BioShock – Recensione BioShock
Shock biologico per la Irrational Games
La Irrational Games ci ha oramai abituati a vedere stravolta, se non del tutto quantomeno in parte, le regole dello sparatutto in prima persona, inserendo spesso e volentieri mosse strategiche che rendono l’azione più vivace rispetto a quella di un semplice "fuoco a tutta volontà", cosa già vista con Halo 3 che ha ridisegnato leggermente i canoni dello sparatutto di base. Dopo quattro anni di sviluppo il seguito ideale del mai troppo celebrato, forse anche per la diversità nel titolo, System Shock 2 giunge finalmente sugli scaffali dei negozi col nome di Bioshock. Ultimo parto di questa talentuosa casa di videogiochi, già responsabile di altri notevoli capolavori, quali SWAT 4, Bioshock si propone di ridefinire la categoria degli shooter in prima persona , portando una ventata di novità e freschezza in uno dei generi più abusati ed inflazionati dell’ultimo decennio, come accennato all’inizio del nostro discorso.
Le lacrime di Thomas More
In un gioco che si rispetti, alla base di tutto, a formare quel fantomatico backgroud, troviamo sempre una fonte storica: quella di Bioshock descrive le vicende di Andrew Ryan, potente capitalista nato nell’ Unione Sovietica agli inizi del ‘900 e fuggito negli anni ’20 negli Stati Uniti dove, durante la Seconda Guerra Mondiale, divenne con non troppi sforzi un facoltoso industriale. Fermo sostenitore dell’individualismo e dell’egoismo razionale, Ryan rinnega la carità ed il sacrificio personale a beneficio del prossimo per un mondo ideale, dominato da persone eccezionali libere dal giogo dei governi, delle leggi, delle religioni: rimasto in Europa in tempi gloriosi avrebbe senz’altro appoggiato Hitler. Tuttavia lo scenario del ‘47 è radicalmente diverso: la Guerra Mondiale si è conclusa, Stalin domina nell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti tassano il capitale in nome di un mero egualitarismo e la Germania, orfana del suo ariano duce, non rappresenta più un’opportunità di sviluppo economico. Prigioniero di una società che lo disgusta e nella quale non si riconosce, Ryan decide quindi di evadere nell’immenso blu dell’oceano, dove costruisce Rapture: la sua De optimo reipublicae statu deque nova insula: la sua Utopia. Un’ immensa città eretta sul fondo dell’Atlantico, un rifugio sicuro dove alloggiare uomini straordinari, le menti più brillanti, gli scienziati più capaci, gli artisti più visionari, gli atleti più dotati, per formare la società della gloriosa Rapture: un qualcosa che non solo ricorda l’Utopia di Moro, ma che ci porta a ricordare anche l’Atlantide di Platone, se non altro per la posizione geografica in mezzo all’oceano. Tuttavia qualcosa non ha funzionato: ci ritroviamo così agli anni ’60 e, quello che un tempo era il paradiso della meritocrazia, è ora un inferno, un anarchico teatro ove è di scena una sanguinosa lotta per la sopravvivenza. La causa scatenante è L’Adam, una sostanza composta da cellule staminali altamente instabili prodotta da alcune rarissime lumache marine, in grado di alterare il codice genetico degli individui che l’assumono al punto di curare malattie come il cancro, nonchè di potenziare le abilità psicofisiche. Intanto Rayn sta subendo la rivolta di Fontaine, un altro rapace capitalista del luogo. Tra i due, come sempre d’altronde, scoppia un violento conflitto per il controllo, la creazione e la distribuzione della miracolosa medicina, che però noi saremo tentati dal chiamare droga. Una guerra civile non porta mai nulla di buono, ed ecco che gli abitanti di Rapture non solo dovranno subire le disgrazie del conflitto, ma saranno anche ridotti a vere e proprie aberrazioni, il cui unico scopo è soddisfare la sete di Adam, la cui produzione è affidata alle cosiddette "sorelline": bambine geneticamente modificate per ospitare in simbiosi le poche lumache marine rimaste. Queste girano per Rapture protette da imponenti guardie armate, chiamate "Big Daddy" , riciclando l’Adam dai cadaveri dei "Ricombinanti": dunque le care sorelline altro non sono che vittime e carnefici, in quanto fonte di purissimo Adam. In questo folle scenario, fatto di delirio e violenza, giunge Jack, il protagonista che impersoneremo, scampato ad un incidente aereo che l’ha fatto arrivare nel bel mezzo della più assurda guerra civile mai vista.
Il mio regno per una chiave inglese!
La prima arma che viene messa a disposizione per farsi strada dentro Rapture è una semplice ma efficace chiave inglese, che rappresenta solo la punta di quel piramidale inventario di armi che troveremo con l’andare avanti nel gioco. L’arsenale delle armi spazia, appunto, dai soliti mitra e doppiette a lanciagranate, balestre e lanciafiamme: caricabili con tre diversi tipi di proiettile. Nel caso del fucile abbiamo pallettoni normali, esplosivi ed elettrificati, per il lanciafiamme napalm, azoto liquido e gel elettrico, nonchè altri composti chimici portati alla combustione. Ma gli strumenti di offesa dei quali il nostro eroe può disporre comprendono anche e soprattutto i plasmidi, particolari combinazioni di Adam capaci di modificare il codice genetico conferendo poteri particolari, che vanno dalla capacità di sprigionare fuoco dalle dita a quella di lanciare una potente scarica elettrica, dal poter congelare i nemici a spostare gli oggetti grazie alla telecinesi; una leggera metamorfosi che si farà sembrare quasi un uomo fuori dal comune. Per utilizzare questi poteri è necessario consumare l’Eve, l’omologo del “mana” che potremmo trovare in un GDR che, esattamente come nel caso dei kit medici, può essere trovato in giro per i livelli o nei distributori automatici. Oltre ai Plasmidi esistono i tonici, che condividono lo stesso principio di base ma funzionano in maniera diversa: ogni tonico, che sia fisico, da combattimento, o tecnologico, se equipaggiato garantisce degli effetti permanenti, alla stregua dei classici oggetti magici visti nei giochi di ruolo; effetto sicuramente notevole per uno sparatutto. C’è il tonico che aumenta la velocità di movimento, quello che rilascia una scarica elettrica addosso a un nemico che ci colpisce, o ancora quello che rende più resistenti agli attacchi basati sul gelo. Tutti questi tonici saranno tenuti in appositi slot, che inizialmente sono solo due per categoria ma, grazie all’Adam recuperato, si possono comprare slot e abilità aggiuntive da macchine rivenditrici chiamate “Gatherer’s Garden”, facilmente riconducibili a dei venditori ambulanti o ancora più ai venditori in Residen Evil che trovavamo, ogni tanto, nell’ombra. Fastidiosa è la gestione dell’inventario, assolutamente mal organizzata: l’unico modo di vedere quali tonici sono equipaggiati, o quali altri oggetti sono stati riposti nell’inventario, è accedere ad una di queste macchine, non potendo richiamare un menu apposito durante le normali fasi di gioco. Un altro elemento veramente molto interessante e di stampo vagamente riconducibile ad un RPG è dato dalla macchina fotografica, con la quale è possibile scattare foto ai nemici. Per ogni scatto ben riuscito verranno assegnati dei punti ricerca, che si accumuleranno fino a far guadagnare dei bonus contro quei particolari nemici od a sbloccare nuovi, utilissimi tonici: qualcosa vi ricorda Beyond good & Evil? Beh, non solo a voi. BioShock offre dunque un’arsenale di armi notevole e un livello di personalizzazione dei poteri discretamente profondo, che servono a rendere gli scontri esperienze di per sè uniche. I ricombinanti, già nominati nel momento della trama, possono essere affrontati in mille modi diversi: oltre ai metodi convenzionali possiamo decidere di bloccare un nemico con la scarica elettrica e poi sparargli o attaccarlo corpo a corpo, ma ricordando che siete privi di possibilità di parare un colpo (non siamo di certo in un picchiaduro); dargli fuoco e lasciarlo bruciare; farlo attaccare da uno sciame inferocito di vespe; scaraventargli addosso un cassonetto della spazzatura con la telecinesi; farlo attaccare dai robot di guardia, a seconda di quale che sia la vostra fantasia omicida in quel momento. Create dunque la vostra strategia, per divertirvi e dimenticare la canonica e fastidiosa formula "fuoco a tutta volontà" oppure "sparate alla cieca".
Ecosistema dell’Utopia
I nemici più temibili, e paradossalmente i meno ostili finché non vengono attaccati direttamente, sono i già celebri Big Daddy, strani esseri dalla mole possente con una corazza derivata dalle tute da palombaro, che potremmo anche definire l’archetipo del nemico di Bioshock, divenuto anche prima dell’uscita simbolo del gioco. Esistono due tipi di Big Daddy, ovverosia il buttafuori, armato di trivella gigante al posto del braccio destro, e il Rosie, armato di granate e sparachiodi. Gli scontri con i Big Daddy richiedono molto più impegno di quelli con i normali ricombinanti, e spesso portano ad un abuso di medikit e munizioni, ma sono anche i più divertenti che si possano trovare nel gioco, dato che stimoleranno moltissimo la vostra fantasia per sconfiggerli, cosa non molto facile, sappiatelo. Lo scopo di queste grottesche creature è fare da guardia del corpo alle cosiddette “sorelline” che, dopo aver nominato durante la trama poc’anzi, analizziamo sotto la voce nemici: esse costituiscono infatti un bivio, di fronte al quale bisogna decidere se uccidere e recuperare una grande quantità di utilissimo Adam o vestirci dei panni del liberatore, ottenendo metà della preziosa sostanza e un “regalino” dalla dottoressa Tanenbaum: soldi,ad esempio, ma anche munizioni, medikit e, soprattutto, interessanti tonici. Il destino che verrà riservato alle sorelline influenzerà l’evolversi della trama del gioco, nonché lo stesso finale. Dal punto di vista della giocabilità, Il più grande difetto di BioShock, che molto probabilmente è stato voluto e non è capitato per causa divina, è legato al sistema che gestisce la morte e i salvataggi: non esistono infatti checkpoint, e si può salvare a piacimento, ma morendo non si va incontro ad alcuni tipo di penalità, non si perdono munizioni, medikit, informazioni, armi o poteri e, soprattutto, l’energia dei nemici rimane quella del momento immediatamente precedente alla nostra morte. Ciò significa che, mentre noi “resuscitando” da una camera della vita ci rigeneriamo, loro non riacquistano forza vitale, e possono essere abbattuti molto più facilmente al tentativo successivo. Questo toglie molto pathos, molta suspence, toglie quel senso di ansia e quella paura di morire che è il sale della terra in molti giochi del genere, e forse tutto ciò porterà il giocatore ad essere più tranquillo al momento dello scontro: "Mi ammazzano, perchè scappare? Posso tranquillamente morire". Una sorta di pseudo immortalità che forse sgrana questo capolavoro nel capitolo giocabilità ma che, comunque, potrebbe esser per molti altri una nota positivissima.
Noi vi mostriamo l’Utopia come Moore l’aveva immaginata
Uno dei principali motivi per cui BioShock verrà ricordato negli anni a venire è senz’altro l’aspetto artistico. Il grande merito degli sviluppatori è quello di essere riusciti a ricreare un mondo a sè stante, credibile e straordinariamente affascinante: d’altronde nemmeno Thomas Moore era riuscito a ridisegnare la sua Utopia, e invece la Irrational Games è giunta anche oltre il letterato inglese fondatore dell’utopistica. Il design della metropoli sottomarina di Rapture, che sta come a simboleggiare una vera e propria sfida dell’uomo alle forze della natura, sembra uscito da uno di quei visionari film futuristi che potevano godersi le generazioni andate, e riesce a miscelare in modo superbo tecnologie avanzatissime. Nella sua magnificente decadenza, Rapture sembra avere una propria personalità, un alone oscuro di fascino e mistero che intrappola il giocatore costringendolo a non avere fretta, a leggere quel cartellone pubblicitario che in qualsiasi altro gioco avrebbe snobbato, ad ammirare ogni particolare degli ambienti, tetri e visionari, attratto da quella curiosità che porterà a domandarvi: "Come ha potuto un uomo creare tutto ciò?". Assolutamente fantastico e coinvolgente: difficilmente saprete indovinare lo scenario successivo nella vostra mente, dato che vi si prospetterà qualcosa di semplicemente fantastico, e non nel senso di meraviglia, ma nel senso di fantasia. Anche il comparto sonoro riesce a toccare vette di eccellenza, soprattutto grazie ad un utilizzo intelligente e mirato dei vari effetti, che contribuiscono in maniera determinante a rendere al meglio l’atmosfera di un mondo sottomarino in degrado, popolato da creature ostili. Il giocatore sarà sempre accompagnato da sibili provenienti da tubi difettosi che spruzzano acqua, cigolii misteriosi, gocciolamenti o rumori indefinibili, che sembrano arrivare direttamente dalle profondità oceaniche. Particolarmente sinistri i versi emessi dai Big Daddy, così cupi e profondi che sembrano mutuati dai grandi animali marini. Le musiche, normalmente assenti, vengono utilizzate solo in determinate situazioni per sottolineare al meglio un particolare momento; una nota, forse positiva forse negativa, in meno rispetto ad Halo 3, che ci aveva accompagnati per tutto il gioco con una notevole musica riconducibile ad un Requiem Mozartiano o Verdiano. I brani sono composti dal maestro americano Garry Schyman, già autore della colonna sonora di "Destroy All Humans!".
Il doppiaggio in italiano è mediamente molto buono, con qualche interpretazione un pò sotto tono e qualche altra di ottima fattura. Non si raggiungono le vette toccate dal doppiaggio originale inglese, ma si parla comunque di una promozione a pieni voti, in linea con la bontà generale del gioco: l’Italia,famosa nel mondo per il doppiaggio su piccolo e grande schermo, proprio non riesce ad impegnarsi nel doppiaggio dei videogiochi.
"Io ho visto l’Utopia e la Meritocrazia"
BioShock è dotato di un aspetto artistico di livello stratosferico, forse il più sontuoso mai visto in una produzione videoludica, e riesce a tenere incollato il giocatore per ore ed ore senza annoiare. La longevità, che potrebbe superare anche le 20 ore, dimostra come il titolo sia un ridisegnamento ancor più radicale dei canoni dello sparatutto rispetto ad Halo 3, che già di per sè aveva dimostrato come potesse diventare strategico uno sparatutto in prima persona. Ebbene Bioshock può diventare anche GDR, come abbiamo notato e sottolineato durante la recensione. Rapture è un’esperienza umida, claustrofobica, permeata dalle angosce e dall’odio dei suoi mostruosi abitanti, disillusa da ideali che hanno trasformato la speranza in un ricordo lontano: un vero incubo, ma così seducente da far desiderare di non svegliarsi mai. Un titolo da avere, da giocare, da giocare di nuovo, da ricordare negli anni per poter dire: "Io ho visto l’Utopia di una società basata sulla Meritocrazia".