Brink – Recensione Brink
La Splash Damage, dopo i progetti di Wolfenstein Enemy Territory e Enemy Territory Quake Wars, torna su console con uno sparatutto prodotto da Bethesda che lasciava presagire grandi traguardi da raggiungere: parliamo di Brink, provato a suo tempo al Gamescom di Colonia del 2010, quasi un anno fa, che aveva già dimostrato capacità interessanti, ma che meritavano delle aggiunte. Dopo numerosi rinvii, Brink ora è finalmente pronto a uscire, magari un po’ in sordina, avendolo dimenticato in molti. Sicuramente però chi lo attendeva ha fatto sì che l’hype aumentasse sempre più: andiamo a vedere cosa ci offrirà tale titolo, che vede anche la firma di Ed Stern alla trama e numerose caratteristiche peculiari dello sparatutto.
Volevo una trama per sognare
Quando cercate uno sparatutto, per sincerità con voi stessi, non cercate anche una trama: Brink non riesce a proporre nulla di nuovo per quanto riguarda l’implementazione di una storyboard da brividi o che possa quantomeno farci alzare le rughe facciali dall’interesse. Ci troviamo in una città, Ark, cresciuta in prosperità e con grande forza da parte dei suoi abitanti, che risultano essere intorno ai cinquemila, ai bordi delle coste di San Francisco: una città che galleggia, insomma, un novello Principato di Sealand. All’improvviso però un’eccessiva prosperità porta Ark ad avere una densità eccessivamente alta e vedere aumentare vertiginosamente il numero degli abitanti a 50mila. Tale sovrappopolamento porta la città alla confusione e allo sfinimento sociale: si dà così il via a una guerra civile, come logica, secondo gli sviluppatori, conseguenza. Tutta la città si dividerà in due fazioni che cercheranno di creare una resistenza ad Ark o che faranno di tutto per scappare e andare in luoghi più sicuri e lontani dalla guerra, senza spirito patriottistico.
Sarà nostro compito schierarci e scendere in battaglia per la resistenza della nostra ridente cittadina divenuta all’improvviso una pericolosa metropoli: un pretesto sicuramente non innovativo per partire alla carica e sparare a tutto ciò che ci capita sotto mano.
Mi han dato un fucile per sparare
Pronti, via. Dopo il filmato introduttivo che vi spiegherà cosa è accaduto ad Ark, avrete la possibilità di creare il vostro alter ego, la vostra protesi digitale. Avrete un archetipo dal quale partire, che ovviamente sarà selezionabile tra diverse varianti, dal duro allo strano fino al cupo e al raffinato: una volta selezionata la vostra macrosezione preferita andrete a customizzare completamente il suo aspetto. Dal viso al colore dei vestiti, dai tatuaggi a tutti gli accessori di cui ha bisogno un uomo futuristico che si prepara a una dura guerra civile. Terminata la creazione noterete sicuramente che questa sia fattibile solo tramite alcuni aspetti preimpostati, mentre molti altri saranno bloccati e sbloccabili solo più avanti. Ogni aspetto della personalizzazione, infatti, prevede che divenga disponibile solo dopo aver acquisito abbastanza punti EXP per acquistarlo: è questo il caso non solo dell’abbigliamento, ma anche di alcune armi e di diversi aspetti del gioco. Ogni scelta andrà a influire sull’aspetto della giocabilità: a seconda della corporatura del vostro alter ego, infatti, ci sarà maggior agilità nella corsa o nello scavalcare gli aspetti grafici e le varie costruzioni della città, integre nonostante la guerra. Un personaggio decisamente corposo e difficile da postare avrà quindi difficoltà a scavalcare muri alti e ripidi, ancor più a saltare.
Quest’ultimo aspetto viene nominato dagli sviluppatori SMART: permettendoci di interagire con tutti gli aspetti a disposizione del nostro scenario, la nostra protesi digitale andrà a scavalcare, saltare, superare, in pieno stile parkour, tutti gli ostacoli che troverà sul suo cammino. Inoltre tale situazione ci permetterà, tramite acrobazie degne di un ottimo circense, di schivare attacchi nemici sia dalla lunga che dalla vicina distanza. Tenendo premuto, quindi, lo stick analogico sinistro, che è adibito al movimento, avrete la possibilità di mantenere sull’automatico il sistema SMART: salti e arrampicate saranno quindi eseguite nel momento più adatto ritenuto dal sistema senza dovervi sforzare eccessivamente.
Ogni azione in Brink vi porterà, poi, ad avere un corrispettivo in EXP: a seconda della vostra classe, riprendendo quello che molti utenti della PlayStation 3 avevano visto in Resistance, riceverete punti per le vostre azioni. Il Medico, curando, avrà possibilità di ottenere EXP, così il Tecnico dovrà fornire proiettili e munizioni per raggiungere il suo obiettivo statistico. Ovviamente l’esperienza non è legata solo a queste mere azioni, ma anche all’uccisione degli avversari, ai colpi assestati nei loro corpi e di conseguenza nel loro andare KO. Stessa cosa dicasi per il raggiungimento di un obiettivo, che può essere la conquista di un terminale o di determinati punti d’azione, dove sarà possibile cambiare armi e classi durante la battaglia: a tal proposito segnaliamo la difficoltà, che risulta essere gradita, nel conquistare un avamposto durante una missione. Dovendo, infatti, tener premuto il tasto adibito alla conquista, il quadrato per la Sony e la X per l’Xbox360, ci troveremo con le spalle scoperte e pronte a essere colpite dai nemici, a patto che non ci siano compagni nei dintorni.
Parliamo di compagni proprio perché Brink anche in modalità offline è un vero e proprio online. Accompagnati da numerosi bot gestiti dall’IA, avremo una squadra assortita, con Medici, Soldati e Tecnici pronti a esserci di aiuto nella nostra causa. Un esempio è rappresentato proprio dai Medici, che saranno sempre pronti a curarci in caso di morte: dovesse questa però avvenire quando nessun Medico è nelle vicinanze saremo costretti a riprendere dall’ultimo checkpoint la nostra avventura. I Medici solitamente vengono indicati con un indicatore giallo che va a segnalare anche la distanza in metri dalla vostra posizione: appena vi vedranno vi serviranno una siringa ricostituente che vi permetterà di resuscitare all’improvviso grazie alla pressione dello stick sinistro. Così facendo però, penserete, non c’è mai un game over: invece in alto a destra comparirà un countdown che vi segnalerà il tempo ancora a disposizione per portare a termine la missione. Nel caso in cui si dovesse arrivare a zero non ci saranno più possibilità di riuscita e dovrete riprendere tutto da zero perdendo i checkpoint.
In conclusione accenniamo alle modalità a disposizione: la Campagna vi lancerà in diverse missioni, suddivise per giorni, che prevedono sia la modalità online che quella offline. La Partita Libera vi permetterà di giocare in uno degli scenari predisposti cercando di affinare la vostra tecnica e infine la sfida andrà a mettervi dinanzi ad alcuni obiettivi che sicuramente non faranno altro che migliorare la vostra tecnica.
Volevo salvare la mia città dal rumore
Una delle caratteristiche più possenti di Brink è sicuramente l’ottimo motore grafico: sviluppato da Id Software e già usato nel precedente gioco degli sviluppatori, Enemy Territory Quake Wars, il Tech 4 ha permesso di concentrarsi in maniera precisa sull’aspetto facciale dei protagonisti. Tale sistema è stato messo a punto anche grazie al sistema di MegaTexture, sviluppato da Splash Damage, ovviamente in collaborazione con Id Software: tale sistema permette di visualizzare un’unica texture in una dimensione di circa 500 megabyte. Così facendo si può andare a modificare, e ogni artista ha potuto farlo, anche i più piccoli dettagli della pelle dei soldati e quindi delle espressioni facciali. Eccezionale è anche il sistema di luce, accompagnato da quello delle ombre: giocando con questi aspetti si è riusciti a dare più ombre a uno stesso oggetto a seconda dell’angolazione da cui lo si guarda. Insomma una definizione in dettaglio di grande caratura. Infine per quanto riguarda le sequenze video bisogna registrare l’utilizzo della performance capture, tecnologia che permette di recuperare al meglio i movimenti degli attori e riportarli nell’esperienza videoludica di Brink.
Nell’aspetto sonoro, invece, si deve segnalare, purtroppo, un copione abbastanza ristretto di termini per i soldati che prenderanno parte alle missioni insieme alla vostra protesi digitale: si tratta infatti di dover sentire sempre le solite affermazioni che prevedono come variante la causale della missione e nulla più. Qualcosa che rende fastidioso e noioso l’ascolto a lungo andare. Il comparto di effetti sonori invece si assesta su livelli veramente ottimi, sin dai lamenti dei combattenti fino allo sbattere dei proiettili in ogni dove. L’infrangibilità di molti vetri è invece, in alcuni punti, fastidiosa, soprattutto per chi viene da Call of Duty.
L’ho salvata solo dal fumo
Brink rischiava di essere un composto di fumo che sotto di sè non nasconde nessun arrosto: graficamente maestoso, tecnicamente di pregevole creazione, dalle forme chiare e forti, dalla presenza possente e ingombrante, ma l’ennesimo sparatutto che cerca di innovarsi con poche chance. L’intenzione d’integrare un sistema di sviluppo basato su punti EXP richiama moltissimo Mass Effect, inoltre il poter personalizzare le armi non si allontana troppo dalla più classica delle situazioni di Call of Duty. Sicuramente un aspetto interessante può essere quello del sistema SMART, di cui si parlava poc’anzi: senza però andare oltre concetti già meglio sviluppati in Mirror’s Edge. Insomma se Brink non è un insieme di tantissime componenti clou di altre produzioni videoludiche poco ci manca: uno sparatutto che può far divertire a lungo e che sicuramente rende più entuasiasmante una partita in multiplayer rispetto a un Call of Duty, però probabilmente più realistico.
Sicuramente ci saremmo aspettati innovazioni di grande spessore e non solo grafico, ma anche di giocabilità. Rimandato alla prossima interrogazione.