Bloodborne
Ci sono titoli che, da soli, rappresentano una generazione di piattaforme videoludiche, prodotti che segnano un’evoluzione netta e precisa dal passato. In genere vengono sviluppati solo a una certa distanza dall’uscita della piattaforma videoludica di riferimento, quando i programmatori hanno raggiunto quella confidenza con l’hardware in grado di creare finalmente in titolo eccellente, unico, ben diverso dal solito remake. Titoli come Final Fantasy VII, Sonic, Uncharted 3 da soli valgono l’acquisto della piattaforma ospitante.
Nonostante la quantità di prodotti eccellenti, la maggior parte dei quali multipiattaforma, si sentiva finora la mancanza di un titolo in grado di dare alla PlayStation 4 quel salto in avanti che finora le mancava. L’ammiraglia della Sony, dopo un primo anno costellato quasi esclusivamente di remake (pur eccellenti, vedi The Last Of Us Remastered e Tomb Raider), solo ora riesce ad avere un titolo esclusivo in grado di mostrarne le potenzialità finora latenti.
In un panorama videoludico ormai quasi saturo di prodotti più orientati a soddisfare le masse piuttosto che a raggiungere l’eccellenza, la From Software rappresenta uno dei pochi punti fermi. Dopo il suo esordio con l’eccellente Demon’s Souls, che da solo riscriveva le regole del gdr d’azione, sposandolo a meccaniche hardcore figlie della scuola videoludica degli anni ’80 e ’90, l’azienda di Tokyo ha sempre più consolidato la sua fama di software house rivolta a una ristretta, ma fedelissima, cerchia di appassionati. Fama confermata dai successivi titoli (Dark Souls 1 e 2, con le relative espansioni) che hanno ogni volta limato i difetti dei precedenti episodi, aumentandone al contempo i pregi e le idee.
Sull’onda di questo ormai consolidato franchise, che ha ispirato anche titoli dignitosi come Lords Of The Fallen, giunge infine sull’ammiraglia della Sony questo Bloodborne, con il quale From Software conferma ancora una volta la sua intenzione di non voler mai cedere alle regole del mercato, ma di continuare nella sua personale visione di eccellenza videoludica.
Un titolo preceduto da un’attesa che raramente si è vista anche nel passato, pur eccellente, della saga (complice anche il ritorno di Hidetaka Miyazaki alle redini del franchise) e che non tradisce le attese, rivelandosi quell’opera monumentale che rappresenta la summa di tutta la filosofia della From Software.
Tra Lovecraft e steampunk
La trama di Bloodborne, come da tradizione From Software, è piuttosto avara di indizi, almeno inizialmente. La città di Yharnam, da sempre conosciuta per le sue splendide architetture gotiche, è altrettanto famosa per offrire un rimedio per le più svariate malattie e pestilenze. Da anni ormai è una meta religiosa per tutti i viaggiatori che vi si recano in cerca di conforto spirituale e fisico, e il protagonista è uno di questi pellegrini. Recatosi nella cittadina, il nostro avventuriero la trova in preda a un’epidemia virulenta, sanguinaria e in apparenza incurabile, che ha trasformato quasi ogni forma di vita in aberrazioni disturbanti e bestiali affamate di morte e sangue.
Soccorso all’ultimo momento, il protagonista stringerà una sorta di alleanza con un anziano cacciatore, come vengono definiti coloro che combattono contro le aberrazioni, e un’enigmatica fanciulla, che si riveleranno indispensabili per non soccombere all’epidemia che ha invaso la gotica città. Accettato il suo nuovo ruolo di cacciatore, il nostro alter ego virtuale inizierà la sua avventura tra il Sogno del cacciatore, unico baluardo di pace in un mondo ormai devastato, e le architetture di una Yharnam oscura, deformata e violenta. Tentando al tempo stesso di capire quali legami possano esistere tra la Chiesa della cura, che pone il sangue al centro dei suoi riti, e il morbo che ha avvelenato quasi ogni creatura.
La storia di Bloodborne, in linea con il solco lasciato dai precedenti Souls, dovrà essere ricostruita mettendone insieme i suoi indizi sparsi per la città, i rari dialoghi e persino le descrizioni di alcuni oggetti, e rievoca in modo eccellente le atmosfere del peggior periodo della caccia alle streghe.
Morire con onore, perseverare fino in fondo
Un titolo dalle meccaniche hardcore così accentuate deve poter contare su un solido sistema di controllo e su meccaniche sciolte e ben studiate. From Software, anche in questo, ci ha abituati bene sin dai tempi di Demon’s Souls. Il sistema di controllo si ispira decisamente a quello dei precedenti episodi, ma se ne differenzia per alcune caratteristiche interessanti, volte a svecchiare delle meccaniche ormai sature.
La prima novità che si nota è senza dubbio l’assenza di uno scudo e di vere armature. Questa scelta, che potrebbe deludere i puristi della saga, è volta a deviare il gameplay verso uno stile più impostato su decisioni veloci e pattern di attacco rapidi e ben studiati, eliminando di fatto il meccanismo, ormai abusato, della perenne parata/attacco dei precedenti Souls. Uno scudo, in verità, esiste da qualche parte nel corso dell’avventura, alcuni nemici ne fanno uso, ma la sua debolezza lo rende un oggetto praticamente inutile.
L’eliminazione delle armature permette ora al nostro personaggio di muoversi rapidamente in qualsiasi circostanza (tranne nel caso in cui si decida di equipaggiare le armi più pesanti). Lo scudo, inoltre, è stato sostituito da armi da fuoco dal deciso stile steampunk, che a livello di danni (comunque potenziabili) fanno decisamente poco, ma che si rivelano utilissime per stordire i nemici, a patto di cogliere l’attimo giusto per far fuoco, permettendo di realizzare poi dei colpi critici con l’arma bianca.
Un tale cambiamento delle meccaniche di attacco e difesa denota il coraggio degli sviluppatori e la loro voglia di rinnovarsi, e poteva benissimo tramutarsi in una delusione, trasformando Bloodborne in un hack’n slash come se ne vedono troppi. Senza scudi, senza armature e (quasi) senza magie, l’unica alternativa è il corpo a corpo, ma la perfezione del sistema di controllo e delle meccaniche trasforma di fatto ogni combattimento in una splendida coreografia basata su attacchi, schivate, capriole e colpi di arma da fuoco. Facendo comunque la dovuta attenzione: un sistema di attacco basato principalmente su offensiva e schivata non significa caricare a testa bassa ogni nemico. Anche il più semplice degli scontri necessita di un’attenta pianificazione, necessaria per studiare bene i pattern di attacco dei nemici e le relative contromisure, pena una prematura dipartita.
Altro deciso cambio di rotta è rappresentato dalla scarsità di armi e armature disponibili. Pur non mancando una scelta abbastanza vasta di armi bianche, da fuoco e relativi potenziamenti, siamo ben lontani dalla mole di equipaggiamenti disponibili nei vari Dark Souls. Una scelta, anche questa, azzeccata e meritevole di aver snellito notevolmente il gameplay del titolo.
Altre novità riguardano la perdita dei punti ferita, che possono essere parzialmente recuperati contrattaccando un nemico subito dopo essere stati feriti, e la gestione delle fiale di sangue, eredi delle fiaschette Estus, ora disponibili come oggetto droppato da nemici o acquistabile nell’emporio (esattamente come l’erba calante di Demon’s Souls).
A fronte di un sistema di attacco rinnovato, troviamo altre meccaniche riprese dai precedenti episodi: per avanzare di livello ci si rivolgerà a un’enigmatica figura femminile, emula della Vergine nera di Demon’s Souls, usando degli Echi di sangue, equivalente delle anime dei precedenti Souls.
Alla morte del nostro avventuriero l’esperienza accumulata verrà, di nuovo, abbandonata nel luogo della dipartita, con la possibilità di essere recuperata (e persa definitivamente in caso di ulteriore morte). Ma con una novità: in alcuni frangenti, un nemico errante, caratterizzato da occhi luminosi, potrà impossessarsi dei nostri echi del sangue, e sarà necessario batterlo per poter tornare in possesso della nostra esperienza.
Sono ancora presenti dei falò (in questo caso lanterne) che collegano al Sogno del cacciatore, dove potremo tirare un po’ di fiato e aumentare le caratteristiche del nostro personaggio. Ma la scarsità di queste lanterne costringe ad affidarsi molto sulle scorciatoie che collegano i vari elementi dello scenario. In definitiva l’alchimia tra sistema di controllo, architetture degli scenari, scorciatoie, passaggi segreti e dislocazioni dei vari nemici rasenta la perfezione. Si ha l’impressione che Yharnam sia un immenso scrigno oscuro, una sorpresa continua da svelare con costanza e pazienza.
La pazienza, appunto. A dispetto della possibilità, tanto temuta inizialmente, che il titolo potesse avere un livello di difficoltà più basso rispetto ai Souls, troviamo ancora un sistema che richiede pazienza, studio, passione, allenamento e costanza per venire a capo delle meccaniche di Bloodborne, comunque complesse e appaganti, a dispetto delle già citate necessarie limature del gameplay. Ancora una volta ogni passo falso permette di migliorare e ogni morte costringe a imparare qualcosa di nuovo sulle complesse meccaniche del titolo della From Software, che non perdona il minimo sbaglio, e pone l’utente di fronte a un mondo vario, affascinante e complesso, dove anche la situazione più semplice deve essere decifrata quasi da zero.
La durata della nostra avventura è decisamente più breve rispetto ai vari Dark Souls, ma risulta più concentrata, le meccaniche sono saggiamente studiate in modo da eliminare i lunghi giri a vuoto e gli interminabili tragitti tra uno scenario e l’altro, tipici degli episodi precedenti.
Discorso a parte, di nuovo, lo merita il comparto online, comunque collegato all’obbligo di un abbonamento PlayStation Plus attivo. Troviamo ancora la modalità asincrona, ovvero la possibilità di leggere messaggi lasciati da altri utenti (e di lasciarne a nostra volta) e di evidenziare i loro spettri al fine di studiarne le sconfitte. Rimane anche la possibilità di evocare altri utenti, opzione come sempre molto utile soprattutto contro i boss, ma con la gradita novità di poter limitare l’entrata in campo di altri utenti grazie a un sistema di password. Stessi identici meccanismi dei precedenti Souls, quindi, ma inizia a sentirsi la mancanza di una vera e propria modalità cooperativa online.
Un’eccellente novità, vero cardine dell’esperienza online di Bloodborne, è rappresentata dai Chalice Dungeons. Sbloccabili tramite oggetti rinvenibili nel corso dell’avventura principale, questi livelli rappresentano una sorta di dimensione parallela a Yharnam, immensi e complessi dungeons in grado di generarsi casualmente, compresi di trappole, nemici e boss inediti. Esiste anche la possibilità di bloccare e salvare il nostro dungeon personale e condividerlo con altri utenti. Un’opzione che rende praticamente illimitato quest’ultimo titolo della From Software, e ne amplia notevolmente le potenzialità e la longevità.
Una monumentale opera gotica
Il comparto tecnico di Bloodborne è quello che, più di ogni altro aspetto, rappresenta uno stacco netto con i precedenti titoli della From Software. I modelli poligonali risultano molto curati, l’orizzonte visivo è quasi illimitato, il livello di texture e dettaglio sfiora l’eccellenza. Si ha in generale l’impressione che Bloodborne sia un titolo in grado di rappresentare finalmente il divario tecnico tra la PlayStation 4 e la precedente generazione di piattaforme videoludiche.
Purtroppo anche il quadro più bello ha le sue macchie: a fronte di un comparto tecnico di prim’ordine Bloodborne soffre purtroppo di occasionali cali di frame rate e di una telecamera non sempre perfetta, anzi talvolta perfino pessima. Non è raro morire più per un’inquadratura infelice, piuttosto che per un reale sbaglio da parte nostra.
A fronte di una realizzazione tecnica comunque ottima, il vero punto di forza del titolo, come da scuola From Software, è rappresentato dal design generale. Ogni aspetto del titolo, dai nemici fino all’equipaggiamento, dalle ambientazioni fino alle architetture, tutto sembra studiato per incutere un perenne senso malsano di decadenza. Il felice connubio tra le atmosfere gotiche, decisamente ispirate alle opere di Howard P. Lovecraft, e molti elementi steampunk, dona un quadro generale il cui fascino supera persino quello delle ambientazioni di Dark Souls. Dopo tre episodi del franchise (e relative espansioni) From Software si dimostra ancora una volta capace di partorire ambientazioni e creature sempre più disturbanti.
A supporto di tanta magnificenza artistica, troviamo un comparto sonoro altrettanto curato. Come da marchio Souls, le musiche sono piuttosto rare, coprono solo alcuni momenti importanti della nostra avventura e le battaglie contro i boss, ma rimangono eccellenti e d’atmosfera. Ma è sul versante degli effetti sonori che notiamo netti miglioramenti rispetto a quello, pur eccellente, dei precedenti titoli From Software: gli effetti sonori, i lamenti dei nemici, le campane gotiche, gli echi lontani delle creature più angoscianti, i passi nel buio, ogni elemento sonoro è curato con una maestria assoluta, e perfettamente inserito nel contesto.
Per la prima volta nella serie, troviamo anche una completa localizzazione nelle principali lingue, italiano incluso, i cui doppiatori, cosa rara in ambito videoludico, risultano piuttosto abili e convincenti.
L’ultimo capolavoro di From Software, lo diciamo subito senza mezzi termini, è un’opera monumentale di talento videoludico. Nonostante sarebbe stato sufficiente creare un clone di Dark Souls per avere comunque un ottimo prodotto, la From Software non ha riposato sugli allori dei precedenti episodi, ma ha reinventato il suo stesso genere. Le meccaniche perfette e appaganti, le atmosfere uniche e affascinanti, e il design generale rappresentano un sincero atto di rispetto della From Software nei confronti degli appassionati della serie. I pochi difetti grafici e i tempi di caricamento attualmente inaccettabili potranno essere facilmente corretti da una patch. Le novità e le limature del gameplay rappresentano un ottimo rinnovamento, unite all’ottima longevità garantita anche dall’idea dei Chalice Dungeons. Bloodborne è un perfetto esempio di come si dovrebbe concepire un ottimo prodotto. Chi si aspettava un semplice clone dei Souls dovrà ricredersi, Bloodborne rimastica e stravolge le certezze dei veterani della saga, gettandoli in un affascinante incubo gotico dal quale non ci si vorrebbe mai svegliare.[/signoff]
Pro
- Ottimo Gameplay
- Appassionante
- Grande longevità
Contro
- Livello di difficoltà elevato