Blud RECENSIONE | Davanti arte, dietro caos

Recensito su PlayStation 5

Blud RECENSIONE Interagire con determinati NPC ci darà ricompense
Interagire con determinati NPC ci darà ricompense

Tu la prenderai come una battuta un po’ amara, ma c’è una cosa che, gioco dopo gioco, sto iniziando a notare: quando in un team o prodotto manca un game designer. Blud ricade in questa categoria, poiché di fronte ad un artstyle interessante, bello da vedere ed estremamente funzionale ai toni del gioco, c’è un gameplay incredibilmente superficiale e che poco invoglia a continuare. Facciamo un passo alla volta, però.

Blud RECENSIONE | Parliamo prima dell’artstyle

È inutile girarci intorno: lo stile visivo di un gioco è la prima cosa che ci si presenta davanti. Il trailer lo mostrava sin da subito, e Blud non può che essere primariamente identificato con la sua estetica: l’artstyle è cartoon, con uno stile che racchiude molto di quanto ricordiamo de “Le Superchicche”, con un tocco de “Il Laboratorio di Dexter”. È una scelta interessante, dato che questa estetica è applicata ad un comparto narrativo che invece prende ispirazione da “Buffy“, con toni molto simili a livello di dialoghi e caratterizzazione dei personaggi.

Il contesto è scolastico, e la nostra protagonista si ritrova suo malgrado a dover combattere, con una inquadratura e delle meccaniche molto reminescenti degli Zelda 2D, una lenta epidemia di vampiri che ha attaccato la sua allegra cittadina. Ci muoveremo fra diverse location, dalla scuola stessa, al vicinato di casa dei nostri genitori, al parco, al cimitero, e tanto altro.

Se le location sono ben definite a livello estetico e, pur carenti di un’identità univoca, sono facilmente leggibili e percorribili, la navigazione in sé non è mai troppo soddisfacente: siamo davanti ad una struttura di gioco che ben si presterebbe a shortcut sbloccabili, ma è una meccanica che utilizza solo in un paio di contesti nell’intera run. La mappa stessa è bella da vedere ma pessima a livello di UX, senza chiari segnali sul percorso da fare per arrivare in un’altra specifica zona; perdersi non è un rischio, ma è la frizione fra “bisogno” e “risoluzione” che qui stride e fa stridere l’intera struttura di gioco.

Le animazioni di protagonista e nemici sono molto curate, e le prime volte che vedrete il vostro finisher o le sprite di animazione degli attacchi nemici vi sembrerà davvero di essere davanti alla televisione a guardarvi un cartone… ma poi vi dovrete ricordare che state giocando e, molto facilmente, il “flair” visivo di Blud vi sembrerà solamente questo: stile. Le animazioni richiedono tempo per essere eseguite, e sono molte le situazioni nelle quale mi sono trovato stunlockato da un nemico che ha avuto il coraggio di attaccarmi mentre stavo eseguendo un’animazione non di attacco. Stile senza significato di gameplay, anzi antitetico al godimento del gameplay stesso.

Blud RECENSIONE Sull'artstyle davvero non si può discutere
Sull’artstyle davvero non si può discutere

Blud però prende ad esempio proprio i vecchi Zelda 2D, e parte integrante di questo autoimposto pedinamento è il combat system.

Uno, due, finisher; uno, due, finisher; uno, due, finisher (ad libitum)

Vagamento abbattuto e deluso dalla prima frizione fra qualità estetica ed efficacia in-game, non c’è voluto molto perché mi scontrassi, in fase di recensione, con il secondo aspetto più spigoloso e onestamente meno accettabile di Blud.

Il combattimento, in Blud, è 2D quanto l’artstyle… 2D nel senso di piatto. Il nostro pattern di attacco è fatto di un colpo semplice o una combo di 3, struttura poco fantasiosa ma relativamente lineare rispetto a quanto normalmente fatto dal genere di appartenenza, ma, anche a causa delle animazioni (ben definite ma troppo lunghe per un videogioco come quello che Blud insegue e vuole essere), il ritmo è piuttosto lento. Niente i-frame per il roll, niente upgrade di danno per le armi (sono solo estetici e alterano l’aspetto della nostra animazione finisher).

Il 99% del combat è infatti riassumibile LETTERALMENTE come 1, 2, finisher, e in questa sequenza è proprio il finisher quello che non si riesce a interpretare o ben collocare nel contesto di flow e di positive feedback loop: sulla carta una finisher deve dare soddisfazione visiva, cosa che più o meno Blud riesce ad ottenere, ma anche e soprattutto a livello di feedback positivo all’utente. In questo il titolo di Exit 73 Studios non riesce a far centro, restituendo a chi gioca l’idea che la finisher sia solamente un altro normalissimo colpo, e non un attacco che fa più danno o che possa ottenere qualche altro effetto.

La componente di loot è leggermente meno importante, ma ci aspetta che ci sia, no? Invece la risposta è proprio no, per Blud, che abbandona ogni magra soddisfazione di loot drop e non premia l’aver sconfitto il nemico di turno. Niente monete, niente salute, niente munizioni. Non c’è, a livello di struttura di design, NIENTE da guadagnarci nel combattere i nemici, nemmeno lo spettro distante di una crescita a livello di xp, anch’essi assenti dal DNA ludico di Blud. Armi diverse dal bastone da hockey forniscono una lieta nuova fragranza al combat system, ma assumono molto velocemente il ruolo di gimmick utili solo in pochissimi eventi o contro pochissimi nemici.

Blud RECENSIONE Una delle boss fight più frustranti del gioco
Una delle boss fight più frustranti del gioco

A questi difetti c’è da aggiungere che persino l’inventario e la presenza di una “moneta” di gioco da usare per comprare oggetti dal mercante sembrano appoggiati alla struttura di design, piuttosto che parti integranti e necessarie di essa: una sezione in particolare ci toglie la possibilità di accedere all’inventario e dimostra proprio quanto affermo, mentre la presenza di una risorsa da guadagnare e spendere è paragonabile al “compitino” inizialmente, per poi deragliare a livello di struttura e bilanciamento dell’economia di gioco, con monete sin troppo sparute e quest maliziosamene legate all’acquisto di questo o quell’oggetto proprio dal mercante, forzatura sgradita ad un impianto di gioco, quello economico, di cui si poteva fare  a meno.

Storia e quest mi fanno chiedere “Perché?”

Sorry, ma devo ucciderti subito le speranze. Complice una storia interessante ma acerba nella sua progressione (e con un finale scialbo sia narrativamente che a livello di gameplay), il comparto di questing è quanto più copia-carbone il team potesse inseguire. Le quest sono pure fetch quest (aka le quest nelle quali un NPC ti manda a recuperare qualcosa, tu vai, torni e fine) e, per aggiungere la beffa alla derisione – del giocatore o giocatrice in questo caso – sono talmente disconnesse dalla storia principale da non essere nemmeno aggiornate, nei dialoghi e nella loro risoluzione, da un capitolo di gioco all’altro. Tornare all’NPC che vi aveva affidato la missione 3 capitoli fa e lui reagirà e parlerà senza tenere conto di ciò che in quei 3 capitoli è successo, a lui e attorno a lui.

Il finale, che non spoilererò qui, è una chiusura piuttosto pigra del canovaccio narrativo, del quale ti sarai probabilmente già disinteressata/o qualche ora prima. Credo faccia “male” quello che sto scrivendo perché, artstyle alla mano, Blud aveva lo spazio e il guizzo per riportare davvero molte/i di noi alle atmosfere school/teenage horror di Buffy, però è uno stimolo che non è stato percepito o, peggio, concretizzato.

Persino la soundtrack mi fa pensare ad un prodotto ed un team che non ha perfettamente capito cosa Blud volesse essere, al di fuori del comparto estetico: da tematiche e toni come quelli di Blud io mi aspetto una soundtrack più scherzosa, archi trascinati e quasi sfottenti verso le tradizioni classiche del genere vampiresco, magari con l’aiuto di clavicembali per le parti più calme e organi per quelle più caotiche e adrenaliniche. Blud decide invece di virare verso il sintetico, scelta coraggiosa ma anche fuori senso rispetto al tono del resto del gioco.

Blud RECENSIONE Il combat evolve solo dal punto di vista visivo, suo malgrado
Il combat evolve solo dal punto di vista visivo, suo malgrado

Cosa vuole dire UX? Si mangia?

Sì, ritorno al mio presupposto che una/un designer in Blud non ci fosse veramente, e per convincersi basta dare uno sguardo alla UX del titolo, ossia alla struttura di interazione gioco-utente creata e implementata da Exit 73 Studios. Navigare la mappa è un incubo, switchare l’arma con un oggetto secondario è legnoso e brutalmente punitivo se si devono fare alcune azioni di fretta, come scavare il terreno per strappare da esso un nemico che viaggia attraverso cunicoli, a mò di talpa.

Manca anche volto a livello di feedback delle nostre azioni a schermo, sia esso il combat di cui ho parlato prima, sia esso il raccoglimento di una risorsa di gioco (anche le semplici monete). I checkpoint automatici funzionano a singhiozzo e a volte sono piazzati con malizia, e costringono a ripetere sezioni di gioco iterando un processo di punizione dell’errore che non è e non deve essere parte di un gioco che così poco si prende sul serio e che parimenti vuole faccia chi gioca.

Tocca più l’argomento accessibilità, ma è abbastanza frustrante scontrarsi con la gestione della telecamera di gioco e delle hitbox nemiche in un paio di boss battle che molto hanno stremato la mia pazienza. Non avendo i-frame nel roll capiterà più volte che vi ritroverete a rotolare nella traiettoria di attacco di un nemico, e se malauguaratamente esso vi intercetterà durante un’animazione… beh, consideratevi stunlockati fino alla morte.

Nelle circa 15 ore di gioco mi sono anche spesso ritrovato con frammenti audio che andavano e venivano, intere sezioni di combat nelle quali non c’era suono se non quello ambientale, e suoni riprodotti senza una mia azione in-game e senza la presenza di qualcosa che giustificasse quel suono intorno a me.

Blud RECENSIONE Qualche shortcut in più sarebbe stata gradita
Qualche shortcut in più sarebbe stata gradita

Essere duro con un titolo non è mai piacevole, soprattutto quando eri il primo ad essere interessato alla sua riuscita. Blud però è una delusione, un compitino svolto copiando il giusto ma senza ulteriori ragionamenti di UX o strutture di design “pensate” per ingaggiare chi gioca. A livello estetico sicuramente molto curato e ben svolto, ma colpevole di un impianto ludico spigoloso, impreciso e a volte semplicemente lasciato a sé stesso. Blud sembra un titolo che sin da subito ha definito il suo carattere estetico, ma che ha perso il resto della sua identità da parte. Un bel cartone animato, insomma, se non dovesse essere un gioco.

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6.1
Un bel cartone animato, se non dovesse essere un gioco

Pro

  • Estetica deliziosa
  • Animazioni ben fatte

Contro

  • Struttura ludica praticamente assente e senza vere soddisfazioni
  • Combat system superficiale e senza progressione
  • Pochissima attenzione alla UX
  • Narrativamente interessante ma poi sfuma velocemente
Vai alla scheda di Blud
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