frusta Vampire killer), e le forze del Male, incarnate dal Signore delle Tenebre, il Conte Dracula. Al suo debutto sul Ds, la saga Konami si ripresenta come la classica avventura/platform in 2d con una spruzzata di elementi ruolistici: quella che in apparenza può sembrare la solita solfa è in realtà una formula di gioco collaudata, che ha anzi decretato il successo della saga e non fa eccezione in questa nuova incarnazione di Akumajou Dracula su console portatile, che comunque porta con sé delle novità (seppur non sconvolgenti) dovute alle features del Nintendo Ds.
Ancora una volta Soma Cruz
In questo nuovo capitolo torniamo a vestire i panni dell’indiscusso eroe di Castlevania Aria of Sorrow (uscito per game boy advance nel 2003): Soma Cruz. Nel 2036, dopo un anno dagli eventi della sua precedente avventura, conclusasi con la scoperta che il giovane possiede i poteri del Conte Dracula essendone la reincarnazione, Soma si troverà davanti alla minaccia dell’ascesa di un nuovo Signore Oscuro, auspicata da una setta di fanatici capeggiata dalla sacerdotessa Celia Fortner. Naturalmente a dargli man forte ci saranno ancora una volta la sua amica Mina Akuba, Hammer, Yoko Belnades e il misterioso Genya Arikado, volti già noti a chi ha giocato Aria of Sorrow, mentre dalla parte delle forze del male conteremo la presenza dell’incendiario Dario Bossi e di Dmitri Blinov, intenzionati a diventare i nuovi eredi del potere maligno del Conte.
La trama, come si può ben capire, non brilla per originalità né per profondità, ma rappresenta un mero pretesto per l’esplorazione del Castello; anche i personaggi potevano essere caratterizzati meglio, poiché risultano per lo più come classici stereotipi o caricature, e non riescono, escluso Soma o al massimo Arikado, a lasciare il segno. Un passo falso questo che fortunatamente non inficia in maniera così evidente la qualità del titolo, anche se da una serie così titolata e da un sequel di un buon gioco come Aria of Sorrow ci aspettavamo sicuramente di meglio.
A caccia di anime
Il gameplay si basa sul semplice concetto dell’esplorazione delle diverse aree del castello, popolate da un vasto numero di mostri, e dall’acquisizione di differenti abilità che permettono di raggiungere alcune zone precedentemente irraggiungibili. Armi, protezioni che miglioreranno i parametri del personaggio o altri oggetti che potranno tornarci utili, potranno essere trovate in alcune stanze del castello o lasciate cadere da alcuni mostri, o più semplicemente sarà possibile comprarli nel negozio che il nostro fedele alleato Hammer aprirà nelle primissime fasi di gioco. Ma a farla da padrone in CDoS è ancora una volta il “soul system”, già sperimentato in Aria of Sorrow: Soma infatti possiede il potere di raccogliere le anime dei mostri che uccide e di usufruire delle caratteristiche di ogni anima; esistono quattro tipi di anima, ognuno contraddistinto da un colore diverso: Le anime bossolo, di colore rosso, permettono a Soma di utilizzare degli incantesimi di attacco, col conseguente utilizzo di energia magica ogni qualvolta si decide di servirsene; le anime azzurre o di tipo “custode”, che conferiscono a Soma una determinata abilità temporanea, e che consumano progressivamente i punti magia del personaggio; infine abbiamo le anime magia di colore giallo che modificano lo status di Soma se equipaggiate, pur non determinando l’esaurimento dei PM, e infine le anime grigie o anime abilità, che diventano direttamente efficaci una volta entrati in possesso di esse e che solitamente facilitano il movimento (come il doppio salto o il colpo all’indietro). Una di queste anime abilità, chiamata Doppelganger, si rivelerà particolarmente utile e rappresenterà una delle caratteristiche più azzeccate del gioco. Una volta sbloccata infatti, potremo creare due differenti equipaggiamenti per Soma, da alternare a seconda delle esigenze con la semplice pressione del tasto X. Sicuramente questo rappresenta un punto a favore sul piano della strategia e del divertimento; dopotutto in un Castlevania non basta solo attaccare un nemico per eliminarlo: per ognuno di essi infatti, e in particolare per i Boss, ci sarà bisogno di una differente strategia di attacco (e anche di difesa, non dimentichiamolo) per evitare di soccombere e in poco tempo uscirne vincitori.
La raccolta delle anime inoltre non solo influenzerà i poteri di Soma (da notare che più anime dello stesso tipo si ottengono, più quella determinata magia sarà potente), ma permetterà la creazione di armi più potenti non ottenibili altrimenti: la bionda fattucchiera Yoko infatti, potrà sintetizzare le armi in possesso di Soma migliorandole solo col “sacrificio” di una o più anime di un certo tipo; collezionare tutte le anime, sebbene non sia un compito affatto facile da portare al termine, può quindi portare delle soddisfazioni non da poco, oltre che fare aumentare in maniera esponenziale la longevità del gioco, che di per sé può essere completato, seguendo l’avventura principale, nel giro di sole dieci ore.
Castlevania e DS: idillio perfetto?
Naturalmente nello sviluppo del gioco, i ragazzi di Konami non hanno dimenticato le principali caratteristiche del Nintendo Ds, quali i due schermi e il touch screen, cercando di adattare il classico gameplay di un castlevania 2d pur non snaturandolo.
Semplicemente funzionale e azzeccato l’utilizzo dello schermo superiore, adibito a mostrare lo status di Soma e le caratteristiche dei mostri o, con la pressione di select, la mappa del castello: decisamente comodo, poiché il gioco avrà meno interruzioni e avremo la situazione sempre sotto controllo.
Il touch screen invece ci tornerà utile solo in un paio di situazioni, come quando dovremo rompere dei blocchi di ghiaccio o meglio ancora nel caso di un combattimento con un boss: infatti per poter uccidere in maniera definitiva uno di essi dovremo prima “sigillarlo” disegnando col pennino un simbolo esoterico con difficoltà di esecuzione sempre crescente: in caso di errore sfortunatamente la battaglia continuerà fino alla successiva apparizione del sigillo, aumentando in tali casi non tanto la difficoltà, quanto solo la frustrazione del giocatore. A conti fatti questa idea del sigillo, per quanto non rappresenti una forzatura dei programmatori per sfruttare obbligatoriamente il touch screen, non è così fondamentale da essere annoverata nei lati positivi del gioco: per la serie, se non ci fosse stata, nessuno ne avrebbe sentito la mancanza.
Uno spettacolo per gli occhi… e per le orecchie!
La saga di Castlevania, sin dalle sue primissime apparizioni, si è sempre contraddistinta per una cura degli scenari davvero prossima alla perfezione; In CDoS noteremo sicuramente degli ovvi miglioramenti di quanto si è già visto in passato su questo punto di vista: il dettaglio maniacale con cui sono disegnati gli sfondi, bellissimi e vari, è evidente, nulla sembra essere lasciato al caso; effetti di trasparenze e alcuni fondali 3d conferiscono inoltre ulteriore profondità ad un’ambientazione di per sé già ineccepibile. Anche gli sprites dei personaggi e dei mostri sono realizzati magistralmente ed è sbalorditivo pensare a quali risultati si possa arrivare con pochissimi pixel.
Discutibile o se non altro non particolarmente ispirata invece è la grafica in stile anime del video iniziale e degli avatar dei personaggi nelle scene di intermezzo: sebbene sia frutto di una scelta dello stesso Igarashi per attirare al suo prodotto giocatori più giovani, il character design “cartoonesco”, piuttosto banale, non tarda a farci sentire la mancanza delle elegantissime illustrazioni di Ayami Kojima dei precedenti titoli della ventennale serie.
Un ulteriore plauso va al comparto sonoro, altro fiore all’occhiello della saga: brani di piacevole ascolto, ben calati nel contesto gotico del gioco e soprattutto vari: ogni area del castello infatti è contraddistinta da un pezzo diverso, tanto che si potrebbe indovinare persino ad occhi chiusi in che zona ci si trovi, solo attraverso l’ascolto del sottofondo musicale.
Un passato che resuscita
Il gioco in sé, come abbiamo fatto già precedentemente notare, non va oltre le dieci ore, ma la presenza di tre differenti finali, due modalità sbloccabili dopo aver terminato l’avventura principale (il Boss Rush e il Julius Mode), e l’eventualità di raccogliere tutte le anime e gli oggetti disponibili porteranno senza dubbio il contatore delle ore di gioco oltre le quaranta. Una discreta longevità quindi, legata anche alla possibilità di ricominciare il gioco più volte per riuscire nell’intento di completarlo al massimo.
Spendiamo alcune parole per il Julius Mode sono dovute: in questa modalità, si vestiranno i panni dell’ultimo discendente della famiglia Belmont, già apparso in Aria of Sorrow, ripercorrendo la stessa avventura di Soma da un altro punto di vista: il gameplay, non essendo più legato alla raccolta delle anime, prerogativa di Soma, è molto più simile ai titoli storici delle serie. Julius infatti, per uccidere i mostri, si servirà della famigerata Vampire Killer e delle subweapon tanto care ai suoi antenati: la croce, l’acqua santa, la bibbia ecc.; un piacevole ritorno alle origini che gli appassionati della saga apprezzeranno anche per la presenza di una figura particolarmente amata che torna a combattere a fianco del Belmont di turno.
Castlevania Dawn of Sorrow inoltre supporta il gioco in wifi, ma escludendo la possibilità dello scambio delle anime con altri giocatori, il multiplayer vs. mode, in cui avremo la possibilità di sfidare gli altri fortunati possessori della cartuccia in una corsa contro il tempo in dungeon creati da noi, si rivela alla fin fine poco vario e divertente, ma poco importa, data la già imponente mole di cose da fare che ci offre questo gioco.
Il Ritorno
In definitiva CDoS si rivela un titolo di ottima qualità, nonostante la minima presenza di novità di rilievo; gli “ingredienti” di un buon gioco ci sono tutti, da un gameplay classico ma appagante, una sublime e colorata grafica 2d e una colonna sonora d’atmosfera. Acquisto obbligato per i fan della serie, non deluderà le aspettative di chi invece a Castlevania si accosta per la prima volta proprio con questo episodio della saga.