BioShock Infinite – Bioshock: Infinite – Recensione
Laddove l’immaginazione supera la realtà, entra in gioco la fantasia, e non c’è mezzo migliore del videogioco per simulare esperienze che evadono le leggi della fisica. Il volo, ad esempio, è una fantasia ricorrente per molti. Ma oltre il volo, ricorre anche l’idea di poter vivere fra le nuvole con i piedi su un piano solido: dai miti dell’antica Grecia a racconti letterali di epoche diverse, con primo fra tutti i Viaggi di Gulliver di Swift, molti scrittori hanno messo su carta immaginarie isole volanti abitate, ed è altrettanto chiaro che siano classici come il suddetto ad aver ispirato Bioshock Infinite.
È un nome che non ha bisogno di presentazioni: il terzo episodio della saga di giochi in prima persona prodotta da Irrational Games, che ha fatto di narrazione e atmosfera la sua bandiera, era da lungo atteso e, come noto, l’ambientazione ha subito un cambio drastico, lasciando alle spalle gli ambienti decadenti e abbandonati della città in fondo all’oceano di Rapture, per portarci a scoprire la più viva e luminosa Columbia una letterale città volante.
For Faith. For Purity.
Columbia: una città prospera, ricca e avanguardista, nata dall’orgoglio nazionale e con lo scopo di mostrare al mondo la realizzazione del Sogno Americano. Un sogno talmente forte da spingerla ad agire autonomamente, un Icaro che osa andare oltre i propri limiti, e nel momento in cui il governo decide di tagliarle le ali, la città scompare letteralmente tra le nuvole, dichiarando la sua secessione. Columbia è una città tecnologicamente avanzata, ma allo stesso tempo incline alla fede religiosa, sotto la guida di Padre Zachary Hale Comstock. Un leader carismatico, i cui cittadini hanno riservato il titolo di Profeta, donandogli una devozione che rasenta l’adorazione del divino.
È il 1912 quando inizia il gioco. Siamo in barca in mezzo a un mare tormentato, accompagnati da due ignoti verso un faro isolato, che in qualche modo consente l’accesso a Columbia. Uno di loro ci passa una cassetta di legno con scritto il nostro nome – Booker DeWitt. Un uomo di cui non sappiamo nulla, ma il resto dei contenuti fa capire che siamo in cerca di una persona. La propria missione personale si palesa presto “portaci la ragazza, estingui il tuo debito”. Non abbiamo idea di chi sia questa ragazza, nè del perché sia a Columbia, nè di quale debito si parli. Entrati nel faro, timore e inquietudine sono le sensazioni iniziali: nessuna accoglienza, ma chiari segni di violenza, che culminano con la scoperta di un cadavere qualche scala più in alto. Prima che tutto assuma un senso, e senza voler aggiungere altro sul come, saremo già in cielo.
Siamo arrivati
Ed eccola: superate le nuvole, la città volante appare in tutto il suo splendore, illuminata da un sole che fa dimenticare l’oscurità vista di sotto. È proprio sui concetti come l’abbandono dell’oscurità che si forma Columbia: la visione quasi paradisiaca della città dura pochi attimi, prima di atterrare e ritrovarci dentro un edificio, dove le prime cose che vediamo sono messaggi allusivi alla redenzione, seguiti da santuari, statue ed altari.
La musica che accompagna l’esplorazione è estremamente serena, pacifica. La tensione svanisce al primo incontro con presenze umane: siamo accolti pacificamente da persone vestite di bianco, atte alla preghiera. Raggiungiamo una stanza più ampia, con molte più presenze davanti a noi. Oltre loro, un prete è intento a predicare. Chiedendo di poter passare, scopriamo che l’unico accesso alla città è attraverso il battesimo: l’animo oscuro di Booker deve essere purificato nell’acqua, e sebbene riluttante, non ha altra possibilità che accettare la benedizione, piuttosto forzosa – al punto da perdere i sensi.
Il Nuovo Eden
Ma al risveglio, siamo finalmente in città: le strade cittadine sono piene di vita, con persone intente a transitare per svolgere i loro affari, o famiglie che si godono una passeggiata tra negozi e giardini artificiali. Ma a rimetterci coi piedi per terra ci pensa un bambino, che ci si para davanti con un telegramma destinato a noi. Il messaggio è criptico e minaccioso, e scopriremo presto che tutta la purezza apparsa fino ad ora non è altro che un velo sopra realtà sociali e politiche molto differenti, in una città che non apprezza per nulla il nostro arrivo…