Blackguards
L’avevamo scoperto la scorsa estate all’E3, ed è finalmente uscito su Steam, pronto per essere giocato. Blackguards è il primo gioco di ruolo pubblicato da Daedalic Games, ed è sicuramente piuttosto atipico.
Scala di grigi
Partiamo col dire che Blackguards è basato sulle regole e sull’universo di The Dark Eye, un gioco di ruolo cartaceo popolare in Germania ma che in Italia conosciamo perlopiù per la licenza attribuita alla saga di Drakensang, con il quale il titolo di Daedalic non ha nulla in comune, a partire dalla trama. Infatti, protagonisti dell’avventura non sono i soliti spavaldi eroi pervasi da buoni sentimenti e intenzionati a salvare il mondo, ma una banda di criminali il cui obbiettivo è prima di tutto a salvare la pelle.
Una volta deciso sesso e classe (tra le tre classiche guerriero, mago e ladro) del personaggio principale, prende inizio la trama, raccontata tramite sequenze di intermezzo e righe di dialogo statiche. L’incipit coinvolge il giocatore nell’omicidio di una principessa, lasciandolo come unico presente al misfatto e pertanto unico presunto colpevole. La prima parte del gioco si svolge fuggendo dalla prigione, dove si incontreranno i primi compagni di avventura: un eclettico mago umano e un violento nano guerriero. A tenere insieme il gruppo è la sola necessità reciproca finalizzata al sopravvivere, e le divergenze si mostreranno spesso e volentieri: sta al giocatore prendere decisioni per sé stesso e per i compagni, che, di conseguenza, saranno più o meno inclini a voler rimanere uniti. La main quest, inizialmente, vedrà la squadra impegnata a fuggire verso i confini del paese e, al contempo, cercare di scoprire la verità su quanto accaduto. Come lecito attendersi, la storia prende poi una piega diversa e di più ampio respiro – purtroppo senza mai decollare davvero.
La grande fuga
La struttura di gioco è piuttosto spartana e divisa in comparti: quello narrativo, come accennato, è perlopiù testuale, e fa da intermezzo all’esplorazione, che sia per i dungeon che per la mappa del mondo si svolge su un interfaccia bidimensionale, nel quale si interagisce con personaggi, mercanti e così via in un ambiente statico. Ma soprattutto tanti combattimenti, vero fulcro del gioco. Molto meno spartana è la caratterizzazione dei personaggi: sebbene le classi siano limitate a tre categorie, c’è uno spazio di personalizzazione molto ampio che permette di rendere molto diverse le varie classi fra loro. Ad ogni aumento di livello, i personaggi ricevono un limitato numero di punti, validi per ogni tipo di parametro, che potremo infatti usare per aumentare gli attributi di base, l’abilità con le armi, il livello delle magie, dei talenti e via discorrendo. Potremo quindi ritrovarci con guerrieri specializzati nell’una o nell’altra arma, maghi che prediligono certi tipi di magie a discapito di altre, ladri specializzati nell’armare trappole o nel combattimento a distanza. C’è un intera guida interna al gioco che spiega ogni singolo aspetto del sistema, e una lettura è quasi d’obbligo.
Il combattimento, come dicevamo, costituisce la maggior parte dell’avventura. Ogni scontro si svolge a turni in un campo formato da esagoni, cosparsi di trappole, ostacoli ed elementi interattivi. Spesso e volentieri, questi elementi saranno fondamentali per la riuscita dello scontro, che non sempre richiede l’eliminazione dei nemici: capita infatti che l’obbiettivo possa essere quello di, ad esempio, salvare un personaggio, bloccare un passaggio, raggiungere un determinato punto del campo, e molte situazioni di genere diverso. Il comune denominatore è però l’alto livello di tatticismo che richiede: se è vero che le prime battaglie si risolvono avanzando e attaccando, il giocatore si rende presto conto come ciò non valga assolutamente per tutto il resto dell’avventura, dove la strategia fa da padrona e ogni turno sprecato può compromettere il risultato finale. È un gioco che non perdona e che mette a dura prova i giocatori, con tiri di dadi che non favoriscono nessuno e nemici numerosi che adorano uccidere i vostri personaggi, specialmente quando sono più in difficoltà.
Spartano ma con stile
Blackguards è mosso dal motore grafico Unity, come al solito molto versatile e che riesce a dare un aspetto rispettabile al gioco, seppur non brilli certo per prodezza tecnica. L’esperienza di Daedalic nelle avventure grafiche è evidente nella cura dei dettagli di ambiente e della grafica bidimensionale, ma è chiaro come allo studio manchi esperienza con modelli tridimensionali e le relative animazioni, anche le più semplici. Come abbiamo detto, tale inesperienza non è necessariamente un male, in quanto risulta comunque funzionale al modello di gameplay, ma ciononostante non possiamo non accusare una carenza di stile, che, a dispetto dell’aria dark fantasy della trama, è molto bonario e generalista. Anche le musiche non danno particolare enfasi: prevale una tendenza cupa, ma senza mai superare il livello di coinvolgimento emotivo di un semplice accompagnamento. Si risolleva invece il doppiaggio, che, sebbene scarso nel numero di attori, dona ad ogni personaggio dei tratti vocali molto distintivi, sia nei toni che negli inusuali accenti utilizzati.
Tra ruolismo e strategia
L’esperienza provata con questo gioco è sicuramente singolare: gli sviluppatori hanno scelto un approccio molto personale al genere ruolistico, sforando parecchio dai canoni. Difatti, passando la maggior parte del tempo in campi di battaglia, viene da chiedersi se, più che gioco di ruolo, sarebbe stato meglio attribuirlo alla categoria degli strategici a turni – un bello strategico. La curva di apprendimento non è immediata e i giocatori meno volenterosi troveranno una certa frustrazione, ma assicuriamo che il sistema funziona e, se preso per il verso giusto, appassiona. Ma ci sono anche cose che non convincono: le promesse degli sviluppatori, uniti alla premessa narrativa delle prime ore di gioco, ci hanno fatto sperare per qualcosa di più profondo. Per quanto affrontare bivi narrativi sia appagante, e per quanto il gioco sia farcito di soggetti totalmente astrusi, come un elfa dedita alla magia e con problemi di tossicodipenza, la trama non prende mai il decollo, lasciando il giocatore con la continua sensazione di star per arrivare al punto di svolta (che non arriverà mai). Alla fine il gioco si riduce a un continuo susseguirsi di battaglie su battaglie portato avanti troppo a lungo (quasi quaranta ore).
Verdetto
Alla somma di pro e contro, Blackguards è un buon titolo, che segna l’apertura di una nuova frontiera per i suoi sviluppatori. L’esperimento ha denotato carenze al quale Daedalic dovrà saper rimediare in futuro, in particolar modo variegando maggiormente il gameplay, ma si è trattato comunque di un buon primo passo, che consigliamo a chi vive di pane e strategia.