Blood & Truth – Recensione
Dalla famiglia riceviamo le idee per cui viviamo e la malattia di cui morremo, e in Blood & Truth siamo testimoni in prima linea di questa raison d’être. Proust descrive al meglio una delle più inesorabili realtà della vita di molti, se non tutti noi: è l’origine del nostro viaggio che più contribuisce a dettare la sua traiettoria. Le persone attorno alle quali cresciamo sono in grado di essere il vento sotto le nostre ali oppure l’ancora che ci trascina verso il fondo, sta a noi decidere se esserne innalzati o affondati.
Blood & Truth è un titolo per PlayStation VR che appieno rispecchia questo dualismo: ciò che si prefigge di fare e i contesti da cui nasce gli danno forza e allo stesso tempo pongono i limiti che in parte lo affossano.
Quella alle fondamenta di Blood & Truth non è una storia incredibilmente originale: Ryan Marks ci viene da subito presentato come un valido membro dei SAS (Special Air Services) – una delle maggiori forze speciali d’Inghilterra – che durante una missione viene richiamato alle londinesi mura domestiche per la morte del padre. Al ritorno a casa scopriamo che Ryan e tutta la sua famiglia sono importanti tasselli di un’organizzazione criminale dalle ampie influenze, e ora senza guida… momento perfetto per l’introduzione di un villain, no? Esattamente.
Da questo momento di perdita si dipana una storia che ci vedrà far di tutto per proteggere la nostra famiglia dai danni collaterali di una disperata e affannata ricerca di mantenimento dello status quo.
Inaspettatamente si ritorna al dualismo di cui vi parlavamo poco fa, poiché è prima di tutto nell’esposizione di vicende e protagonisti che Blood & Truth riesce e, parimenti, fallisce: come l’equivalente narrativo di una macchina che sfreccia contromano e a tutta velocità su un’autostrada, il vento sulla faccia è bellissimo e inebriante, ma il rischio di lasciarci la pelle è elevato e fin troppo tangibile.
La maggior parte dei personaggi soffre proprio a causa della sfrenatezza intrinseca del racconto, lasciandoci un po’ di amaro in bocca nella presa di coscienza del maggior spessore dato a una villain secondaria piuttosto che ai comprimari che molto più di lei calcano le scene. La storia diventa quindi niente più che un pretesto per farci godere la milleunesima sparatoria o l’ennesimo slow-motion alla John Woo; apprezzati, senza dubbio, ma con l’inevitabile retrogusto di ciò che sarebbe potuto essere.
Se è la caratterizzazione dei personaggi che lascia un po’ a desiderare, sicuramente non si può dire lo stesso della cura grafica con la quale sono realizzati: più di una volta, nel nostro play through, siamo rimasti sorpresi dalla maniacalità con la quale sono resi vivi i protagonisti; le micro espressioni e i millimetrici movimenti del corpo sono splendide manifestazioni di un’attenzione al dettaglio davvero rimarchevole, capaci di avverare le promesse implicite di questa generazione di realtà virtuale su console.
Purtroppo uno sguardo più approfondito a Blood & Truth costringe a chiedersi perché la cura espressa nella messa in scena dei protagonisti non sia stata riservata anche solo in parte ai “minions” che ci troveremo ad affrontare: stage dopo stage, i cattivi che decidono di intralciarci la strada sono generici e appartengono a uno di una manciata di “modelli”; in alcune sezioni vi ritroverete addirittura a sparare consecutivamente a 10 – 15 copie consecutive dello stesso nemico. Gli ambienti che fanno da sfondo alle sempiterne sparatorie non alzano di molto l’asticella; pur costruiti su di un buon level design sono vittime della scarsa varietà grafica, limitazioni che sminuiscono Blood & Truth ancor più al livello di un comune “corridor shooter“.
Possiamo solo immaginare le difficoltà nella creazione di un titolo così dinamico per una piattaforma ancora “in crescita”, ma ci chiediamo legittimamente se davvero non si potesse fare di meglio.
Dovrebbe sorprendere che in un FPS la menzione d’onore debba andare e vada a uno dei pochissimi stage in cui non si spara un singolo proiettile, ambientato all’interno di un museo dalle forti influenze avant-garde. È in contesti e concept come questi che diventa impossibile non riconoscere il potenziale non strettamente videoludico di periferiche come il PS VR: una stanza oscura che si illumina seguendo i nostri movimenti; l’inquietante buio del semi-volontario isolamento sociale che fisicamente e metaforicamente ci avvolge, interrotto unicamente dalla luce di un telefono o dal suono di una chiamata non connessa; una composizione musicale realizzata grazie al solo movimento verticale di longilinee strutture luminose.
Blood & Truth è un titolo senza dubbio improntato al divertimento, ma è questa la sezione che maggiormente si spoglia della propria essenza ed evolve in parco giochi virtuale.
L’aspetto più riuscito sotto molteplici aspetti è il feel delle armi e l’inebriante divertimento che scaturisce dalle infinite sparatorie: per sfoderare l’arma non dovrete far altro che portare il PS Move al fianco e premere il trigger, idem per rinfoderarla. Presto prenderete confidenza con i diversi ratei di fuoco, dimensioni del caricatore e generale affidabilità delle varie armi primarie, ed è giusto quando potreste vagamente iniziare ad annoiarvi che sono introdotte le armi pesanti, da sguainare rigorosamente nel modo più cinematografico possibile ovvero premendo il Trigger con il Move posizionato a testa in giù lungo la nostra schiena.
La precisione delle armi trova sempre il punto di compromesso perfetto fra replicazione della realtà e finzione videoludica, raccogliendo il meglio della virtus di entrambi i mondi: un colpo non andato a segno lo percepirete sempre come un effettivo errore da parte vostra, mai un’inaspettata conseguenza della difficoltà impostata o di un bug maligno. Il design delle armi è ben curato, dalle pistole ai fucili a canne mozze ai lanciagranate: alcune armi potranno essere usate in combo, mentre quasi tutte le pesanti hanno una sorta di “modalità secondaria” attivabile semplicemente utilizzandole a due mani.
Blood & Truth ci porta al centro dell’azione con due principali modalità, almeno per quanto riguarda le sparatorie: ci troveremo infatti o in copertura dietro la fortuita colonna o in lento movimento in avanti come se fossimo su di un otto-volante; sono quest’ultime le scene in cui il titolo funziona meglio, indossando le vesti di una pseudo-revisione aggiornata dell’immortale Time Crisis o di uno di quei rail-shooters che contribuiscono a riempire lo spettro da imperdibile (Rez Infinite) a dimenticabile (Until Dawn: Rush of Blood).
I momenti in slow-motion sono ben intervallati e risulta davvero divertente utilizzare la modalità precisione (una sorta di ralenti una-tantum) per abbattere i nemici più massicci colpendoli in diversi consecutivi punti critici; di contro le (per fortuna) poche sezioni di “platforming” oscillano fra l’inutile e il frustrante. È venuta voglia di tornare su Time Crisis anche a voi, ora?
Blood & Truth però non è solo proiettili ed esplosioni, ma ha l’apprezzabile coraggio di tentare di aggiungere qualcosa al mix: sono infatti diverse le situazioni in cui vi troverete a dover bypassare un circuito elettrico, ridirezionare la corrente per aprire una porta o eliminare un allarme, o anche solo forzare una serratura; queste piacevoli diversioni sono la giusta croccantezza necessaria a esaltare l’insalata action che il titolo rappresenta, tanto da spingerci a immaginarne l’applicazione su franchise più canonici e mainstream come Fallout o Elder Scrolls.
Il semplicissimo gesto di rotazione a due mani che lo scassinare una serratura richiede, restituisce una piacevole ventata di freschezza proprio a livello di meccaniche intrinseche, rendendolo divertente quanto una sparatoria all’ultimo proiettile, se non di più.
Il sonoro è sicuramente il lato che, per forza di cose, offre meno spunti degni di nota pur eseguendo il suo compito in modo discreto: i colpi d’arma da fuoco sono ben realizzati, tanto da riuscire a distinguere a occhi chiusi lo strumento di morte in proprio possesso; se porrete la giusta attenzione ai pattern sonori potrete addirittura anticipare la necessità di caricare affidandovi solamente alla finesse del rumore del caricatore che pian piano si svuota.
La soundtrack che accompagna le peripezie di Ryan Marks affonda le radici nella scena grime londinese, con le sue iper-palpabili influenze rap/ragga e testi quasi interamente dedicati alle cupe realtà della vita urbana nei sobborghi della City.
Nella lingua inglese c’è un detto molto interessante, difficile da contestualizzare ma che letteralmente dice “troppi cuochi rovinano il brodo“, e Blood & Truth sembra soffrire di una paragonabile (ma più circoscritta) sfortuna: sembra più che altro si sia voluto fare troppo e tutto contemporaneamente, restituendo al genere un titolo ancora spigoloso e vagamente acerbo al retrogusto.
Di aspetti positivi ce ne sono diversi e a un’attenta analisi sembrano essere approssimativamente più validi rispetto al contrappeso offerto dai difetti più evidenti: per ogni nuance paraverbale nel modello poligonale di uno dei protagonisti c’è l’ennesimo scagnozzo copia-incolla; per ogni momento adrenalinico c’è un ascensore più lento a salire di quelli del primo Mass Effect; per ogni sparatoria a rotta di collo, un dialogo senza spessore. Sembra più la differenza fra le pretese del titolo e la loro effettiva riuscita, il vero cruccio della produzione di London Studio: sicuramente il budget è stato sfruttato a dovere, magari non al meglio delle potenzialità della piattaforma VR, ma riuscendo comunque a creare un prodotto molto più memorabile per ciò in cui riesce che discutibile per ciò in cui fallisce.
Insomma, l’FPS dei London Studios è sicuramente un ulteriore importante passo del percorso iniziato con la PSVR Experience “The Heist” di qualche tempo fa.
In mano, a gioco concluso, non resta che la speranza che Playstation VR continui, anche grazie a titoli come Blood & Truth, a brillare come una stella, e che ci conduca strofa dopo strofa lungo questa straordinaria poesia chiamata realtà virtuale. Perché in un mondo così buio e pieno di terrori, forse è essa l’unica possibilità per ritornare a quel senso di innocente incredulità di quando eravamo bambini: ci permette di tornare a vedere un mondo in un grano di sabbia e un universo in un fiore di campo, ci ricorda che possiamo racchiudere l’eternità in un’ora e possedere l’infinito sul palmo della mano.
Pro
- Il feel delle armi è straordinario
- Le potenzialità sono moltissime
- I protagonisti sono graficamente dettagliati
- C'è abbastanza varietà nel gameplay
Contro
- Ambienti poco curati
- Storia dimenticabile
- Nemici graficamente copia-incolla