Carmageddon: Max Damage – Recensione
Sono ormai una trentina d’anni che sentiamo persone parlare di videogiochi e violenza, un argomento che puntualmente infiamma il web soprattutto a causa della scarsissima competenza della stampa generalista che critica il fenomeno pur mancando delle conoscenze di base dell’argomento. Non si sa bene chi sia stato il capostipite di questa diatriba eterna, tuttavia in Italia la prima interrogazione parlamentare sulla questione riguardò Carmageddon, gioco di corse dove era possibile annichilire avversarsi e uccidere innocenti pedoni. A distanza di quasi vent’anni dal suo debutto e una campagna Kickstarter che ha portato a Carmageddon: Reincarnation, è arrivato anche nella nuova generazione console con il sottotitolo Max Damage ed il suo carico di violenza gratuita e divertimento.
Piovono polpette… urgh!
L’assenza di una trama vera e propria, cosa della quale non si sente la mancanza, ci permette di passare direttamente all’analisi delle meccaniche di gioco, semplici e immediate: la modalità principale ci metterà nei panni di Max Damage e Die Anna, storici “eroi” della saga, alle prese con dieci maxi eventi ricchi di gare e pedoni sacrificabili. La varietà di eventi è molto ampia, a partire dalla classica gara che, nella visione malata degli sviluppatori, prevede sì il completamento di un certo numero di giri, ma anche la vittoria a suon di lamiere accartocciate ed avversari disintegrati. Ci sono poi le gare Fuggi Fuggi, durante le quali dovremo raggiungere vari checkpoint che appariranno randomicamente nella mappa, nonché la delicatissima Insegui i Pedoni dove i checkpoint verranno sostituiti da amabili persone da spiaccicare sull’asfalto. Parliamo di oltre sessanta eventi da affrontare, abbastanza da tenervi attaccati allo schermo per un po’, togliendo di tanto in tanto qualche pezzo di cervello dal parabrezza e, nel caso non fosse abbastanza, c’è sempre il multiplayer online che, vista la bagarre, si rivela tanto fondamentale quanto divertentissimo, sempre grazie all’imprevedibilità che contraddistingue Carmageddon. Qualunque sia la gara da affrontare, il ritmo di gioco è ai massimi livelli: ogni partita risulta imprevedibile, soprattutto alla luce del fatto che annichilire gli avversari spesso e volentieri ci permette di “rubare” i loro progressi rendendo equilibrata la sfida, ammesso e non concesso di essere noi la vittima designata.
Il parco macchine è altrettanto vistoso e variegato, partendo dall’intramontabile Eagle R passando per dragster, maggiolini, sportive e auto anni ’30 degne di Al Capone, abbastanza da permettere a chiunque di trovare il veicolo da mattanza perfetto. Il sistema di guida è di stampo molto arcade, abbastanza da snobbare qualunque freno/grilletto in favore della derapata spinta con freno a mano: la difficoltà di gioco risulta essere una forte discriminante, con il livello “Ridurre cagnolini in poltiglia con un martello” (leggasifacile) che ci metterà in mano un’auto estremamente stabile, al contrario del livello “Più difficile che sfiorare il deretano di un rinoceronte” (leggasi difficile) che rende le vetture quasi incontrollabili, al netto di un’abilità di guida da affinare tra un pedone e l’altro; Adattamento a parte, però, ci troviamo davanti ad un sistema molto solido e fonte di enorme appagamento una volta appresi i fondamentali. A chiudere questa vorticosa panoramica è uno humour che, come potreste aver intuito dai nomi dei livelli di difficoltà, non si fa il benché minimo scrupolo, con frasi assolutamente irrispettose e, proprio per questo, divertenti, almeno per chi ha un’alta tolleranza dell’umorismo nero che permea qualunque linea di testo.
Killing is my business…
Insomma, lo spirito di Carmageddon è pressoché intatto, a parte qualche paraurti sparso per la pista, ma il lato tecnico? Beh, in questo caso abbiamo sicuramente visto di meglio. Il comparto grafico in generale è buono, ma non permette di gridare al miracolo: certo, i veicoli sono ben realizzati e dettagliati al punto giusto e la cura riposta nella loro distruttibilità sfugge ad ogni immaginazione per quanto è fatta bene, ma è evidente come il risultato finale risulti comunque abbastanza grezzo. Anche gli ambienti sono vittime del problema, risultando abbastanza anonimi e caratterizzati quel minimo che serve per dargli un po’ di personalità, al netto del gran numero di pedoni e power up che è possibile trovare per le strade. C’è comunque da ricordarsi che il gioco non ha avuto a disposizione un budget stellare e che comunque il risultato finale resta più che decente, cosa verificabile anche tramite il photo mode disponibile in game che vi permetterà di ricordare le vostre imprese più schizoidi. Queste critiche restano comunque ad appannaggio del versante grafico, giacché a livello prestazione il gioco si rivela estremamente solido nonostante l’azione su schermo può diventare vorticosa in ogni momento: testando il gioco su PlayStation 4 non abbiamo riscontrato alcun problema, con una risoluzione sempre in Full HD e un framerate sempre fisso, seppur a 30 fotogrammi, eccezion fatta per dei caricamenti più lunghi del solito e nulla più. Sul comparto audio, invece, applausi: tra urla di gente trucidata, esplosioni, muggiti rancorosi e tanto altro, le nostre scorribande apocalittiche saranno sempre accompagnate da una soundtrack di metal pesante, con riff taglienti e doppie casse martellanti, una goduria uditiva che, pur non raggiungendo le vette del primo capitolo che vedeva i Fear Factory come compositori, è decisamente appropriata al mood di gioco.
Come valutare quindi Carmaggeddon: Max Damage? Indubbiamente è un prodotto rivolto soprattutto ai nostalgici come me, persone che hanno trovato nel gioco di Stainless Gamesquel tripudio di violenza e racing game che ci riporta a istinti primordiali sempre sopiti ma mai domi (vivo e guido a Roma, non potete avere idea, NdR ), ma penso che chiunque possa divertirsi con un pilastro della storia videoludica come Carmageddon, anche al netto delle magagne tecniche ed una ripetitività di fondo che però, vi assicuro, stenterete a sentire pad alla mano.