Call of Duty Vanguard – Recensione campagna
Se volessimo descrivere l’esperienza maturata in questi giorni con la campagna di Call of Duty: Vanguard, probabilmente, useremmo una famosissima citazione: “la guerra non cambia mai”. Tale frase racchiude in maniera perfetta, dal nostro punto di vista, il messaggio che ha accompagnato l’uscita del nuovo capitolo della serie, che mai come in questa occasione ha voluto significare fondamentalmente questo, ossia che la squadra che vince non si cambia. Mai. I ragazzi di Sledgehammer Games hanno infatti deciso, in maniera anche abbastanza evidente, di andare sul sicuro, offrendo ai giocatori un titolo complessivamente “conservativo”: un classico Call of Duty accompagnato da una straripante mole di contenuti, sia e soprattutto legati alla sfera del multigiocatore sia per il single player, rappresentati dalla classica campagna che fa un po’ da antipasto per ciò che sarà il titolo completo.
Activision ha voluto sottolineare a più riprese quanto, per il loro credo videoludico, la campagna rimane un elemento importante e non marginale, annunciandola e presentandola in pompa magna in più di un’occasione, generando così un sincero hype nella community, desiderosa di trovarsi tra le mani un qualcosa di veramente innovativo o comunque in grado di prendere le distanze col passato. Sfortunatamente, al netto di piccoli momenti specifici, non è andata esattamente così. Per quanto ci abbiano provato, la campagna di Call of Duty Vanguard non riesce a innovare e/o a stravolgere la chimica di base della serie, risultando tendenzialmente in linea con le precedenti avventure in single player della serie, con tutti i pro e i contro del caso.
Il cambio di setting, quel “ritorno al passato” tanto caro ad Activision e a Sledgehammer Games ha generato un impatto diverso soltanto a livello estetico ma non strutturale, con una formula di gioco che risulta, in fin dei conti, fortemente in linea con quanto visto nei capitoli precedenti e non in grado di significare un punto di rottura con le esperienze vissute con i vari Modern Warfare e Cold War. Sia chiaro, non possiamo negare di aver vissuto alcuni momenti veramente eccitanti pad alla mano, alcune situazioni che ci hanno fatto sussultare, ma la “piattezza” generale ha comunque preso il sopravvento per buona parte delle 6-7 ore di gioco necessarie per concludere i vari capitoli dell’avventura.
In attesa di una disamina più completa su quello che è un comparto multigiocatore imponente e soverchiante la nostra prima parte di recensione si sofferma proprio sull’esperienza in single player, che abbiamo potuto vivere grazie a un codice fornitoci dal publisher, in versione rigorosamente Xbox Series X, console di riferimento per chi vi scrive per quanto riguarda la saga Call of Duty e gli FPS in generale.
Call of Duty Vanguard: storie di guerra non per forza memorabili
A livello strettamente narrativo e tematico la campagna di Call of Duty Vanguard ha, sulla carta, un potenziale enorme. Sledgehammer Games porta su schermo un insieme di racconti originali ispirati però ad alcuni dei volti più importanti dell’oscuro periodo legato alla seconda guerra mondiale (Sidney Cornell, Lyudmila Pavlichenko, Vernon Micheel, Charles Upham), creando così un mix potenzialmente funzionale e intrigante, ma che a conti fatti non funziona. Il filone narrativo che unisce i vari racconti legati ai volti sopracitati, definiti “Cartoline di Guerra”, risulta sin dai primissimi istanti debole, scarico di idee e fortemente derivativo, tanto da non lasciare, al netto dell’importanza del periodo storico e dei temi trattati, quasi mai il segno.
I soldati creati per fare da volto alla nuova avventura di Activision (Arthur Kingsley, Polina Petrova, Wade Jackson e Lucas Riggs) prendono parte a una importante spedizione, alla ricerca di una potenziale minaccia legata al redivivo esercito nazista, chiamato “Progetto Phoenix”, la cui importanza narrativa, però si sgretola in maniera repentina e a tratti ingiustificabile. Progredendo con la storia, infatti, l’importanza di quel che dovrebbe essere il focus dei vari racconti di guerra si perde in maniera inesorabile, facendo sì che la storia sia semplicemente un insieme di racconti a sé stanti, legati forzatamente e mai veramente in grado di fare luce su una linea tematica che si sbiadisce sempre di più con il passare delle ore.
Questo problema viene evidenziato ulteriormente da una scrittura e soprattutto da una caratterizzazione dei personaggi principali debole e insicura, per certi versi inadeguata, in cui proprio quelli che dovrebbero risultare gli eroi e i leader carismatici della storia peccano di fascino e carisma, ponendosi come dei volti del tutto dimenticabili e mai veramente in linea con quello che si sarebbe aspettato da loro. Per intenderci, non abbiamo quasi mai provato veramente empatia con nessuno di loro, non ci siamo quasi mai sentiti “vicini” alle loro gesta e ciò è veramente inspiegabile, poiché, e torniamo al discorso di apertura, trattandosi di storie di guerra e di racconti di eroi non riuscire a trasmettere queste sensazioni è sicuramente una piccola sconfitta.
Una struttura delle missioni che non convince
Anche da un punto di vista “pratico” la campagna di Call of Duty Vanguard risulta un evidente passo indietro rispetto a quanto visto negli ultimi due capitoli della saga, capaci di dare una ventata d’aria fresca a un prodotto che si mantiene sì sempre nella sua comfort zone ma che ha provato comunque a reinventarsi, per quanto timidamente. In Call of Duty Vanguard tutto questo non accade e, anzi, si assiste in più di un’occasione alla volontà del team di sviluppo di “giocare in casa” , con una campagna confezionata in maniera molto “antiquata” e fin troppo convenzionale in cui a fare da padrona è la linearità.
Durante le varie sezioni di gioco, a parte gli ovvi cambi di setting legati alle storie dei protagonisti, si assiste comunque a una varietà delle situazioni molto limitata e mai veramente interessante, in cui avanzare a testa bassa verso l’obiettivo è praticamente l’unica cosa da fare. Non c’è quasi mai un momento di rottura, difficilmente salterete dal divano o griderete al miracolo, poiché, appunto, questa campagna risulta molto scenica da un punto di vista visivo ma a conti fatti non riesce a donare al giocatore quella varietà di situazioni che, al netto di tutto, dovrebbe essere sempre garantita, al netto del genere di appartenenza e dal target di partenza.
Certo, alcune situazioni e alcune missioni risultano più ispirata o comunque più interessanti di altre, specialmente quelle in cui vengono gestite meglio le caratteristiche uniche dei vari eroi a seconda della missione in questione, ma ancora una volta non possiamo non storcere il naso di fronte a un lavoro troppo rinunciatario e che non è riuscito a sfruttare in maniera consona un setting e un periodo storico importante e per diversi aspetti indimenticabile.
Tecnica e grafica
Da un punto di vista squisitamente tecnico, Call of Duty Vanguard è sicuramente un gran bel vedere, per quanto non risulti comunque ancora pesantemente in rottura con quanto visto finora. Il nuovo capitolo della saga viene spinto da un motore grafico che riesce a donare degli scorci mozzafiato e una pulizia generale dell’immagine invidiabile, risultando sicuramente uno dei prodotti visivamente più imponenti di questo primo anno di next-gen, seppur con diverse limitazione e criticità anche evidenti. Se l’impatto generale risulta, infatti, forte e di spessore è analizzando i dettagli che si nascondono i limiti di una produzione ancora ancorata ai dogmi del cross-gen e che compie una serie di “magagne” per nascondere dei limiti e delle incertezze apparentemente inesistenti.
I maggiori problemi di Vanguard si notano non tanto negli spazi chiusi e negli interni ma soprattutto quando si osservano le mappe “aperte” in cui il distacco tra la cura per le silhouette dei personaggi principali e quella di alcuni scenari risulta anche fin troppo evidente. In primis, avendo analizzato principalmente la campagna, il primo grande problema viene rappresentato dal riciclo fin troppo evidente dei nemici: le truppe avversarie sono praticamente un continuo “copia e incolla” di modelli poligonali che, per quanto curati, risultano una limitazione eccessiva, specialmente se si considera la software house alle spalle della produzione e soprattutto l’importanza del brand.
Anche la resa di alcuni scenari risulta spesso fortemente ripetitiva, specialmente in alcune aree specifiche, e nonostante una mole poligonale sempre di buon livello ad accompagnarle, è chiaro quanto si sia puntato maggiormente a fare leva su una sorta di effetto “wow!” continuo, a discapito però, in molti casi, di altro.
A completare il cerchio ci pensa poi il fattore illuminazione. Per quanto i particellari, elementi come gli spari, il fuoco e tutte queste cose risultino di primissimo livello, è proprio la gestione delle luci ad averci lasciato un tantino a bocca asciutta. Il lavoro fatto sull’illuminazione, infatti, risulta sicuramente sottotono rispetto alle potenzialità dei nuovi hardware e rende in qualche modo ancor più “piatti” e poco ispirati la maggior parte degli scenari, già comunque funestati dai problemi di cui vi parlavamo poc’anzi. Sia chiaro, non stiamo dicendo che Call of Duty Vanguard sia brutto da vedere, certo, ma contando i trascorsi recenti della serie ci saremmo aspettati qualcosina in più.
Per il resto, il titolo si mostra molto solido, soprattutto a livello di stabilità e fluidità, per quanto in alcuni momenti abbiamo assistito a delle forti incertezze nel frame rate, specialmente nelle fasi più concitate e con più fattori a schermo.
È giusto sottolineare che abbiamo testato il gioco con l’output video fissato sui 1440p e 120 fps, un target che ci ha consentito di godere di una qualità visiva molto buona e quasi sempre stabile anche e soprattutto online, di cui però torneremo a parlare nell’altra parte della recensione, quella appunto dedicata al multiplayer del gioco. Non mancano, inoltre, alcuni bug e fenomeni sporadici di pop-in e pop-up, ma per fortuna ne abbiamo li abbiamo riscontrati in maniera molto sporadica e mai veramente “dannosa”. Molto buono, infine, è il doppiaggio italiano: gli interpreti scelti per dare voce ai protagonisti dell’avventura sono assolutamente perfetti e riescono a rendere il fattore immedesimazione, non esattamente elevatissimo da un punto di vista narrativo, decisamente più elevato.
La campagna single player di Call of Duty Vanguard non ci ha lasciato un buon ricordo. I ragazzi del team di sviluppo hanno confezionato un prodotto che si limita a risultare spettacolare e pirotecnico da un punto di vista audiovisivo, ma spaventosamente piatto sul piano narrativo e ludico. I racconti di guerra non riescono a trasmettere quelle doverose sensazioni miste tra drammaticità, dolore e sofferenza e anzi evidenziano uno stile narrativo fin troppo “caciarone” e confusionario, quasi fuori contesto. A ciò si aggiunge un gruppo di protagonisti per nulla memorabile e poco ispirato, cosa che rende l’impianto narrativo veramente debole. Anche il gameplay risulta poco ispirato, con situazioni ripetitive e poco ispirate che segnano un passo indietro rispetto agli ultimi capitoli della serie. In attesa di provare il comparto multigiocatore del titolo, che finora promette molto bene, ci dispiace sottolineare il mezzo fallimento di quello single player, assolutamente rimandato e che fa segnare un deciso passo indietro rispetto a quanto visto in Modern Warfare del 2019 e in Call of Duty Black Ops: Cold War.
Pro
- Personalizzazione dei lodaut sempre alle stelle
- Level design delle mappe di primissimo livello
- Stabilità e fluidità al top, anche a 120fps
- Tantissima varietà in multigiocatore...
Contro
- ... ma la campagna giocatore singolo risulta molto povera
- Resa grafica altalenante, soprattutto in alcune sezioni della campagna e in alcune mappe
- Le nuove modalità di gioco aggiunte difficilmente ruberanno la scena a quelle già esistenti