BioShock: The Collection – Recensione Switch
“Un uomo non ha diritti sul sudore della sua fronte?” si chiedeva negli anni ‘20 Andrew Ryan. Tale domanda, posta da un magnate che è sempre voluto crescere a pane e libero mercato, sarebbe stata la scintilla che avrebbe portato alla fondazione di una società lontana da tutto il resto, così lontana da essere costruita in fondo al mare: Rapture. Inizia così l’epopea di BioShock, che dopo essersi fatto attendere su Nintendo Switch è finalmente giunto con i suoi flutti sulla piccola di casa Nintendo.
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La serie ha bisogno di poche presentazioni: il primo BioShock risale al 2007 e insieme agli altri capitoli ha segnato un’epoca, quella del grande salto generazionale. La mente dietro tutto ciò è stata Ken Levine, al timone dell’ormai compianta Irrational Games. Ne è passata di acqua sotto i ponti, ma la serie di BioShock non ha perso una virgola della sua lucentezza iniziale su qualunque console si sia posata, Nintendo Switch inclusa.
L’hardware di questa console ibrida è sorprendente, e ha avuto occasione per dimostrarlo: Dragon’s Dogma: Dark Arisen ne è un esempio, ma la prova più fulgida di quanto non sia da sottovalutare è sicuramente il port di The Witcher 3: Wild Hunt. A questi si aggiungono di diritto un paio di serie 2K, Borderlands (che abbiamo recensito di recente) e lo stesso BioShock, uno dei più attesi tra i giochi della vecchia guardia. Di quest’ultimo port se ne sono occupati, come sempre, quelli di BlindSquirrel Games: così la serie di Ken Levine si trova ora su tutte le console, e tutti ne possono fruire.
Non era impossibile costruire Rapture in fondo al mare. Era impossibile costruirla altrove.
Cosa rende BioShock speciale? La storia? Il gameplay? La risposta è entrambi. All’apparenza è un semplice FPS dal gusto steampunk ma, lasciandosi immergere completamente il fascino della serie sta nel suo essere retro-futuristica e nel mischiare vari generi centrando sempre l’obiettivo.
I vari BioShock non sono solo sparatutto ma hanno anche una componente RPG, per non dimenticare quella puzzle e un fortissimo focus sulla storia, che ha la sua conclusione pirotecnica con BioShock Infinite. La serie è sospesa tra passato e futuro, e lo si vede anche solo immaginando una colonia sottomarina negli anni Cinquanta o ancor più con il sopraccitato Infinite, che ci porta sulle nuvole quando il calendario segna l’anno 1912. BioShock ha saputo essere vincente giocando con libertà anacronistica le sue carte – abbiamo un esempio lampante in Infinite: le musiche sono degli anni ’30 – arricchendo il tutto con concetti filosofici, morali ed economici.
Facciamo una carrellata dei tre giochi che compongono questa collection su Switch. Sebbene la serie possa dirsi conclusa (vi raccomandiamo di affrontarla in ordine di uscita con i DLC di BioShock Infinite “Funerale in Mare” per ultimi), vi è un quarto capitolo in lavorazione anche se Irrational Games non è più coinvolta. Ma andiamo con ordine: tutto inizia con il primo BioShock, del 2007.
In questo capitolo il giocatore esplora Rapture per la prima volta nei panni di Jack che, in seguito a un incidente aereo, finisce per precipitare e scoprire suo malgrado la società negli abissi dell’Oceano Atlantico. Disgustato dai cosiddetti “parassiti” (gente che campa sulle spalle degli altri), Andrew Ryan ha raccolto la crème de la crème della superficie ritirandosi nella sua utopia fondata sull’uomo e sul libero mercato. Una caratteristica dell’utopia però è che, in fondo, essa è sempre una distopia. Ken Levine si rifà a varie letture distopiche, e sa bene che ogni movimento che si fonda sul ripudio dell’ingiustizia corre il rischio di diventare proprio ciò contro cui sta lottando. È ciò che succede a Rapture, la cui corsa ai plasmidi – che conferiscono poteri cambiando il DNA, oltre che rappresentare la componente RPG del gioco – ha finito per mandare in malora la colonia sulle note delle canzoni anni ’50, che conferiscono all’esperienza un sapore dolceamaro.
BioShock 2 arriva con il successo dell’originale. Levine non partecipa al progetto: Rapture era stata raccontata, diceva, salvo poi tornare e chiudere il tutto con i DLC di BioShock Infinite. A questo secondo capitolo ci lavora 2K stessa, ed è ritenuto il Dark Souls 2 di BioShock, vale a dire il più debole della trilogia perché privato del suo creatore. Nonostante abbia avuto la sfortuna di ritrovarsi tra due colossi, BioShock 2 è più che degno di essere vissuto. Il titolo ci riporta a Rapture e approfondisce la figura delle Sorelline e dei Big Daddy, i palombari steampunk che sono diventati la mascotte della serie. Le Sorelline sono bambine portatrici di ADAM, la sostanza con cui si creano i plasmidi, e i Big Daddy hanno il compito di proteggerle durante i loro spostamenti. Il titolo non si distanzia molto dal precedente, ma aggiunge novità come le Big Sister e il multiplayer, senza dimenticare la sua particolarità principale, ovvero la possibilità di impersonare un Big Daddy!
Columbia, il castello nel cielo
Ken Levine e Irrational Games tornano a lavorare su BioShock Infinite, che arriva nel 2013. Al termine di tutto Levine afferma di sentirsi dieci anni più vecchio, poi 2K decide di chiudere Irrational Games e le strade di BioShock e Levine si dividono per sempre. Sebbene il finale di questa storia non sia dei più lieti, BioShock Infinite era e resta una meraviglia, la maturazione totale della storia e del gameplay della serie. Dal mare, il centro dell’azione si sposta in cielo: tra le nuvole c’è Columbia, un’altra società utopica, questa volta nata con l’obiettivo di dimostrare cosa sia il sogno americano a tutti coloro che sono rimasti piantati sulla terra. Tra le strade sospese e bianchissime di Columbia regnano non solo festoni e realtà tipicamente americane, ma soprattutto un fanatismo religioso che fa capo al leader Zachary Comstock, proclamatosi profeta.
BioShock Infinite parte con un messaggio molto accattivante, diventato quasi famoso: “Portaci la ragazza, e annulla il debito”. Lo scopo di Booker DeWitt, eroe di guerra diventato investigatore privato, è quello di accedere a Columbia e salvare “la ragazza” pur di annullare un debito accumulatosi a causa del gioco d’azzardo. Il viaggio verso Elizabeth – annoverata tra gli NPC più memorabili – è tra i più coinvolgenti della trilogia, e culmina con un colpo di scena tale da valere da solo un viaggio verso il castello nel cielo creato da Irrational Games come commiato alla serie. Siamo verso la fine della generazione PS3 e Xbox 360 e BioShock Infinite, nonostante mantenga l’impronta originale con i Vigor, che non sono altro che i plasmidi di quest’avventura, ha l’opportunità di regalare scorci mozzafiato e un gameplay più diversificato e movimentato. Lo skyline, una rete di funivie che collega tutta Columbia, ne sono un esempio: esse permettono di rigirare facilmente il livello di gioco e dare il via a frenetici combattimenti in aria, ma proprio a causa di questo il titolo risulta più guidato e meno esplorativo dei BioShock precedenti.
Tutti e tre i capitoli sono impreziositi dai vari audiodiari sparsi tra Rapture e Columbia, delle registrazioni su nastro fatte dalle tante personalità istrioniche che raccontano la storia del mondo intessuto da Ken Levine e 2K. Queste evidenziano un buon doppiaggio in italiano, complici anche nomi conosciuti come Claudio Moneta, Riccardo Rovatti e Pietro Ubaldi, per dirne qualcuno. I giochi anche su Switch sono completamente localizzati in italiano e naturalmente comprensivi di tutti i DLC post-lancio.
Rapture e Columbia, jukebox (finalmente) portatili
Finalmente l’idea che Levine aveva di portare la serie su una console portatile si è avverata, soltanto che il suo proprietario non è Sony con la sua PlayStation Vita ma la grande N con Nintendo Switch. L’operazione di BlindSquirrel permette a BioShock: The Collection di girare sorprendentemente bene su Nintendo Switch, aggiungendola alla schiera dei “miracoli” con cui abbiamo iniziato la recensione. Messo in conto che gli fps passano da 60 a 30 rispetto alle altre console, giocare ai tre capitoli – a Infinite in modo particolare – non ha comportato alcun singhiozzo, né in modalità TV né in quella handheld. Avevamo qualche dubbio sulla portabilità dei BioShock: l’idea di giocare su un treno o su una spiaggia semplicemente non si confà a dei titoli che fanno della loro natura immersiva un tratto distintivo. La trama va seguita perché è il vero fulcro della serie, ma la potenzialità di portare la collection con sé a letto o nella propria stanza preferita è invitante e, diciamocelo, stranamente appagante, complice anche il lag inesistente. Sul lato grafico, che non è mai stato il vero punto forte della serie fino a BioShock Infinite al contrario di una direzione artistica indubbia, la remastered su Switch è stata raffinata in linea con le altre console, e si passa dai 1080p ai 720p a seconda di come si è deciso di giocare.
Non ci sono particolari nei da segnalare: la difficoltà è adattabile in ogni momento in tutti e tre i capitoli, e nei primi due dove le camere della vita, che permettono il respawn infinito del personaggio, sono disattivabili, le atmosfere lugubri e arenate di Rapture assumono così un potenziale per un’esperienza quasi da survival horror. In BioShock Infinite abbiamo spesso trovato le scritte (per essere più precisi la UI di gioco) troppo piccole, calibrate per lo schermo portatile anche quando la console è collegata alla TV. Purtroppo, anche con la funzione zoom di Switch è impossibile riadattare la dimensione del testo e informazioni come il denaro in nostro possesso, così come le munizioni rimanenti, risultano dati davvero microscopici da consultare. Infinite, va detto, è anche il gioco più pesante del lotto e richiede un maggior dispendio di batteria.
L’ultima parola va alla colonna sonora: quelle composte e originali da Garry Schyman fanno il loro dovere, ma la maggior parte dell’atmosfera è restituita da canzoni su licenza realmente esistenti che spaziano dagli anni Trenta ai Cinquanta per lo più genere jazz (il pop dell’epoca), dall’audio gracchiante e dal fascino indimenticabile, che rendono BioShock un viaggio nella storia non solo della musica, ma un’esperienza videoludica necessaria.
And I say to myself “It’s wonderful, wonderful… Oh, so wonderful, my love.”
BioShock è come il vino: più invecchia, più migliora. La serie merita di essere inclusa prima o poi nel proprio patrimonio videoludico e oggi, con l’approdo su Nintendo Switch, averla sempre con sé non è mai stato così facile. La qualità dei giochi e delle ambientazioni rimane indiscussa ancora oggi, con Rapture in fondo al mare e Columbia tra le nuvole che regalano un miscuglio di generi con una storia da capogiro e musiche capaci di grande malia. Impersonare Jack, Soggetto Delta o Booker con la sensazione che si stia giocando con le console più blasonate rendono questa collection non priva di piccoli difetti – come gli FPS che sono stati dimezzati o le dimensioni del testo molto tirchie – ma sempre tremendamente affascinante. Un appello a chi non ha mai provato BioShock… giocateci su Switch, “Per cortesia“ (cit).
Pro
- È BioShock
- Un altro miracolo per Switch
- Portatile? Perché no!
- Colonna sonora da antologia
Contro
- Gli fps scendono a 30 (ma non pregiudicano l'esperienza)
- Dimensione del testo troppo piccola